Industria: le criticità aumentano e intorno all’ex Ilva è il deserto
Le vicende internazionali che stanno interessando massicciamente ormai da oltre due anni il nostro Paese stanno creando una preoccupante crisi economica, che forse sta facendo passare in secondo piano vicende pure fondamentali, seppure sembrino ristrette al nostro territorio.
Stiamo parlando dello stabilimento siderurgico, alla cui attività si annette un interesse produttivo crescente, finora solo gridato, proprio a causa della guerra, ma nell’insieme di tutta l’area industriale, cui si aggiunga la situazione di Leonardo che, nonostante i diversi proclami, vede diventare sempre più complicata la propria situazione.
Ieri sull’ex Ilva si è svolto un incontro in prefettura, coordinato dal prefetto Martino, cui hanno partecipato, coi sindacati, il viceministro per lo Sviluppo, Alessandra Todde e il senatore Mario Turco, cui sono stati rappresentati i gravi problemi dell’azienda e che hanno assunto l’impegno di riportare la questione all’attenzione del governo. Ma la situazione sembra molto nebulosa nel nostro sistema industriale. Ne abbiamo parlato con Pietro Cantoro, segretario della Fim che si occupa degli appalti.
Cosa sta succedendo? Acciaierie d’Italia naviga a vista, mentre la giustizia continua a bacchettarla in molti modi: non paga le ditte dell’appalto e la Peyrani Sud interrompe il contratto, di fatto togliendo lavoro a un centinaio di dipendenti. Alla Leonardo, sembra in atto uno stillicidio, ultimi i licenziamenti preannunciati dalla Axist. Ma sembra che il territorio non ne abbi sufficiente contezza.
Sembra non aversene adeguata contezza, perché la madre di tutta la committenza, cioè Acciaierie d’Italia, sembra aver consolidato uno stato di vegetazione assoluta, in cui appare scontato e normale tutto quello che scontato e normale non è, come gli scaduti dei pagamenti degli stipendi, o i pagamenti delle attività prestate e fornite, con tutti i problemi che ne susseguono a cascata. Purtroppo negli anni si è consolidata una certa “normalità” nell’anomalia. Ma è chiaro che questa situazione si scarica sulle famiglie con tutti i disagi che sono facilmente comprensibili. Ed è per questo che la nostra mobilitazione continua.
La rottura dei rapporti ta Peyrani Sud e Acciaierie d’Italia quanti posti mette a rischio?
La Peyrani occupa direttamente 65 unità che salgono a circa 100 con la collaborazione che ha nelle attività portuali.
…Ed è strano sentire parlare di altre aziende che dovrebbero subentrate a un’azienda che rompe i suoi rapporti per non essere stata pagata.
La cosa grave è che siamo in presenza di una gestione malsana da parte di una grande azienda che è in parte parastatale, con lo Stato che permette delle violazioni quando dovrebbe invece controllare e vigilare; questo è il paradosso assoluto: accanto alla dichiarata previsione del 40% di aumento del fabbisogno produttivo, non interviene né a livello di investimenti, né a livello di manutenzioni ordinarie e straordinarie, né di acquisto delle materie prime, delle attrezzature, dei ricambi e di tutto ciò che necessita nella funzione fisiologica di una normale azienda e, in subordine, alle sue responsabilità.
Ma è tutta la situazione dell’azienda, a cominciare dalla composizione societaria, continua a essere nebulosa.
Ancora oggi stiamo navigando come gli ebrei nel deserto alla ricerca della terra promessa. Ormai questo stabilimento è diventato una cattedrale nel deserto: sembra che sia vitale, un sito di interesse nazionale, strategico, dove c’è necessità produttiva, con la crisi energetica attuale che ha portato alla ribalta la necessità di produzione dell’acciaio, ma noi siamo fermi al palo o, per usare una metafora, come se fossimo in autostrada fermi con le quattro frecce d’emergenza mentre tutti sono in corsia di sorpasso, perché oggi l’acciaio viene valutato più dell’oro.
Alla Leonardo, nonostante tutti i proclami, le cose non sembrano andare meglio.
Anche sulla scia di quella che è stata la situazione pandemica e la scarsità di commesse che si è scaricata soprattutto sulla Leonardo, che è la committente principale. Di conseguenza tutte le aziende dell’appalto, che gravitano che in maniera indiscutibile, si sono dovute ridimensionare con le attività di manutenzione e di riparazione.
Intanto continuiamo a registrare proclami in base ai quali Grottaglie dovrebbe diventare il centro del mondo: voli spaziali, droni, e strutture ipertecnologiche…
Ma purtroppo anche lì, come in Acciaierie d’Italia, la politica territoriale sta abituando a promesse e slogan senza poi concretizzare di fatto nulla di palpabile, di reale. E questo fa male al territorio, al pil, alle famiglie e a tutti noi.