Confraternite – Giancarlo Roberti: “Vorrei essere il priore di tutti”
Intervista al neo priore della confraternita di san Domenico e dell’Addolorata, chiamato quattro anni fa al ruolo di commissario arcivescovile, in un momento difficile del sodalizio
Da pochi giorni è stato eletto priore della confraternita di san Domenico e dell’Addolorata ma il percorso di Giancarlo Roberti, chiamato quattro anni fa al ruolo di commissario arcivescovile, in un momento difficile del sodalizio, è iniziato nel 1994, 28 anni fa, quando ha deciso di assecondare quel desiderio nato da bambino.
Priore, partiamo da principio. Come è nata questa devozione all’Addolorata e la voglia di diventare confratello?
«Sono nato e cresciuto in Città vecchia e ci ho abitato fino al 1993. Un anno dopo essere andato via ho deciso di entrare nella confraternita. Per me è stato un passaggio naturale, avendo visto fin da bimbo l’Addolorata passare sotto casa».
E quando l’arcivescovo Santoro l’ha chiamata?
«Una grande emozione, non me lo aspettavo. Però ho accettato subito. Mi sono sentito pronto per questo incarico. Credo e spero di aver fatto buone cose, in sintonia con il padre spirituale della nostra confraternita, don Emanuele Ferro».
Tornando ad oggi, si aspettava che i confratelli le dessero questa fiducia?
«Direi di no e mi lusinga. Sono stato super votato. Ho preso 342 voti su 500 votanti. Gli aventi diritto erano circa 1100 ma se ne sono presentati, in linea più o meno con le precedenti votazioni, 500 appunto. Sono contento del risultato perché significa che è stato fatto un buon lavoro negli anni scorsi, quando avevo l’incarico di commissario e che mi è stata data fiducia. Spero, finite le votazioni, di essere il priore di tutti e di far cambiare parere a coloro che non mi hanno sostenuto».
Qual è la cosa più bella che Le hanno detto, quando si è sparsa la notizia?
«Una marea di messaggi, telefonate sia di congratulazioni e auguri per l’incarico ma soprattutto di sprone a guidare la confraternita, custodendo le nostre tradizioni. Noi siamo i custodi del passato. Nell’ultima Settimana Santa l’Addolorata non è stata lasciata un minuto sola, durante il pellegrinaggio. Questo è indicativo dell’attaccamento della città alla Madonna. Vogliamo vegliare, custodire tutto questo».
Dando per scontata la valenza diversa che ha ricevere una nomina diretta da quella dell’assemblea, espressione democratica, cosa cambia concretamente nello svolgimento del suo incarico quinquennale?
«Cambia che non sono più solo nella gestione. La responsabilità ora la condivido con il consiglio di amministrazione, che presiedo. Le decisioni sono del consiglio e per altri aspetti si passa dall’assemblea, che tornerà ad essere un appuntamento sentito. Durante il commissariamento invece non sono previste assemblee».
Quali obiettivi si è posto per questo mandato?
«Incentivare ancora di più il percorso già iniziato con il commissariamento, di avvicinamento al culto dell’Addolorata, coinvolgendo soprattutto i giovani. In questi quattro anni abbiamo accolto 160 novizi e novizie. C’è una devozione fortissima verso nostra Madre, una devozione che cresce di giorno in giorno. L’altro aspetto importante è far comprendere che la confraternita non è solo Settimana Santa ma si vive per tutto l’anno con la Festa grande a settembre, il Natale, le catechesi del martedì, che stiamo pensando anche di sdoppiare per venire incontro alle esigenze di lavoro e vita di tutti e poi attività culturali e soprattutto opere di carità».
Facciamo chiarezza su una delle questioni più dibattute: le gare, il costo dei simulacri, sono talvolta al centro di polemiche, discussioni. Ci vuole spiegare come vengono utilizzati questi soldi?
«Quello che percepiamo il giorno delle Palme, quando si tiene l’assemblea straordinaria per l’aggiudicazione dei simboli, viene utilizzato per le attività della confraternita, soprattutto per incrementare le nostre due opere di carità: il C.A.S.A. e il sant’Anna. Il primo è l’acronimo di Centro Addolorata Sostegno Alimentare, con cui ci occupiamo di distribuire pacchi viveri fornitaci dal Banco Alimentare o attraverso donazioni private spesso di appartenenti alla confraternita. La pandemia ha incrementato i poveri: molti hanno perso il posto di lavoro, tanti precari non hanno continuato a lavorare e tante famiglie si sono trovate in difficoltà. In Città vecchia quindi oltre Caritas parrocchiale della Cattedrale ci siamo anche noi, che siamo passati da 50 famiglie seguite a quasi 200, da 150 a circa 600 persone. Un lavoro forte è stato fatto durante il primo lockdown, dove i confratelli, con le varie precauzioni, hanno consegnato viveri quasi tutti i giorni. L’Opera sant’Anna assiste invece una ventina di persone: donne in gravidanza o madri di neonati e bambini fino a 3 anni. Acquistiamo il latte artificiale e quello che serve per i primi tempi e le seguiamo nel percorso. Questo è il nostro compito primario: aiutare i più bisognosi, soprattutto in Città vecchia dove ci sono molte famiglie che non possono, compresi confratelli e consorelle che si sono trovati in seria difficoltà ma questo non significa che non diamo sostegno pure ad altre situazioni e in altri quartieri della città. Se serve, noi ci siamo».