Ex Ilva, dal governo promesse e rinvii
i sindacati minacciano la mobilitazione
Dieci anni sono trascorsi. Da quando il giudice Patrizia Todisco sequestrò l’Ilva e diede origine a uno dei più grandi scandali industriali e politici del dopoguerra. Sequestri, arresti, processi, condanne, e tanti decreti non sono bastati a spiegare cosa si vuol fare dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Il governo italiano, che è specialista nella pratica dei proclami e dei rinvii, da un lato sostiene che occorre l’acciaio e che perciò la produzione deve aumentare (senza per altro assumere decisioni conseguenziali), dall’altro persiste nel rinviare gli assetti futuri di Acciaierie d’Italia, facendo slittare al 2024 l’acquisizione dei rami d’azienda prevista per il 31 maggio scorso, in assenza della risoluzione delle clausole sospensive a partire dal dissequestro degli impianti, lasciando la gestione nelle mani del “partner” straniero, che finora non ha fatto certamente il bene né di Taranto né degli impianti, come molti avevano previsto in anticipo.
E così i vertici dei sindacati dei metalmeccanici, che hanno già promosso uno sciopero generale il 6 maggio scorso, ottenendo dal ministero una convocazione per il 22 giugno, si sono riuniti ieri a Taranto per mettere a punto una strategia e far sentire il fiato sul collo a chi deve prendere le decisioni. I segretari generali di Fim, Fiom, Uilm, roberto Bnaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella hanno incontro le delezioni territoriali e il consiglio di fabbrica e poi, all’esterno della direzione, i sindacati.
Fim Fiom Uilm ritengono non più rinviabile un confronto di merito sul piano industriale e ambientale per conoscere i tempi degli investimenti, sul processo di risanamento ambientale, sull’introduzione dell’innovazione tecnologica in attuazione dell’Accordo del 6 settembre 2018 a partire dalla clausola di salvaguardia occupazionale per i lavoratori di Ilva in A.S. E chiedono da subito “la definizione di un programma di investimenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria in tutti i siti e aprire un tavolo di confronto sulla gestione della cassa integrazione, della risalita produttiva, dei futuri assetti di marcia, della difficile fase che vivono i lavoratori degli appalti, della contrattazione integrativa e della salute e sicurezza dei lavoratori”. Tra le richieste precise dei sindacati gli investimenti sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori, sulla sostenibilità ambientale delle produzioni e sulla necessità di contrastare gli infortuni con gli strumenti della prevenzione e della formazione professionale anche per i lavoratori degli appalti.
“Abbiamo fatto quest’assemblea – ha dichiarato il segretario della Fim Benaglia, di chui riportiamo sotto la dichiarazione – perché non possiamo aspettare due anni per capire quale sarà il futuro di Taranto e di tutta la siderurgia italiana e a tutta la filiera. Dobbiamo batterci perché il secondo semestre dev’essere diverso dal primo. Dobbiamo avere più acciaio e meno cassa integrazione gli investimenti, gi appalti pagati, i lavoratori che non fanno da banca all’azienda e risposta ai lavoratori in Ilva AS, per questo l’incontro del 22 è fondamentale vogliamo che il governo si assuma le sue responsabilità. Come im vogliamo il 22 vogliamo risposte, il governo ci metta la faccia e avvi un pecorso negoziale che recuperi anche futuri accordi sindacali”.
Il mancanza di risposte concrete, i sindacati ricorreranno a nuove forme di mobilitazione. Anche per questo le sigle metalmeccaniche sono state convocate dal MiSE la scorsa settimana, per un incontro a Roma in programma il 22 giugno e il confronto di oggi arriva per rilanciare l’iniziativa sindacale.