La squilibrante vertigine della trap music
Misoginia, sessismo, cultura dello sballo, materialismo, degrado urbano, razzismo, narcisismo, criminalità, ossessione per la moda e per l’aspetto fisico, mito della ricchezza e della celebrità. Sono i temi imbastiti sui ritmi ossessivi della musica trap dalle sonorità cupe e narcotizzanti, nelle quali la voce “narrante” arriva elettronica e distorta, quasi emergendo dalle profondità di un mondo “altro”.
Il panorama di questo genere musicale molto apprezzato dai nostri adolescenti è folto, estremamente sfaccettato e attraversato da un continuo proliferare di nuovi artisti riluttanti a essere etichettati dal punto di vista stilistico.
Il genere riprende sound e contenuti dal filone gangsta rap che si sviluppò qualche anno fa nella West Coast degli Stati Uniti, in un contesto socio-economico svantaggiato e duro. La trap nasce, in sostanza, per raccontare la condizione di intrappolamento di giovani prevalentemente afroamericani e ispanici, che spesso all’interno delle trap house (baracche) producevano, spacciavano e consumavano sostanze stupefacenti. Nello slang suburbano trapping indica l’attività stessa dello spacciare.
Quale legame hanno tali realtà con il vissuto dei nostri giovani? E come mai i testi di queste canzoni, in alcuni casi così estremi, riscuotono tanto successo?
In effetti la periferia che fa da sfondo al genere trap si trasfigura nell’immaginario dei nostri adolescenti come luogo simbolico, quasi onirico. A fare da irresistibile richiamo in questo scenario angosciante ma anche ipnotico, sono purtroppo anche le sostanze tanto citate dai trapper nelle loro canzoni: crack, cannabis, xanax e purple drunk. L’interesse è rivolto alla “sedazione” indotta dal mix di queste droghe e farmaci, quella sensazione di dissociazione e stordimento che poi si rispecchia nelle spirali sonore.
Ciò che emerge con evidenza è la difficoltà di “stare” nel pensiero come tratto collettivo di un disagio generazionale. Pensare fa male, meglio alienarsi e farlo è piuttosto facile: bastano un paio di auricolari “giusti”.
Non si può, comunque, liquidare il trap come fenomeno giovanile legato al degrado e al consumo di droghe. Nei testi si parla di consumismo, individualismo, spasmodica ricerca del successo, ad esempio, e questi sono i tratti della società adulta che si riverbera nel mondo degli adolescenti. Il desiderio per gli oggetti di lusso, le automobili potenti o l’abbigliamento griffato non sono che il baby-prodotto della società capitalistica dei consumi. “Get Rich or Die Tryin” (diventa ricco o muori provandoci) è il titolo di un disco del 2003 del rapper americano 50 Cents che fotografa in pieno l’intera società attuale e non soltanto il mondo dei teenager.
Marcata, infine, nelle cantilene trap anche l’esibizione di una sessualità maschile predatoria, nella quale le donne sono ridotte a oggetti e in qualche caso diventano perfino dei trofei da esibire. Anche questo aspetto risulta simmetrico a certe eccessive ostentazioni e sovraesposizioni del corpo femminile a cui costantemente i media ci sottopongono, distorcendo soprattutto a danno dei giovanissimi (ma non solo) il peso della fisicità nelle relazioni tra gli esseri umani.
Così, mentre gli adulti si scandalizzano e non trovano alcun antidoto educativo ai continui assalti di modelli sociali devianti, il mercato musicale cannibalizza una schiera di adolescenti che nei testi trap trovano riscontro al proprio senso di smarrimento e solitudine, al senso di angoscia e soffocamento causato dagli spettri della nostra epoca (mancanza di futuro, sfiducia, paura collettiva, disincanto, cinismo).
Nessun rimprovero o monito del mondo adulto avrà la possibilità di strappare i nostri adolescenti all’horror vacui che si portano dentro e che in maniera così potente pare risuonare nelle canzoni che amano ascoltare. Per disinnescare, più che la musica trap, la tendenza giovanile alla resa di fronte alla mancanza di speranza e la conseguente fuga dalla realtà, occorre un autentico dialogo educativo.