Papalia: Per i riti un “nuovo inizio” che coniuga passione e responsabilità
L’attesa carica le aspettative. Quanto più si prolunga tanto maggiore è l’ansia. Capita così anche per le tradizioni popolari che accompagnano la Settimana Maggiore di Taranto che tornano, quest’anno, dopo due anni di interruzione. Un vuoto simile lo si è registrato solo nella Seconda Guerra mondiale e perciò è presente solo nella memoria dei meno giovani, e ora colmare quel vuoto dà quasi un senso di novità, anzi di nuovo inizio. Questa la sensazione che ha colto, in questi giorni successivi alla decisione comunicata dai vescovi pugliesi, anche Antonello Papalia, priore della Confraternita del Carmine che organizza la processione del Venerdì Santo, culmine della ritualità popolare che anche in questi giorni sta vivendo una serie di eventi preparativi, un po’ in tutta la diocesi. L’attesa fa guardare anche con un po’ d’ ansia il rischio che si possano verificare assembramenti, per via del covid ancora incombente.
Al priore del Carmine abbiamo rivolto alcune domande sulla ripresa dei riti popolari più amati dai tarantini.
Si torna dopo due anni di “vuoto”. Che sensazione cogli e quale attesa, sia tra i confratelli che nella gente di Taranto?
Dopo due anni torniamo nelle strade e io non nascondo che c’è molta attesa e che tra i confratelli la sensazione diffusa è quella di sentire quasi di essere tornati tutti “novizi”. Come se fosse per tutti un nuovo inizio. Data la mia età, non posso sapere cosa significò lo stop per la guerra ma credo che i sentimenti siano molto simili anche se le situazioni sono molto diverse. Insomma, è come se fossimo di fronte a un nuovo inizio. Nella stessa macchina organizzativa, cose che erano ben collaudate e che procedevano quasi in automatico, a distanza di due anni hanno delle sfumature diverse. Insomma, ci stiamo confrontando di fatto con una situazione di nuovo inizio. A me non dispiace pensarlo perché mi dà l’idea di una comunità viva, che non si ferma di fronte a difficoltà anche gravi, che ha atteso per anni e che si fa trovare pronta a questo nuovo inizio. E ho l’impressione che anche la comunità cittadina sia in grande attesa dei riti e, a chi paventa difficoltà o paure, sento di rispondere che la gente mi sembra molto attenta. Vedo che quando in città c’è movimento moltissimi usano la mascherina e il buon senso, anche in presenza di momenti di aggregazioni.
Pensa che anche voi possiate diffondere raccomandazioni efficaci sui comportamenti da tenere?
Assolutamente sì. Noi ci attiveremo molto in questo senso. In fondo veniamo da due anni di esperienza e ci portiamo appresso il dolore per tutti coloro che quest’anno i misteri non li vedranno, quindi penso che siamo tutti abbastanza sensibili. Anche nelle celebrazioni liturgiche che stiamo svolgendo in chiesa noto molta compostezza e attenzione, assieme al giusto timore da parte della gente.
Hai parlato di un “nuovo inizio” e forse qualche segno di novità c’è, perché quest’anno, ad esempio, terrete la gara per l’assegnazione dei Misteri in Concattedrale.
Ecco, proprio la gara in Concattedrale è legata a questa esigenza di spazi più ampi, di garantire maggiore serenità ed evitare contatti ravvicinati. La Concattedrale contiene circa 800 persone, uno spazio doppio rispetto alla Caserma Rossarol che ha una capienza di 400 persone. Questo ci consentirà di evitare calche. Per questo siamo molto grati al parroco che ci ha concesso l’utilizzo e all’arcivescovo che lo ha consentito,
Ci saranno altre innovazioni? Negli anni precedenti al covid avevate dato un’impronta culturale, con convegni e mostre.
Purtroppo quest’anno i tempi non ci sono stati perché gli eventi devono essere organizzati prima della Quaresima, se si vuole coinvolgere realtà anche molto lontane da noi. Ci auguriamo di poter riprendere quanto prima anche queste iniziative perché noi crediamo molto in questi aspetti culturali che vanno di pari passo alla crescita della fede. Danno completezza ai riti perché la vera innovazione è la comprensione di quello che facciamo. Se capiamo il significato profondo dei riti e se li leghiamo in maniera indissolubile ai momenti liturgici della morte e passione di Gesù, diamo un contributo di crescita autentica.
In questi anni è diminuita la richiesta di adesione di nuovi confratelli?
Sì, abbiamo avuto una leggera flessione in questi anni, siamo passati a una trentina di iscritti l’anno. Noi siamo molto severi nell’aggregazione, il corso di preparazione di nuovi confratelli dura un anno e si articola in 25/26 appuntamenti di formazione più un ritiro conclusivo nel quale si opera un discernimento. Alla fine il consiglio di amministrazione esprime con un voto la decisione di consentire o meno l’aggregazione. Soprattutto nel 2020 abbiamo avuto difficoltà tecniche all’organizzazione degli incontri, che naturalmente sono stati un po’ ballerini per via elle restrizioni. Ma non ci preoccupa perché si tratta di una flessione legata al momento storico che abbiamo vissuto. L’appeal dei riti e della confraternita sui giovani soprattutto sui giovanissimi rimane molto forte ed è quello che rincuora noi confratelli più grandi che ci sentiamo sicuri di passare un testimone in mani altrettanto sicure.
Quanti sono i confratelli attualmente iscritti.
Attualmente oltre 2.800 tra confratelli e consorelle.