Francesco ai cardinali: “Lo stupore è il termometro della nostra vita spirituale”
No alla ‘mondanità spirituale’, sì alla capacità di stupirsi tornando ognuno alla propria Galilea. È l’indicazione del papa, durante la messa presieduta in presenza dei nuovi cardinali creati sabato scorso
Lo stupore “ci libera dalla tentazione di sentirci all’altezza, di nutrire la falsa sicurezza che oggi, in realtà, è diverso, non è più come agli inizi, oggi la Chiesa è grande, è solida, e noi siamo gli eminentissimi”. Ne è convinto il papa, che nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di San Pietro davanti a circa 4.500 persone, tra cui i nuovi Cardinali creati sabato scorso e i circa 200 che hanno partecipato alla “due giorni” di riflessione sulla Praedicate Evangelium, ha spiegato: “Sì, c’è del vero in questo, ma c’è anche tanto inganno, con cui il Menzognero cerca di mondanizzare i seguaci di Cristo e renderli innocui”.
“Questa chiamata è sotto la tentazione della mondanità, che passo a passo ti toglie la speranza, ti toglie la forza: questo è il campo della mondanità spirituale”, ha aggiunto a braccio. “In verità, la Parola di Dio oggi risveglia in noi lo stupore di essere nella Chiesa, di essere Chiesa!”, ha esclamato Francesco: “Torniamo a questo stupore battesimale! Ed è questo che rende attraente la comunità dei credenti, prima per loro stessi e poi per tutti: il duplice mistero di essere benedetti in Cristo e di andare con Cristo nel mondo”. “Tale stupore non diminuisce in noi con il passare degli anni, non viene meno con il crescere delle nostre responsabilità nella Chiesa”, la tesi del papa: “Grazie a Dio no. Si rafforza, si approfondisce. Sono certo che è così anche per voi, cari fratelli che siete entrati a far parte del Collegio dei cardinali. E ci dà gioia il fatto che questo senso di riconoscenza ci accomuna tutti, tutti noi battezzati. Fratelli, questo stupore è una via di salvezza! Che Dio ce lo conservi sempre vivo”.
“Ripartire da questa celebrazione, e da questa convocazione cardinalizia, più capaci di annunciare a tutti i popoli le meraviglie del Signore”, l’auspicio di Francesco. “Lode, benedizione, adorazione, gratitudine che riconosce l’opera di Dio”, gli atteggiamenti raccomandati dal papa, commentando due tipi di “stupore” che provengono dalle letture odierne: “quello di Paolo di fronte al disegno di salvezza di Dio e quello dei discepoli, tra i quali anche lo stesso Matteo, nell’incontro con Gesù risorto, che li invia in missione”. “Una lode che vive di stupore, ed è preservata dal rischio di scadere nell’abitudine finché attinge dalla meraviglia, finché si alimenta con questo atteggiamento fondamentale del cuore e dello spirito: lo stupore”, ha spiegato il papa: “Io vorrei domandare ad ognuno di noi, a voi fratelli cardinali, a voi sacerdoti, consacrati e consacrati, a voi popolo di Dio: come va il tuo stupore?”, ha chiesto Francesco a braccio: “Tu lo senti alle volte, o ti sei dimenticato osa significa?”. “Ognuno di noi ha la propria Galilea nella propria storia: tornare a quella Galilea”, l’indicazione di marcia: “Dio ci coinvolge in questo suo disegno”. Alla fine, l’omaggio al papa della sua formazione: “Dobbiamo essere tanto grati al papa San Paolo VI, che ha saputo trasmetterci questo amore per la Chiesa, un amore che è prima di tutto riconoscenza, meraviglia grata per il suo mistero e per il dono di esservi ammessi, non solo, di esservi coinvolti, partecipi, di più, di esserne corresponsabili”.
”Che questa sia l’ora in cui la Chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa, la propria origine, la propria missione”, le parole di Paolo VI nel prologo dell’enciclica Ecclesiam Suam, “quella programmatica, scritta durante il Concilio”, e che fa riferimento proprio alla Lettera agli Efesini, al “piano provvidenziale del mistero nascosto da secoli in Dio, affinché sia manifestato per mezzo della Chiesa”. “Questo, cari fratelli e sorelle, è un ministro della Chiesa”, l’identikit del papa: “uno che sa meravigliarsi davanti al disegno di Dio e che con questo spirito ama appassionatamente la Chiesa, pronto a servire la sua missione dove e come vuole lo Spirito Santo. Così era San Paolo apostolo – lo vediamo nelle sue Lettere –: lo slancio apostolico e la preoccupazione per le comunità in lui è sempre accompagnato, anzi, preceduto dalla benedizione piena di grata ammirazione: ‘Benedetto sia Dio…’”.
“Lo stupore: è questo il termometro della nostra vita spirituale”, ha concluso a braccio, riformulando la domanda iniziale: “Caro fratello, cara sorella, come va la tua capacità di stupirti? Ti sei abituato tanto che l’hai persa? Sei capace di stupirti ancora? Che possa essere così anche per noi, stupirci! Che sia così per ognuno di voi, cari fratelli cardinali! Ci ottenga questa grazia l’intercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, in ammirazione del suo cuore”.