Cattivissimo tempo al Nord e al Centro, purtroppo anche con vittime, e clima bollente al Sud, un’Italia spaccata a metà: cosa ci possiamo aspettare?
Possiamo comprendere da quelle che sono alcune rilevazioni e più recenti evidenze che questi importanti nubifragi sono un’anticipazione di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi, in autunno e inverno, perché questi eventi estremi – di questo si tratta – sono l’altra faccia del problema della siccità, che ha attraversato l’Italia in queste ultime settimane, anche con forti sbalzi di temperature tra Nord e Sud. Noi stiamo andando incontro, da un lato, alla tropicalizzazione delle temperature medie nell’Italia meridionale, con processi sempre più evidenti di siccità, desertificazione e aridità, con tutto ciò che ne consegue in termini di perdita di produzioni agricole; dall’altro lato, al Nord ci saranno sempre più queste forti precipitazioni o trombe d’aria come ci sono state in Toscane, altrettanto violente.In più, pensiamo a cosa è successo in Sicilia, a Pantelleria.
Ci dica…
Il forte incendio a Pantelleria ha destato preoccupazione perché ci mostra come i territori diventano sempre più rischiosi, se non c’è un’adeguata capacità di loro gestione del territorio prevede l’istituto della prevenzione a monte. L’esempio di Pantelleria, ovviamente, vale anche per altri territori, considerato l’alto numero di incendi che si sono registrati sul territorio nazionale anche questa estate. Gli incendi nuocciono a Pantelleria come nel Nord Italia e in tutti i periodi dell’anno, pensiamo negli anni scorsi agli incendi nel Gargano, ma il problema è che si continua a non avere una pratica accurata della prevenzione: naturalmente non dico che si ridurrebbe il rischio perché ormai siamo in un territorio fragile, ma ne limiterebbe le conseguenze.
L’estate 2022, dal punto di vista climatico, sarà un’eccezione o sarà d’ora in poi la regola?
Con una battuta, possiamo dire che l’estate 2022 non sarà solo la più calda che abbiamo conosciuto finora, almeno a partire dal 2003, ma forse è la più fresca dei prossimi decenni, proprio perché ci possiamo solo aspettare un peggioramento rispetto all’aumento progressivo delle temperature.
Anche il Centro di ricerca dell’Agenzia europea dell’Ambiente a proposito dell’aridità e della siccità dice che quello che è iniziato potrebbe essere il periodo più siccitoso degli ultimi 500 anni. Purtroppo, dobbiamo prepararci a un crescendo di situazioni critiche estreme. E, se alla mancata prevenzione si aggiunge che non ci sono misure a livello nazionale e regionale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, è chiaro che questi effetti non possono che peggiorare nei loro impatti. Chiaramente è tutto collegato.
Insomma, non ci sono dubbi che questa “pazza estate” è figlia del cambiamento climatico…
Gli eventi estremi sono frutto del cambiamento climatico che sta accelerando. Ma non dimentichiamo che l’esasperazione di certi fenomeni ha sempre un’origine antropica.Ad esempio, nel momento in cui continuiamo ad avere città iper inquinate e dove i processi di urbanizzazione continuano a svilupparsi imperterriti, soprattutto nel Centro-Sud, a dispetto di una perdita di popolazione o, almeno, di una desertificazione sociale abbastanza preoccupante, a creare eventi estremi non sono i cambiamenti climatici da soli, ma noi, con le nostre scelte, contribuiamo in maniera altrettanto importante.
Quale risposta ci dovrebbe essere, allora, di fronte alla sofferenza dell’ambiente, che poi diventa anche sofferenza delle persone?
Innanzitutto, ci auguriamo che il prossimo Governo si impegni su questo fronte, come suggerito dagli scienziati nelle ultime settimane in diversi appelli, dotando l’Italia di una legge nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, che ancora non c’è, e magari aggiornando, dal 2017, il Piano nazionale energia e clima. Questi provvedimenti a livello nazionale obbligherebbero o, almeno, condizionerebbero moltissimo le Regioni ad adeguarsi a una disciplina nazionale che dovrebbe seguire le indicazioni dell’Unione europea di ridurre le emissioni progressivamente tra il 2030 e il 2050 – gli obiettivi noti della decarbonizzazione e di incremento delle energie rinnovabili -, mentre adesso ogni Regione va per i fatti propri.
Tra le fragilità in Italia c’è anche un costante aumento della cementificazione, come accennava prima…
Con i suoi rapporti annuali sul consumo di suolo e la tutela del paesaggio, l’Ispra evidenzia che il 94% dei comuni in Italia ad oggi è a rischio idrogeologico. Significa che circa 20/25 milioni di cittadini italiani vivono in territori particolarmente esposti a frane e alluvioni. Ci dobbiamo chiedere: questa situazione, in condizioni di pericolo che potrebbero verificarsi in autunno e inverno, è o meno un problema di cui farsi carico? Certamente, servono risposte più accurate. Anche a livello locale, si potrebbe fare molto, oggi si parla tanto di forestazione urbana, di soluzioni basate sulla natura, di de-impermeabilizzazione delle superfici pavimentate, che offrirebbe un supporto per limitare in città le ondate di calore. È chiaro che sono interventi puntuali ma mai sufficienti, se non in un’ottica di una strategia globale.