I rischi, le paure, le aspettative di Taranto, città commissariata
Il commissario prefettizio Vincenzo Cardellicchio, insediatosi nei giorni scorsi, ha scatenato delle reazioni non volute dicendo che farà tutto quello che potrà per la città, ma non può essere considerato come un sindaco. Abbiamo provato a contattare gli ex consiglieri Stellato e Fornaro, rispettivamente di maggioranza e minoranza, per avere un commento in merito alle loro dimissioni, ma non ci hanno ricontattato così come promesso.
Il commissariamento del Comune di Taranto che, per ammissione dello stesso ex sindaco Rinaldo Melucci, non è stato certo un “fulmine a ciel sereno”, dal momento che i presupposti andavano da tempo maturando, è divenuto operativo di fatto con la nomina e l’insediamento, nel ruolo di commissario prefettizio, di Vincenzo Cardellicchio.
Quello del commissariamento per il Comune di Taranto non è un evento nuovo né insolito, avendone fatto più volte esperienza nel corso degli anni, l’ultima volta dopo lo scioglimento per dissesto della giunta Di Bello, quando venne nominato commissario il prefetto Tommaso Blonda, scomparso nel 2016.
Nato a Campobasso nel 1954, Cardellicchio ha svolto una lunga carriera prefettizia che lo ha portato, tra l’altro, a svolgere il ruolo di consigliere vicario per gli Affari interni al Quirinale, durante la presidenza Napolitano, di capo di gabinetto vicario dei ministri degli Interni Maroni e Cancellieri, quello di presidente della Commissione nazionale della legalità e presso il dipartimento delle Informazioni per la sicurezzadella presidenza del Consiglio dei ministri con il sottosegretario Minniti e i presidenti Monti, Gentiloni, Renzi e Conte.
Nel corso di una breve conferenza stampa nel salone degli specchi di Palazzo di città, il nuovo commissario ha presentato innanzi tutto se stesso, come “semplice servitore dello Stato”, e poi le persone che lo assisteranno nell’incarico per i prossimi mesi, ovvero: Maria Luisa Ruocco, sinora capo di gabinetto della prefettura di Taranto, e Michele Albertini, sinora dirigente dell’area contabile e gestione finanziaria presso la prefettura di Brindisi. Mentre da collante operativo tra l’amministrazione sciolta e il commissario farà il segretario generale dell’ente, Eugenio De Carlo.
L’arrivo del commissario è stato preceduto, come era facile prevedere, da polemiche velenose tra gli amministratori decaduti dal loro incarico e i firmatari delle lettere di dimissioni che, con la loro iniziativa, hanno chiuso in anticipo il mandato del sindaco Rinaldo Melucci e della sua giunta, oltre che del consiglio. Al di là delle reciproche accuse su comportamenti e atteggiamenti, specifiche sottolineature riguardavano il blocco delle decisioni relative ai vari progetti portati avanti dall’amministrazione e il rischio di perdere i finanziamenti sui quali la città punta, soprattutto in attuazione del Pnrr.
Ebbene, il commissario Cardellicchio, probabilmente in maniera inconsapevole, è intervenuto in questa diatriba quando, pur sottolineando che la legge non prevede alcun limite specifico per l’azione del commissario, ha dichiarato che “Il migliore dei commissari non sarà mai bravo come un sindaco, perché non ha la carica emotiva che proviene dal consenso”. E ha poi aggiunto che “il consenso elettorale è una spinta, perché ogni giorno quando esci di casa devi poter guardare negli occhi coloro che ti hanno votato. Il commissario ha il privilegio di non essere eletto, ma sente il peso di prendere decisioni in solitudine”. Inoltre, il commissario ha detto chiaramente che non sarà certo lui a fare scelte che siano contrarie alle disposizioni dello Stato, lasciando immaginare che non ci si possono aspettare, ad esempio, sue iniziative sul fronte del caso Ilva.
Il commissario probabilmente non immaginava che le sue parole avrebbero buttato altra benzina sul fuoco, venendo variamente interpretate, alimentando soprattutto le rivendicazioni di coloro che si dicono certi che il commissariamento sarà un danno irrecuperabile per la città. Ma come stanne veramente le cose? Come si dovrebbe agire in questi mesi, in attesa della nova giunta che, diciamolo pure, non è certo alle porte, per evitare che la città venga realmente danneggiata? Ma il commissario, che non è certamente un sindaco eletto dal popolo, può “risolvere i problemi”? Cerchiamo di vederci più chiaro portando un contributo al dibattito con l’aiuto di alcuni addetti ai lavori e protagonisti della vita pubblica.