Da lunedì 30, la festa di Sant’Egidio al Borgo
Dal 30 maggio al 2 giugno si celebrerà la festa per sant’Egidio per ricordare il ventiseiesimo anniversario della sua canonizzazione.
La ricorrenza viene anche Festa del Baglio – che è uno dei quattro pittaggi in cui era suddivisa la città vecchia – che identifica la zona dell’Isola in cui nacque il santo degli ultimi.
Lunedì 30 maggio, alle ore 19.30, l’omelia della celebrazione eucaristica nella parrocchia San Pasquale sarà incentrata su “Egidio e la vocazione alla vita religiosa”; il giorno successivo, sempre alle ore 19.30, il tema scelto è “Egidio e Maria”.
Mercoledì 1° giugno, alle 18.30, in piazzetta Sant’Egidio, in città vecchia, presentazione del libro “La molluschicoltura tarantina: mito o vero asset economico?”, terzo quaderno della collana Mar Piccolo e Taranto”, a cui seguirà un dibattito pubblico.
Alle ore 19.30, celebrazione eucaristica in San Pasquale con omelia su “Egidio, un santo della città”.
L’ultimo giorno dei festeggiamenti dedicati al santo ‘funaio’, giovedì 2 giugno, sarà un ricordo della canonizzazione e prevede la processione a partire dalle ore 17.30 che partirà dalla San Pasquale per giungere alla piazzetta sant’Egidio, al Baglio in città vecchia, con l’accompagnamento della banda ‘Gran complesso bandistico Città di Crispiano”; alle ore 18.30, sempre nella chiesa San Pasquale, celebrazione eucaristica presieduta da fra Vincenzo Chirico, concelebrata da don Lucangelo De Cantis e animata dal coro della parrocchia San Pasquale. Alle 20, processione in senso inverso e quindi dalla casa del santo tarantino alla chiesa del Borgo.
Uno spettacolo pirotecnico sul Castello aragonese chiuderà la quattro giorni per Sant’Egidio.
“L’ondata pandemica, la guerra in Ucraina ed in tante parti del mondo, la sofferenza economica-sociale – ha voluto sottolineare Pino Lippo, priore della confraternita Sant’Egidio e socio fondatore dell’associazione Pittaggio del Baglio – oggi ci costringono a vivere rinchiusi in noi stessi: paurosi, stressati, depressi e per nulla fiduciosi in un orizzonte più tranquillo, più sereno.
La vita di Sant’Egidio anche per le stesse identiche vicessitudini non è stata per nulla tranquilla.
La povertà della sua famiglia, la pandemia del vaiolo che imperversava nella città di Napoli, i regimi spagnoli e francesi che oltraggiavano i religiosi e la Chiesa, la rivoluzione francese e la rivoluzione napoletana non scalfirono la speranza, la fede, la laboriosità del nostro Sant’Egidio che sembrava non curarsene, impegnato invece a prestare soccorso, sostegno, incoraggiamento, ascoltando le miserie e lenendo le ferite sociali degli ultimi, degli scartati dalla società.
Oggi Sant’Egidio, se fosse presente un questo marasma pandemico e bellicoso, ci spronerebbe a lottare, agire armati della sola speranza, della fede nel Signore e dell’amore cristiano verso chiunque soffra, contro qualsiasi angheria o sopraffazione.
La sua fede è fondata su Cristo Risorto.
E quando tutto sembrerebbe portare alla distruzione totale della umanità, Sant’Egidio ci insegna che il Signore, forza vitale, ci indica sempre la strada della salvezza, della risoluzione delle problematiche.
Sant’Egidio – ha concluso il priore Lippo – oggi ci inviterebbe come ha fatto a Napoli per ben 53 anni ad Amare Dio ed il prossimo. A vedere nel volto di ogni ucraino, russo, italiano o cinese il volto di Gesù.