“Sul crinale” nuovo romanzo di Marta Celio dalla scrittura poetica e sperimentale
Marta Celio è una poetessa, scrittrice e critica che da anni si sta mettendo in luce per un’attività particolarmente intensa e complessa. Nei giorni scorsi ha dato alle stampe, per i tipi delle edizioni Macabor, con cui collabora assiduamente fornendo un contributo prezioso, la sua seconda prova di narrativa: “Sul crinale”. In realtà il lavoro si può considerare una prosa poetica sperimentale che propone un complesso gioco di intersezioni semantiche, scritturali, formali che mostrano un possesso singolare delle strutture testuali e lessicali che rendono difficile anche la semplice definizione del lavoro, la cui lettura risulta particolarmente impegnativa anche se piacevolmente suggestiva proprio per le elaborazioni formali: scambi, allitterazioni di binomi, paradossi, inversioni di senso si muovono sulla scia di uno sdoppiamento e una ricomposizione dei personaggi.
Il racconto muove, nella prima parte, “Le veglie”, dalla designazione dei personaggi cardine originari, Giorgio e Lucia, il cui rapporto vive su vari livelli, sulla capacità psichica e narrativa di penetrare nell’interiorità dei personaggi e rappresentarne, in varie dimensioni, le pulsioni, le verità, le concrezioni surrettizie le autenticità. Nella prima parte, il racconto ha i connotati di una sorta di epistolario in cui è quasi sempre Giorgio a scrivere, a raccontare e scrutare. E poi Giovanni, di quarant’anni più grande di Giorgio (ma il racconto non ne esplicita il ruolo) che prova a sollecitarlo alla vita, esprimendo nel suo amore ma anche il rammarico per i limiti imposti.
E Giorgio scrive, in una delle pagine più limpide a Lucia (“Creatura unica”): “Il pensiero di te, il battito forte (ali/amore). L’incespicare nel vento dell’azzurrità del tuo occhio, lunare e aperto/schiuso su corolle di mille (e al contempo alcuna) parole. Parole d’oro, parole miele, parole d’amore che scandiscono a piè pari: qui, seduto sul mio altrove a cercarti/cercare di te l’amore di me l’orrore. (…) Ed io ti sento, ti guardo ti ausculto e dei miei sensi, alterati e amplificati, di te… l’amore di te l’orrore sempre e comunque, nel rispetto del tuo essere mezza dea mezza umana, creatura lunare, creatura salvifica e meravigliosamente… unica”.
La seconda parte ha un totale cambiamento di registro e si intitola significativamente: “Lei, esercizi di stile”. E in questi esercizi l’autrice esercita il massimo della libertà inventiva, utilizzando anche segni grafici come come il cancelletto, l’universale metadato hashtag, i termini tecnologici, il +, termini anglofoni o anche latini. I ruoli si accavallano e si trasformano in una dimensione che è, al contempo, individuale e sociale: “Lei, la pura, che tiene tutto sotto controllo, lei che tace e giace, lei che insegue silente una luna cristallo, Lei, è diventata noi”.