Grottaglie, il Comune vuol rilanciare Quaremma. E perché non i personaggi del Carnevale grottagliese?
Può un’antica tradizione popolare ormai residuale, ma ancora diversamente diffusa in tutta la Puglia e non solo (in particolare a Martina Franca e nei centri delle Murge e del Salento), diventare un attrattore turistico per il territorio di Grottaglie? Così la pensa Maria Teresa Marangi, assessore comunale allo Sviluppo economico di Grottaglie, secondo la quale la ripresa in grande stile e sistematica della tradizione della Quaremma potrebbe diventare un importante attrattore culturale, nonché “un elemento in grado di aumentare la conoscenza e l’attaccamento dei cittadini al territorio”. Cos’è la Quaremma? Il fantoccio di una vecchia malridotta, vestita di nero, appeso nei crocicchi e nelle strade, in genere col grembiule e alcuni oggetti simbolici, variamente scelti. A Grottaglie si colloca in genere il fuso, i taralli e l’aglio, altrove un fiasco vuoto o un mattarello e un fazzoletto nero e così via. Quaremma, nome che è la contrazione di Quaresima, è la connotazione figurativa popolare del periodo di penitenza, digiuno e astinenza che un tempo accompagnava la Quaresima. Secondo la nota del Comune “Quaremma è così vestita perché fino al giorno prima, il martedì grasso, il marito Carnevale ha sperperato tutto i denari, e così la poverina è costretta a lavorare per rimpinguare il magro bilancio famigliare”. Una spiegazione “sociologica” un po’ fantasiosa. In realtà Quaremma è semplicemente in lutto perché Carnevale, suo marito, è letteralmente “scoppiato” per l’eccesso di bagordi dell’ultimo giorno “grasso”. In molte città di tutta l’Italia, persino a Saluzzo o a Bologna, e naturalmente anche a Taranto, è anche uso dare alle fiamme quel che resta di Carnevale (“Ha muerte ‘u tata...” recita una filastrocca tarantina), mentre la moglie se lo piange parossisticamente. Un lutto che termina di Pasqua, col ritorno alla normalità.
La pratica di Quaremma varia di anno in anno, a seconda della disponibilità degli “allestitori”, ma quest’anno il Comune di Grottaglie ha pensato di dare un senso nuovo alla tradizione e per questo l’assessore Maria Teresa Marangi ha incontrato alcuni di residenti del centro storico che stanno facendo rivivere la antichissima tradizione popolare. Anche se non è solo nel centro storico che la tradizione rivive. L’assessore li ha invitati a coinvolgere gli esercenti di attività economiche e commerciali appendendo vicino le Quaremme, creando così “una innovativa sinergia tra il tessuto produttivo e questi grottagliesi che dimostrano uno straordinario senso di appartenenza alla comunità”.
La tradizione, intanto, è stata ripresa dagli ospiti del Centro diurno per disabili Epasss e dai bambini della scuola materna, che le hanno fatto indossare anche i colori della bandiera della pace. Ma ora si vuole “tutelare e istituzionalizzare la tradizione della Quaremma facendola diventare un patrimonio della nostra comunità, utilizzando il regolamento dei Beni comuni che, per l’appunto, definisce le forme di collaborazione tra i cittadini e l’Amministrazione comunale per la cura, la gestione condivisa di beni, in questo caso un bene immateriale”.
Affinché la tradizione della “Quaremma” diventi un attrattore culturale, secondo l’assessore allo sviluppo economico, “è necessario “valorizzare” le iniziative di questi straordinari concittadini invitando gli studiosi delle tradizioni locali a far emergere, in pubblicazioni e convegni, gli elementi che caratterizzano la Quaremma di Grottaglie rispetto a quella di altri centri del Salento”.
Preso atto della volontà del Comune di Grottaglie, e in attesa di vederne gli effetti, ci chiediamo: accanto alla tradizione della Quaremma, che comunque non è tipica della città delle ceramiche, perché non ridare slancio ai personaggi tipici del Carnevale grottagliese, quelli sì esclusivi, che la tradizione ci ha lasciato e che Cosimo Piergianni, con il Piccolo teatro, ripescò anni fa prima che tornassero nel dimenticatoio? Penso a personaggi “veri” come lu Carlu (Carnevale), Ggiru Micheli (t’lu spiziu), Arcancilu di Pistoni, Pietru Bbomma, Patri Rapicola, Lesiu di Giru Cheli, e così via… personaggi ancora vivi nella memoria e precisamente descritti.