Rivoluzione, guerra civile, terrorismo, catastrofe: ma siamo davvero di fronte a un pericolo estremo?
Rivoluzione, guerra civile, terrorismo, catastrofe. Sono termini diventati particolarmente ricorrenti in questi ultimi giorni. Le tensioni che si avvertono, e che sembrano amplificate da una campagna elettorale ricca solo di accuse reciproche ma non di proposte realistiche, alimentano certamente un linguaggio estremo. La rivoluzione è minacciata, ad esempio, dal sindaco di Bari nel caso si ritocchi il Pnrr che, proprio in concomitanza della campagna elettorale, ogni schieramento vorrebbe riscrivere a vantaggio del proprio ambito d’interesse (e forse lo farà). La guerra civile la prevedere il leader dei 5Stelle, Conte, nel caso in cui i partiti di destra, una volta affermatisi alle prossime elezioni, dovessero decidere di cancellare il reddito di cittadinanza lasciando senza pane milioni di poveri (assieme pure a qualche immancabile furbacchione). Di terrorismo Larussa di FdI accusa Conte, per le paure da lui espresse. Catastrofe è una parola sulla bocca di tutti e fa riferimento soprattutto alla ormai ineluttabile crisi energetica che, secondo alcuni soloni, dovremmo scongiurare cuocendo meno la pasta o usando meno il forno! Ovvero: facendo ricorso a quello spirito di solidarietà nazionale in cui gli italiani sono maestri… soprattutto quando si tratta di pagare le tasse!
Questa terminologia evoca modelli storici e letterari che ormai ci parlano dai libri di storia. Poiché in passato forse qualcosa di grave sarebbe accaduto anche per molto meno. Ma oggi, almeno alla luce dell’individualismo assoluto che stiamo vivendo, cresciuto sulle sponde di un consumismo totalizzante, sulla scomparsa delle ideologie e della politica territoriale, possiamo stare abbastanza “sereni”… almeno per un po’. Ma questo non significa affatto che le cose vadano bene o che non ci sia una profonda sofferenza in una parte notevole della popolazione. Povertà crescente, disagio sociale, servizi sempre meno efficienti, inadempienza scolastica (che in Puglia è salita a oltre il 17%), accorciamento della speranza di vita, erosione marcata dei risparmi, chiusure a raffica di imprese e attività commerciali sono fenomeni molto gravi che colpiscono il nostro Paese. E sono sicuramente conseguenza di scelte sbagliate portate avanti per anni, a cominciare dalla politica energetica e dalla spinta consumistica che si propagandava come “illimitata”.
Le stagioni della protesta, l’autunno caldo, gli scioperi a oltranza, i fermenti sociali, le lotte di classe avvenivano quando la società era in crescita, quando era fondata sulla famiglia, sulla solidarietà, su progetti comuni. Oggi una società fondata sull’individualismo, su relazioni instabili, sull’anaffettività, sulla dispersione, sulla furbizia, sull’annientamento della politica, dove trova gli spunti per unirsi nella protesta? Diceva un grande teologo, Negri che l’uomo vale quanto ciò per cui si arrabbia. Se ci arrabbiassimo per chiedere giustizia forse varremmo qualcosa di più.