Il 50° di sacerdozio dell’arcivescovo celebrato in una cornice corale e gioiosa
“La data più importante della mia vita è il giorno del mio battesimo, quando sono stato incorporato al Signore, ma la festa che celebro più volentieri e a cui sono molto legato è quella della mia ordinazione sacerdotale”. Ha esordito così l’arcivescovo Filippo Santoro nell’omelia tenuta nel corso della solenne celebrazione svoltasi in Concattedrale per il cinquantesimo dell’ordinazione sacerdotale, e nello spirito che manifestava nel corso della celebrazione si avvertiva tutta la gioia di poter festeggiare l’evento in un singolare clima di coralità e in una Concattedrale finalmente gremita, dopo la pandemia, in ogni ordine di posti.
A festeggiare e condividere con lui l’evento c’era l’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio che con il vicario generale diocesano, Alessandro Greco, e i sacerdoti Antonio Caforio e don Ciro Antonacci (venuto improvvisamente a mancare il giorno successivo) condividono la data di ordinazione sacerdotale, quella del 20 maggio 1972. Ma c’erano anche numerosi vescovi venuti da altre diocesi, tra i quali il “tarantino” arcivescovo di Crotone, Angelo Panzetta, ordinato vescovo del monsignor Santoro, e l’arcivescovo di Catanzaro, già vescovo di Castellaneta, Claudio Maniago, oltre all’arcivescovo emerito di Taranto Benigno Papa.
Presenti le autorità civili e militari della provincia, i sacerdoti dell’arcidiocesi, i diaconi, i religiosi, le religiose, i seminaristi, i ministri istituiti, tutte le associazioni, i movimenti e le confraternite della nostra diocesi. il consiglio direttivo dei Memores Domini e tutti i Memores, per i quali monsignor Santoro ha ricevuto dal Santo Padre il compito di delegato speciale, assieme a una nutrita delegazione di Comunione e liberazione non solo della Puglia, e ai suoi famigliari e amici personali.
Le celebrazione è stata aperta dal messaggio di saluto che don Mattia, il più giovani dei sacerdoti ordinati in diocesi, ha rivolto a nome di tutto il clero: “A nome di tutti, eccellenza, sento il bisogno di ringraziarla perché con i suoi 50 anni di vita sacerdotale e con i 10 già spesi per noi, ella ci ha indicato la strada per vivere un’esperienza di fede e di ministero felice. E la strada, da lei indicata, mi sembra essere questa: fare di Gesù il bene più grande della vita, il di più, il “cento volte tanto” per cui vale la pena scommettere la propria vita; dalla forza di questo amore più grande nasce la missione o il “consumare la suola delle scarpe” per raggiungere l’umanità, ovunque essa si trovi e qualsiasi situazione si trovi a vivere come popolo che cammina, unito e solidale; lasciarsi provocare dalla storia e dalle persone, che ci vengono incontro e sollecitano la nostra risposta con tutte le nostre energie di mente e di cuore, senza nulla risparmiare o tenere per sé”.
Ha, quindi, rivolto l’augurio anche a monsignor Ligorio, a monsignor Greco, a don Ciro e don Antonio.
Sottolineando come il primo sentimento con cui celebra questi 50 anni di sacerdozio è quello della gratitudine, per il dono della vita e della vocazione, nella sua omelia ha reso omaggio in particolare a don Divo Barsotti e soprattutto don Luigi Giussani: “Mi hanno fatto capire che non dovevo avere paura dei desideri del cuore e del gusto del protagonismo per la vita sociale, ma che era possibile trovare la pienezza di quel desiderio, nella giusta dimensione dell’azione sociale politica”.
“Con tutta la coscienza dei miei limiti, che si sono manifestati quanto più cresceva la mia responsabilità, particolarmente nel ministero episcopale, c’è stato sempre il cantus firmus, il tema costante, di servire il Signore nella gioia, non nel lamento o nel rimpianto. Perché l’amore di Cristo, la sua iniziativa, la sua affezione, si rivelava più grandi di ogni altro sentimento e di ogni limite”.
Poi il suo pensiero ha ripercorso il suo itinerario umano e sacerdotale, dalle prime esperienze a Bari, all’insegnamento, al suo sì alla nuova esperienza in Brasile, dove ha ricevuto la nomina a vescovo, e poi il ritorno in Puglia, a Taranto.
“Sin dagli inizi del mio ministero mi ha particolarmente colpito il rapporto con gli ammalati, i carcerati, i poveri per i quali, con la collaborazione di tutta la nostra Chiesa, abbiamo restaurato il palazzo Santa Croce, rendendo un servizio a tutta la città mediante il Centro notturno di accoglienza per senza fissa dimora, dedicato al nostro vescovo San Cataldo. Ha arricchito la mia esperienza di questi anni, anche il servizio alla Conferenza Episcopale Italiana, nella Commissione per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del creato e anche con la responsabilità ultima del Comitato scientifico per le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, culminato nell’ottobre scorso con la 49^ Settimana Sociale dal titolo: “Il pianeta che vogliamo. Ambiente lavoro futuro. #tutto è connesso”.
“Chiedo alla Vergine Santissima – ha così concluso l’omelia – la grazia di continuare a servirlo e a servire il popolo a me affidato, in comunione con tutta la Chiesa col cuore ancora più lieto di come lo avevo di 50 anni fa, e con l’esperienza sempre più grande della misericordia del Signore e del suo amore senza fine”.
A conclusione dell’intensa e partecipata liturgia, monsignor Santoro ha rivolto una preghiera alla Vergine, splendidamente intramezzata dalle invocazioni canore del coro della Concattedrale che ha animato con particolare intensità la liturgia.
I rappresentanti di Comunione e Liberazione hanno chiuso la celebrazione eseguendo il canto, tanto caro a monsignor Santoro, che lo ha riportato dall’amato Brasile: “Sou feliz, Senhor, porque tu vais comigo: vamos lado a lado, es meu melhor amigo” (Sono felice, Signore, perché tu vieni con me: andiamo fianco a fianco, tu sei il mio migliore amico), canto composto da due giovani che il giorno dopo sarebbero stati ordinati sacerdoti e avrebbero cominciato il ministero nel mondo.