95 milioni del pnrr per la transizione digitale della scuola
Il ministero dell’Istruzione è impegnato per la “transizione digitale”. Una nota di viale Trastevere, infatti, informa l’avvio di “nuovi avvisi per la transizione digitale di oltre 8mila istituti scolastici italiani previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. In sostanza gli istituti possono candidarsi su una apposita piattaforma e richiedere contributi per migrare i propri servizi sul cloud e aggiornare o dotarsi di nuovi siti web.
A disposizione, grazie al “famigerato” Pnrr ci sono complessivamente 95 milioni di euro: 50 milioni per la migrazione sul cloud, altri 45 milioni per i siti web.
L’obiettivo – dichiara il ministero – “è di sostenere, da una parte, la migrazione di un numero minimo di servizi verso infrastrutture e soluzioni cloud qualificate per garantire servizi affidabili e sicuri, in coerenza con quanto definito all’interno della Strategia Cloud Italia, e dall’altra realizzare o aggiornare il proprio sito web grazie all’uso di un modello standard che migliorerà le esperienze digitali di genitori, studenti e dell’intera comunità scolastica”.
Benissimo. Come afferma il ministro Bianchi “Con i fondi del Pnrr sosteniamo la costruzione di una scuola più innovativa sia nelle competenze che nelle infrastrutture” Evidentemente siamo di fronte a “una grande opportunità. Studenti, dirigenti, docenti, personale scolastico, famiglie: tutti partecipano al cambiamento della scuola”. E Vittorio Colao, ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale spiega: “Queste risorse permetteranno agli istituti di offrire servizi sempre più sicuri ed efficienti grazie al cloud e di fornire informazioni più veloci e chiare attraverso siti web accessibili ed efficaci. Un importante passo avanti per portare la transizione digitale anche nel mondo della scuola, con benefici per personale scolastico, studenti e genitori”.
C’è da augurarsi che insieme ai fondi per cloud e siti web ci sia un impegno concreto a rendere accessibili a tutti le infrastrutture informatiche necessarie. Perché non tutte le scuole italiane (ed è un eufemismo, basti riflettere sul gap radicato esistente in diverse regioni del Paese) hanno reti e collegamenti efficaci, che permettano la “transizione digitale”. L’esperienza recentissima della Dad dovrebbe aver insegnato qualcosa.
E a questo proposito fa riflettere leggere l’appassionata lettera di una docente su un quotidiano nella quale lamenta il “taglio” di spesa per i libri di testo cartacei a favore del digitale. “Nelle segrete stanze del miur qualche burocrate che non ha mai messo piede in un’aula scolastica, sulla base di argomentazioni non esplicitate, presume a) che tutti gli studenti e le studentesse delle scuole pubbliche italiane abbiano a disposizione almeno un tablet e una connessione a internet (sia a scuola che a casa); b) che ai fini dell’efficacia didattica l’utilizzo di un testo digitale e di un testo cartaceo siano perfettamente equivalenti”.
Qui si introducono riflessioni che andrebbero fatte in maniera più ampia di quello che lo spazio permette. Certamente l’obiezione è forte. La scommessa sul digitale è decisiva, ma deve andare ben oltre le infatuazioni del momento e tenere ben presenti sia le situazioni concrete (e abbiamo detto delle strutture), sia i risultati delle ricerche pedagogiche sul tema della scuola (e della lettura/utilizzo dei libri, nel caso citato) 4.0.
Scuola digitale non vuol dire trasformare tutto in un impalpabile cloud. E i “nativi digitali” non è detto che non abbiano più bisogno della carta.
Su questo la scuola italiana ha ancora diversi passi da fare.