L’accorta vigilanza della diocesi di Taranto verso ogni forma di abuso sui minori
Abbiamo intervistato don Cristian Catacchio, nominato dall’arcivescovo Santoro referente diocesano del Servizio nazionale per la tutela minori e delle persone vulnerabili
“La cura delle vittime di abusi diventi norma in tutte le Chiese locali” aveva esortato papa Francesco nel suo discorso all’udienza alla Pontificia commissione per la tutela dei minori. La Cei ha tradotto in fatti quell’auspicio del pontefice istituendo il Servizio nazionale per la tutela minori e delle persone vulnerabili che è chiamato a collaborare e supportare l’azione pastorale della Chiesa diocesana, affinché la cura e la protezione dei minori e delle persone vulnerabili diventino concretamente valori supremi da tutelare. Ha lo scopo di offrire uno spazio di ascolto, sostegno e prevenzione nelle situazioni di disagio che possa derivare dal comportamento di presbiteri, diaconi, religiosi e operatori pastorali, per la violazione dei doveri del proprio stato e del proprio ufficio o con abuso di potere, in ambito sessuale ai danni di minori o di persone vulnerabili.
Mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, ha nominato don Cristian Catacchio come referente diocesano del Servizio: a lui ci siamo rivolti per comprendere come si sta sviluppando il suo lavoro nella nostra diocesi.
Don Cristian, ci puoi descrivere la situazione che hai toccato con mano nella nostra diocesi?
Come prima cosa permettimi di ringraziare il nostro arcivescovo, mons. Filippo Santoro, per questo delicato compito che mi ha affidato. Non ti nascondo il mio senso di timore. Per grazia di Dio in questo tempo la nostra diocesi si è mostrata attenta e sensibile al tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, una sensibilità che si traduce in un desiderio di formazione, conoscenza del problema e di attenzione alla prevenzione di tali atti.
Ci descrivi in cosa è consistita la tua azione di promozione del Servizio voluto con grande fermezza da papa Francesco?
Il servizio è chiamato a svolgere attività di prevenzione sia attraverso iniziative di formazione rivolte ai sacerdoti ed agli operatori pastorali, sia attraverso lo studio e l’approfondimento delle questioni di carattere psicologico, pedagogico, canonico, giuridico e pastorale. Presta, inoltre, un supporto alle parrocchie e a tutte le realtà ecclesiali, attraverso incontri formativi/informativi, fornendo sussidi e materiale specifico, per la definizione ed acquisizione di specifiche procedure al fine di raggiungere adeguati standard per la salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili. Le attività che ci proponiamo come servizio sono:
- La formazione di sacerdoti, religiosi/e ed operatori pastorali, affinché ogni persona coinvolta nelle attività pastorali sia consapevole dell’importanza e della delicatezza del proprio ruolo educativo.
- La promozione di buone prassi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili al fine di rendere gli ambienti pastorali luoghi sicuri ed affidabili.
- Il Servizio organizza e promuove incontri di formazione/informazione, consulenze ed approfondimenti a livello diocesano, vicariale, parrocchiale ed associativo.
- Incontri formativi con i nostri seminaristi.
- Incontri formativi con gli operatori pastorali.
- Incontri con i consigli pastorali parrocchiali per inserire il tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili dentro la programmazione della pastorale ordinaria.
Che tipo di risposte hai ottenuto dalle singole realtà parrocchiali?
Le parrocchie hanno mostrato un’attenzione elevata e un desiderio di formazione e informazione verso questo problema.
Non ci piace sciorinare numeri che poi non hanno in sé il carico emotivo di bambini, donne, o vulnerabili vessati da una qualche forma di abuso, ma puoi incominciare a tratteggiare la situazione che hai riscontrato come responsabile diocesano del servizio per la tutela dei minori e dei vulnerabili?
Per il momento nella nostra diocesi viviamo una situazione di particolare attenzione.
Nella malaugurata ipotesi venissi a conoscenza di abusi sui minori o sui vulnerabili, quali sono gli strumenti da mettere in campo per contrastare in maniera efficace questa piaga?
La valutazione dei casi di abuso sessuale spetta all’arcivescovo che condurrà l’indagine preliminare con il referente diocesano, il cui scopo è accertare se il delitto è stato commesso o meno, e quindi di stabilire la fondatezza dell’accusa. Lo scopo del procedimento intrapreso è: a) conoscere e descrivere formalmente la verità; b) preparare una documentazione appropriata; c) impedire il perpetuarsi del delitto (qualora venisse provato); d) facilitare la riparazione del male.
L’indagine previa differisce da un eventuale procedimento penale civile.
Quando l’arcivescovo riceve la denuncia per un presunto abuso sessuale, garantirà alla parte presumibilmente lesa, l’impegno nel ricercare la verità e prendere gli eventuali dovuti provvedimenti. Contemporaneamente l’arcivescovo, in base alle informazioni ricevute e verificate, deciderà se esistono i presupposti per dare inizio all’indagine previa (Cdc, can. 1717). Durante tutto lo svolgimento dell’indagine previa, la diocesi assicurerà alla presunta vittima e ai suoi familiari rispetto e vicinanza, adottando tutti gli accorgimenti del caso ed evitando ogni forma di pressione sia diretta che indiretta. L’indagine dovrà essere discreta e attenta a non compromettere il diritto di difendersi dell’indagato. Se durante l’indagine previa, le accuse non trovano conferma, l’arcivescovo ne fa dichiarazione scritta e archivia il procedimento. L’accusato qualora fosse stato sospeso potrà riprendere il suo ministero ed ottenere l’aiuto di cui necessita per riparare gli eventuali danni morali subiti. Gli atti vengono conservati nell’archivio segreto diocesano. Nel caso in cui vengano constatate la verosimiglianza del delitto commesso e la fondatezza delle accuse, l’arcivescovo trasmetterà la causa alla Congregazione per la dottrina della fede. Contemporaneamente sospenderà l’accusato da ogni funzione pastorale e lo isolerà dai contatti con i minorenni e/o con gli adulti vulnerabili. Nella conduzione di questo procedimento deve essere riservata una diligenza particolare per non esporre al danno la buona fama di chi accusa, di chi è accusato e della diocesi stessa poiché, pur costituendo l’oggetto del presunto abuso un atto moralmente biasimevole, che intacca la disciplina della Chiesa e costituisce un delitto secondo la legge, esso può costituire una occasione per insinuare strumentalizzazioni a fini scandalistici ed economici. Inoltre, occorre tener conto dell’odierna facilità mediatica di sfruttare tali fatti – indipendentemente dalle prove – per denigrare la Chiesa. Durante tutto lo svolgimento dell’indagine previa, si farà in modo di non ostacolare o scoraggiare la volontà della vittima o dei suoi curatori di sporgere denuncia presso l’autorità giudiziaria dello Stato. Anzi, si illustrerà alla vittima o ai suoi curatori la possibilità e le modalità di denuncia all’autorità civile
La Cei ha stilato delle linee guida che l’ufficio diocesano da te guidato ha stampato in qualche centinaia di copie. Vuoi parlarci degli elementi più efficaci nelle mani di coloro che avranno a che fare con questi drammi personali e sociali?
Il sussidio, pensato per sacerdoti, religiosi, formatori, educatori ed operatori pastorali, vuole essere, senza alcuna pretesa di esaustività, strumento pratico per la prevenzione di ogni forma di abuso in ambito ecclesiale. Il sussidio, mette in evidenza le buone prassi in parrocchia e nei luoghi comunitari, ossia quei modi di agire che sono la concreta espressione della cura e custodia dei più piccoli, ponendo al centro i bambini e valorizzando la corresponsabilità comunitaria attraverso la partecipazione e formazione degli operatori pastorali.
In che modo è possibile realizzare interventi di prevenzione sugli abusi ai minori ed ai vulnerabili?
Con un’accurata formazione e un’attenta vigilanza
Nell’ambiente ecclesiale sono previsti percorsi riabilitativi in favore dei minori e dei vulnerabili che hanno subito abusi?
L’obiettivo primario di qualsiasi misura è quello di proteggere i più piccoli e di impedire che cadano vittime di qualsiasi abuso psicologico e fisico. Accompagnare le persone abusate: il male che hanno vissuto lascia in loro delle ferite indelebili che si manifestano anche in rancori e tendenze all’autodistruzione. La Chiesa ha il dovere dunque di offrire loro tutto il sostegno necessario avvalendosi degli esperti in questo campo. Per tale motivo nella nostra diocesi è attivo anche un centro di ascolto composto da esperti. L’ascolto guarisce il ferito e guarisce anche noi stessi.
Foto Siciliani-Gennari/Sir