Politica: non è più tempo di sovranismi e populismi
Siamo entrati nell’ultimo anno della legislatura iniziata il 23 marzo 2018 sotto il segno del populismo e del sovranismo. Anche in altri Paesi europei e occidentali le ideologie che si è soliti sintetizzare con questi due concetti hanno trovato ampio spazio, il che non deve meravigliare se si individua il principale fattore all’origine di questo processo in una reazione diffusa agli effetti di una globalizzazione non governata e per certi versi altrettanto ideologica, foriera di disuguaglianze economico-sociali e di profondo disorientamento culturale. È vero, tuttavia, che in Italia la presa in termini di consenso di questi elementi ideologici è stata particolarmente intensa e questo ha reso il nostro Paese più esposto di altri sulla scena internazionale. Sta di fatto che in questi quattro anni è accaduto l’impensabile, prima la pandemia da Covid 19 poi una guerra sanguinosa e devastante nel cuore dell’Europa, provocata dall’invasione russa dell’Ucraina. Sulla pandemia la deriva populista e sovranista si è temporaneamente infranta poiché da un lato è riemersa l’importanza decisiva delle istituzioni e delle competenze e dall’altro si è manifestata con chiarezza la necessità della collaborazione internazionale. Una dinamica che ha trovato riscontro a livello politico nel succedersi delle maggioranze e dei governi, dal Conte 1 giallo-verde al Conte 2 giallo-rosso, fino all’esecutivo omnibus presieduto da Draghi. Ora, però, di fronte all’immane sciagura della guerra gli impulsi populisti e sovranisti sembrano poter riprendere quota. È un tragico paradosso perché la delegittimazione populista delle democrazie liberali e l’ostilità di matrice sovranista contro quelle “organizzazioni internazionali” di cui parla l’art.11 della nostra Costituzione (che non bisogna stancarsi mai di citare), riportate su scala globale sono tra i fattori che hanno contribuito a creare le condizioni per l’aggressione di Putin all’Ucraina. Non solo. La paralisi delle istituzioni del multilateralismo, a cominciare dall’Onu, il loro progressivo svuotamento (in cui si è distinta, non va dimenticato, la presidenza Trump), rendono oggi ancora più ardua la ricerca di una tregua e di un percorso di dialogo.
L’ultimo anno della legislatura è iniziato in un contesto drammatico. Come se non bastassero le incognite sull’andamento della guerra e le conseguenze epocali sul piano umanitario, ci sono da mettere nel conto anche pesanti ripercussioni di natura economica e sociale interna.
Non è il tempo di riesumare effimere scorciatoie ideologiche o di escogitare giravolte strumentali alla ricerca di spezzoni di consenso elettorale. Populismo e sovranismo hanno già fatto troppi danni in Italia e nel resto del mondo. Nessuno può avere la pretesa di inchiodare i partiti al loro passato quando si è in presenza di un’evoluzione seria e credibile. Ma a tutti sono richieste scelte limpide unitamente alla capacità di guardare oltre il proprio immediato tornaconto.