Festa Santa Rita. Dopo la chiusura, il contagio della gioia

Tantissima gente, come accadeva fino a qualche anno fa, prima che il mondo fosse sconvolto dalla pandemia. La festa in onore di Santa Rita, nella omonima parrocchia di via Ancona, nello scorso weekend è stata un tripudio di fedeli. Da settimane il comitato dei festeggiamenti e la confraternita intitolata alla santa, preparavano le giornate culminate domenica 22 nelle Messe, tra cui quella presieduta in piazza dall’arcivescovo della diocesi ionica, mons. Filippo Santoro, e poi nella processione per le vie del quartiere e nella benedizione delle rose, fiore simbolo della santa delle cause impossibili…fino a prova contraria.
“La presenza tra noi dell’arcivescovo è stata un grande dono”- commenta mons. Gino Romanazzi, parroco e costante punto di riferimento di una comunità florida e in crescita. “Quando abbiamo appreso che le processioni potevano tornare a svolgersi, ci siamo sentiti sollecitati ad andarle fino in fondo. La festa per noi è una grande occasione per testimoniare la bellezza della fede, dell’esperienza cristiana che coincide con l’esperienza umana, con la normale routine di ciascuno di noi. A me non interesserebbe una fede, se non andasse ad intercettare la normalità della mia vita. Oggi abbiamo un modo di affrontare la vita che la consuma, non la benedice. Invece l’uomo è fatto per creare, per realizzare relazioni, non per distruggere o per fagocitare.
A queste giornate ci siamo messi a lavorare per settimane, sempre con un grande numero di giovani e meno giovani. Hanno seguito una traccia, che quest’anno è “ Santa Rita, la donna della pace- scambiamoci un segno di pace” e man mano che si preparava l’evento ci siamo accorti che eravamo supportati dal lavoro fatto nei mesi precedenti, dagli incontri sul cammino sinodale.
Abbiamo organizzato tanti tavoli di discussione su pace e famiglia, pace e giustizia, pace sul lavoro, nella scuola e sono venute fuori testimonianze diverse, anche di conflitti. Ci siamo accorti che molte relazioni sono conflittuali anche se apparentemente non sembra così. Sicuramente influisce il fatto che siamo usciti da un periodo in cui abbiamo vissuto una chiusura dal punto di vista amicale e sociale. Pensavamo fosse automatico tornare ad aprirsi, invece non lo è”. Eppure la risposta della gente domenica 22 è stata oltre le aspettative. “La differenza la fa sentirsi accolti, accompagnati, guardati. La nostra è un’esperienza di contagio di una gioia che deriva da qualcosa di più grande di noi, è la stessa condivisione del cammino di fede, dell’avvenimento, dello stupore della fede stessa – prosegue mons. Romanazzi, richiamandosi al carisma di Comunione e Liberazione – e allora la gente si stupisce e si domanda perché accada questo. Se il tuo cuore è intercettato, attratto, una domanda te la fai. Nasce così quel senso di condivisione che costruisce comunità e diventa una grande esplosione di gioia, di desiderio e di speranza”. Come da tradizione sabato prossimo, 28 maggio, la festa prosegue, alle ore 20 in piazza, con canti, balli, fuochi d’artificio e la cena comunitaria, in cui ciascuno porta quello che desidera e lo condivide. “Per questa festa, nell’organizzazione, sono stata provocato dall’incontro che il Papa ha tenuto con gli adolescenti il Lunedì dell’Angelo in piazza san Pietro. I numeri sono stati strabilianti rispetto alle attese ed ascoltarlo rivolgersi a loro dicendo che hanno il fiuto della verità e della vita, mi ha colpito. Ho sentito che il coinvolgimento di ragazzi e bambini doveva essere ancora più forte. Quello che ci sono stati a Roma, ci porteranno la loro testimonianza e poi canteremo insieme le nostre canzoni, tra cui la celebre colonna sonora: “mattone su mattone viene su una grande Chiesa”. Vuole essere – prosegue mons. Romanazzi – un incontro di famiglie, di generazioni, con tavolini a disposizione per tutti e le attività organizzate dal grande oratorio, che io chiamo la vela della parrocchia, la nostra forza. Da qualche tempo in oratorio sono arrivati molti bambini ucraini, ospiti di famiglie della parrocchia. Una meraviglia vedere come i ragazzi riescano a comunicare tra loro anche non sapendo la lingua l’uno dell’altro. Avevamo già fatto la lavanda dei piedi con tutti i bambini che venivano dall’Est. Per noi è bello sapere che non vedono l’ora che arrivi il sabato e la domenica per riversarsi in oratorio”.
VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

