“Ristoranti contro la fame”, mobilitazione nazionale che unisce buon cibo e solidarietà, torna in tutta Italia fino al 31 dicembre. Un’iniziativa giunta alla sua VIII edizione che oggi, sottolinea Azione contro la fame, assume un valore ancor più importante: dopo alcuni anni di lenta ma costante riduzione, infatti, la fame è tornata a crescere, nel mondo e anche in Italia. Complice la pandemia, l’acuirsi di disuguaglianze socioeconomiche, la crisi climatica e i conflitti, come quello in Ucraina che ha contribuito ad un’escalation dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali, oggi la crisi alimentare globale rappresenta la grande emergenza del nostro tempo. Sono 828 milioni le persone in condizioni di insicurezza alimentare nel mondo, quasi 1 su 10 le persone povere in Italia, ben 1 su 4 quelle a rischio povertà.
Nel corso della nuova edizione, che rientra nell’ambito dell’iniziativa di sensibilizzazione “Mai più fame. Non lasciamolo vuoto”, i clienti, all’interno dei ristoranti, potranno donare, fino al 31 dicembre, due euro scegliendo all’interno del menù il “piatto solidale”, 50 centesimi per la “pizza solidale” e altrettanti per ogni bottiglia d’acqua ordinata. Sarà l’occasione per godere del piacere di un pranzo o di una cena contribuendo all’impegno per liberare il mondo dalla fame.
“Ristoranti contro la fame” finanzierà i progetti della campagna “Mai più fame”: in Sahel, India, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Italia.
“Con un pianeta che è, in realtà, in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti, cure contro la malnutrizione infantile da tempo disponibili, efficaci e a basso costo, progetti di cooperazione in grado di realizzare l’autosufficienza delle comunità vulnerabili, siamo la prima generazione della storia che può eliminare la fame – ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la fame -; motivati dallo stesso nostro auspicio, anche i ristoranti e i partner dell’iniziativa sono pronti a lavorare al nostro fianco per dare cibo a chi non ce l’ha. Gli italiani, oggi, hanno un motivo in più per pranzare o cenare al ristorante o in pizzeria: la solidarietà. Recarsi in uno dei locali aderenti diventa non solo un’opportunità per dare cibo ed alimenti terapeutici ai bambini malnutriti nel Sud mondo ma anche un modo per consentire alle famiglie più vulnerabili del nostro Paese di sconfiggere la fame”.
Info: www.ristoranticontrolafame.it
“Al Governo che sta per costituirsi chiediamo che apra un percorso condiviso per la definizione di un Piano italiano per l’economia sociale, individuando strumenti e norme adeguate a sostenere e sviluppare questo virtuoso modello economico ‘Made in Italy’, capace di coniugare ricchezza economica e ricchezza sociale e di cui il Terzo settore è il principale attuatore”. Così Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore, presentando il documento rivolto al Governo, elaborato a seguito del convegno internazionale sull’economia sociale che si è svolto a Roma il 13 e 14 ottobre. Oltre al Piano italiano per l’economia sociale, declinazione nazionale del Social Economy Action Plan elaborato dalla commissione Europea nel 2021, tra le altre richieste spiccano una ‘Call to action’ per la definizione di economia sociale in Europa, una fiscalità adeguata che tenga conto delle peculiarità del non profit, lo sviluppo di una nuova via nei rapporti fra enti pubblici e Terzo settore attraverso la co-programmazione e la co-progettazione, la condivisione di un programma operativo e di strumenti di lavoro per la raccolta e la valorizzazione delle esperienze di economia sociale sui territori.
“È sotto gli occhi di tutti che l’attuale modello di economia di mercato non riesce a rispondere ai bisogni delle persone e delle comunità: povertà e disuguaglianze aumentano drammaticamente, mentre nascono nuove fragilità che minano pesantemente il tessuto e la coesione sociale”, osserva Pallucchi. “Siamo convinti che investire su una dimensione sociale dell’economia – conclude la portavoce – sia la risposta più lungimirante e più adeguata alle prospettive di sviluppo, tanto economico quanto sociale, del nostro Paese”.
Il sindaco Melucci: «Partono le consulte comunali: mai così tanta partecipazione in città”
Il primo cittadino ha ribadito l’importanza di lavorare “restando uniti e concentrati sulla trasformazione di Taranto”
20 Ott 2022
Come è già avvenuto per la redazione del piano di transizione giusta “Ecosistema Taranto” nel primo mandato, oltre che per grandi eventi come i Giochi del Mediterraneo o la Capitale italiana della cultura, l’amministrazione Melucci torna a calendarizzare un’ampia partecipazione pubblica, con cittadini, associazioni e corpi intermedi del capoluogo ionico, per affrontare in coesione e condivisione i prossimi mesi, che saranno molto impegnativi dal punto di vista socio-economico. Era, per altro, un preciso intendimento elettorale del sindaco Rinaldo Melucci, che va concretizzandosi attraverso la costituzione all’interno dello statuto comunale di vere e proprie consulte permanenti, alle quali secondo eventuali nuove esigenze della comunità potranno, nel tempo, aggiungersi ulteriori luoghi di discussione.
Le consulte previste dall’amministrazione Melucci riguarderanno in prima battuta i settori dello sviluppo in senso lato (dalle infrastrutture al mondo del lavoro), delle professioni (inclusa la formazione e la ricerca), della cultura, dello sport, della qualità della vita (dagli amici animali al rapporto col cibo), del terzo settore in generale, delle fragilità, dei giovani. Le linee guida per la loro istituzione sono già state approvate dalla giunta, nei prossimi giorni saranno disponibili sul sito istituzionale dell’ente le modalità di partecipazione e il calendario degli incontri.
Il sistema delle consulte si aggiunge, nei fatti, ai già esistenti Distretti del commercio, del turismo e dell’innovazione, che dopo i lunghi mesi di stop imposti a Palazzo di città sono in fase di riorganizzazione e rilancio.
Lo scorso mese di agosto, come noto, è poi ripartito il tavolo permanente sul comparto della mitilicoltura, che sta tentando di sostenere gli operatori nel loro percorso di emancipazione da modelli insostenibili, come gli enti preposti intorno alla vicenda delle bonifiche del Mar piccolo.
In ultimo, torneranno presto ad essere riformulati e a riunirsi altri due organismi strategici per l’ente civico: l’Urban Transition Center per il monitoraggio complessivo e la divulgazione del piano locale di transizione giusta, anche attraverso la piattaforma di recente varo di www.ecosistemataranto.it, nonché l’Osservatorio per l’art. 41 della Costituzione, volto prevalentemente agli obbiettivi di carattere ambientale, sanitario e circolare.
«Ringrazio il vicesindaco, gli assessori, i consiglieri comunali, i dirigenti, i numerosi partner istituzionali e quanti stanno contribuendo, in questi primi mesi del nuovo mandato, a rendere dinamico il nostro programma di trasformazione della città – ha commentato il sindaco Rinaldo Melucci – si tratta di un lavoro serio e faticoso, che asseconda le legittime esigenze della nostra comunità e realizza il principio di governance orizzontale di “Ecosistema Taranto”, come per altro già avvenuto negli anni scorsi in occasione del dpp o come avverrà presto per il nuovo pug. Mi sento di affermare che non c’è mai stata un’amministrazione comunale così aperta e non c’è mai stata maggiore e più trasparente partecipazione a queste latitudini. Oggi, davanti ad ogni minima difficoltà del nostro territorio, si sentono voci dalla politica che sollecitano attenzione, è fin troppo facile restare sugli spalti ad infiammare di continuo gli animi, a denigrare la città, senza mai offrire un contributo sostanziale. Come si dice, le chiacchiere stanno a zero, il lavoro è un’altra cosa, anche perché siamo abituati, dopo l’ascolto, a ricercare sempre soluzioni concrete ai problemi. Senza dimenticare che, per migliorare il nostro modello di sviluppo e la qualità della nostra vita, non basta mai il pubblico, occorrono sforzi coerenti e lungimiranti anche da parte dei privati. Sono certo che siamo sulla strada giusta».
“L’impronta e i suoi colori”, una collettiva d’arte a Taranto
20 Ott 2022
“L’impronta e i suoi colori” è un’iniziativa che ogni anno porta la Galleria d’arte L’Impronta a continuare il suo percorso di ricerca e di apertura di spazi significanti, ospitando e confrontandosi con artisti provenienti non solo dalla nostra Puglia ma anche da ogni parte del mondo.
Lo spirito ispiratore delle iniziative dell’associazione ‘L’impronta’ è sempre stata l’idea che l’arte non abbia steccati o paletti e che questi spazi significanti ed espressivi si creino proprio grazie all’incontro, o allo scontro, di linguaggi e tecniche diverse, che portano con sé anche un concetto molto differente di arte e di atto creativo. Quindi in questa esposizione potrete trovare #impronte diversissime come opere ad acrilico, a olio, realizzate in digitale, in foto, in legno, in ferro, perfino le proprie piccole “impronte” con i colori a base d’acqua.
E sicuramente tra queste ce n’è almeno una che potrebbe imprimersi nei pensieri dei visitatori: i fondali di Arturo, le forme geometriche di Margherita e di Francesco, le pirografie di Maria Pia, le creature in rilievo di Rosanna o un’altra delle tante opere esposte.
La mostra “L’impronta e i suoi colori” sarà visitabile a Taranto nella Galleria d’arte “L‘Impronta”, in via Cavallotti 57b, dalle ore 17.30 sino alle 20.30, fino al 22 ottobre 2022.
In sala “Brado” di Kim Rossi Stuart, film di frontiera ruvido e poetico
Dal 20 ottobre esce nelle sale la terza regia di Kim Rossi Stuart: un film di frontiera che esplora il rapporto padre-figlio con uno sguardo ruvido e dolente
Novità al cinema e alla Festa di Roma. Dal 20 ottobre esce nelle sale la terza regia di Kim Rossi Stuart, “Brado”, opera che prende le mosse dal suo racconto “La lotta”: un film di frontiera che esplora il rapporto padre-figlio con uno sguardo ruvido e dolente. Protagonisti lo stesso Rossi Stuart e il talento emergente Saul Nanni. Ancora, all’auditorium, dove è in corso la 17a Festa del cinema, oggi è il giorno del lituano “January” di Viesturs Kairišs, istantanea di una generazione di ventenni nel 1991, mossi dal sogno del cinema e sulle barricate per liberare il proprio Paese, la Lettonia, dalla morsa dall’Unione sovietica. Punto Cnvf-Sir.
“Brado” (al cinema, dal 20/10)
Sono oltre quaranta i titoli tra cinema e Tv cui l’attore romano Kim Rossi Stuart, classe 1969, ha preso parte. Dagli anni Duemila, poi, è passato anche dietro la macchina da presa per raccontare storie di matrice esistenziale e familiare, racconti che si impregnano di sfumature autobiografiche. Dopo il riuscito esordio “Anche libero va bene” (2006), seguito poi da “Tommaso” (2016), Kim Rossi Stuart firma il suo terzo film, quello che ne sancisce di fatto la piena maturità artistica: è “Brado”, tra western urbano e dramma familiare, film intenso e livido che guarda molto in termini stilistici a un cinema di respiro europeo. “Brado” è tratto dal racconto “La lotta”, che fa parte della raccolta “Le guarigioni” (La nave di Teseo) firmata dallo stesso Rossi Stuart; l’adattamento per lo schermo è scritto a quattro mani insieme allo sceneggiatore Massimo Gaudioso. La produzione è targata Palomar, con Sky e Prime Video.
La storia. Italia oggi, Renato (Kim Rossi Stuart) è un uomo solitario, che ha dedicato tutta la sua vita alla costruzione di un ranch dove allevare cavalli da corsa. L’attività però non va più tanto bene, e i debiti aumentano; l’uomo è anche in difficoltà per un braccio rotto. Data la situazione il figlio ventenne Tommaso (Saul Nanni), decide di aiutarlo nonostante i rapporti tra i due siano claudicanti; si prende così una pausa dal lavoro nel settore dell’edilizia acrobatica e si trasferisce al ranch dal padre, dove accetta di allenare un cavallo particolarmente agitato per una gara di cross-country…
@Claudio-Iannone
È “un film di genere – racconta Kim Rossi Stuart – dall’impianto classico, che trascina lo spettatore in un’impresa da compiere. (…) Addestrare un cavallo difficile, recalcitrante, selvaggio (…). Gli eroi, assieme al quadrupede, sono un padre e un figlio che si ritrovano proprio in questa occasione a cercare di sciogliere quel grumo di rabbia, ostilità, rancore, che ha impedito loro per tanto tempo di essere vicini. È un difficile percorso a ostacoli quello che deve compiere il cavallo, ma anche quello che devono affrontare i due per potersi ritrovare”.
Graffia, ma è anche marcato da inaspettata tenerezza l’ultimo film di Kim Rossi Stuart, un’opera che marcia lungo il binario del film di genere, un western contemporaneo di matrice drammatico-esistenziale, dove si intrecciano non pochi temi: il dialogo padre-figlio, il rapporto con la natura; ancora, “Brado” è un romanzo di formazione, un’opera che scandaglia i territori della vita, della morte e della fede.Un film che, a ben vedere, chiede molto allo spettatore in termini emotivi, di cooperazione personale.
Coadiuvata dalla suggestiva fotografia di Matteo Cocco, la regia di Kim Rossi Stuart è salda e abile nel governare un viaggio introspettivo tra ricordi familiari, rimossi e opportunità di pacificazione. Un film denso anche di suggestioni problematiche, a cominciare dal confronto con il tema della morte e la volontà-pretesa dell’uomo di poterla dominare.In un quadro stilistico-narrativo che richiama molto il cinema di Clint Eastwood degli ultimi due decenni, soprattutto “Million Dollar Baby” (2004) e “Gran Torino” (2008), “Brado” ci sfida anche su temi etici: se Renato è incarna l’uomo indurito e reso amaro dalla vita, che ferisce l’altro perché ferito in partenza, Tommaso al contrario sperimenta un percorso di sofferenza e guarigione, scegliendo in ultimo la vita, salvandola.
Dal punto di vista interpretativo, Kim Rossi Stuart e Saul Nanni trovano la giusta amalgama, rendendo vero, potente, quel rapporto padre-figlio a corrente alternata.Se sorprende, poi, la carica espressiva dell’esordiente Viola Sofia Betti nel ruolo dell’addestratrice Anna, risulta invece una conferma la recitazione misurata e versatile di Barbora Bobulova. Sempre molto acuta. Nell’insieme, “Brado” è un’opera che conquista nel tormento, che si apprezza per la sua poesia dolente. Complesso, problematico, per dibattiti.
“January”
Nella cornice del nostro presente, “January” (titolo originale “Janvāris”) del regista Viesturs Kairišs è un film che trova subito una drammatica risonanza: è il racconto della resistenza giovanile (ma anche di adulti e anziani), del popolo lituano tutto, contro la minaccia sovietica, una difesa della libertà nazionale.
La storia. Riga, Lettonia, 1991. Jazis (Karlis Arnolds Avots) è un giovane di 19 anni, che sogna una carriera nel cinema sull’esempio di Ingmar Bergman e Jim Jarmusch. Incerto sul domani e con la paura della leva militare obbligatoria, inizia a frequentare una scuola di cinema dove conosce la coetanea Anna (Alise Dzene). È amore. Il loro legame da un lato si scontra con i reciproci sogni artistici, dall’altro con il duro realismo di un Paese minacciato…
Come sottolinea il regista Kairišs, “January” ricorda “i film urbani della Nouvelle Vague: un giovane che cerca sé stesso, ma non riesce a definirsi. Avevo 19 anni nel gennaio 1991, quindi conosco bene i protagonisti e gli eventi del film”. L’autore traccia un evidente parallelismo tra i tumulti nel proprio Paese di inizio anni ’90 e il clima incendiario vissuto nell’Ucraina di oggi.La prospettiva di racconto, intrisa di rimandi autobiografici, è quella di un ventenne chiamato a confrontarsi con la dimensione adulta, con le scelte che imprimono una direzione indelebile.
Jazis incede lentamente, con il pensiero fisso nel cinema, nell’arte, dimostrando poca fiducia nel futuro: tutto è confuso e precario, in casa, all’università e nella società tutta. Il giovane usa la cinepresa come una lente per guardare il mondo fuori, per decifrarlo; con la camera prova a “sporcarsi” con la vita, ad addentrarsi nelle sue maglie. E conosce anche l’amore grazie al cinema. Quando però la realtà supera la finzione, l’incanto dell’arte va in frantumi e l’urgenza civile prende il sopravvento. Jazis e Anna ridimensionano tragicamente le proprie aspirazioni, costretti a calarsi nella realtà del momento, nella cronaca della resistenza: la cinepresa diventa allora il diario della paura diffusa, dei tormenti di un popolo.
“January” è un’opera che fonde istanze cinematografiche e impegno civile, pagine di ieri e lampi di contemporaneità, attraverso lo sguardo di una generazione che affronta con smarrimento e coraggio l’idea di futuro. Non privo di imperfezioni visive-narrative, “January” si rivela comunque un’opera interessante e valida.
Almeno 17 morti, in gran parte donne, e almeno 80 dispersi: è il bilancio di due naufragi avvenuti nelle acque della Grecia meno di quindici giorni fa. Il primo episodio è avvenuto al largo dell’isola di Kythira, a sud del Peloponneso e il secondo vicino all’isola di Lesbo, nell’Egeo nord-orientale. Secondo il ministro greco dell’Immigrazione, Notis Mitarachis, “Le persone annegano dopo essere salite su imbarcazioni inadatte alla traversata”. L’Unione europea, ha aggiunto, “deve agire” così come la Turchia chiamata ad “impedire tutte le partenze irregolari”. Cresce, intanto, la tensione tra Ankara e Atene, dopo che, due giorni fa, 92 migranti sono stati lasciati nudi in Grecia. Si tratta di persone provenienti in gran parte da Siria e Afghanistan che avevano attraversato il fiume Evros su dei gommoni. Secondo quanto emerso da una ricostruzione delle autorità greche, frutto di una indagine congiunta con i funzionari di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Ue, i migranti sarebbero stati portati sul posto da veicoli delle autorità turche e sarebbe stato ordinato loro di togliersi i vestiti prima di fare la traversata sui gommoni. Ricostruzione rispedita al mittente da Ankara. Sconcerto è stato espresso dall’Unhcr che ha chiesto indagini per fare luce sull’accaduto. Così tra accuse di partenze irregolari e di respingimenti, il numero dei migranti morti in mare aumenta sempre di più.
foto Vatican media/Sir
“Quanto sta accadendo è molto tragico”, commenta mons. Joseph Printezis, arcivescovo di Naxos, Andros, Tinos and Mykonos nel cui territorio insiste anche l’isola di Lesbo, che con Samos, ospita due centri di accoglienza per migranti e richiedenti asilo. Il presule, che ricopre anche la carica di segretario generale della Conferenza episcopale greca, avverte del rischio di “trasformare la questione migranti come uno strumento di pressione politica. In ballo – ribadisce – è in gioco la dignità di queste persone e il rispetto dei diritti umani basilari”. “L’Europa – spiega mons. Printezis – dovrebbe cambiare la sua politica verso i migranti e i rifugiati. Ci sono milioni di persone in Turchia pronte a partire. Si tratta di gente sottoposta ad abusi, discriminazioni, privata della propria dignità. Moltissime persone hanno pagato notevoli somme di denaro per fuggire salvo poi naufragare e trovare la morte nel Mediterraneo. Non è giusto usare migranti e rifugiati come strumento di pressione politica. Sono persone che vanno rispettate nella loro dignità. Gente disperata che tenta soluzioni disperate. Non trasformiamo il mare Mediterraneo in un cimitero. Facciamo in modo che non lo diventi ancora di più. Stiamo andando verso l’inverno e le rotte sono sempre più pericolose”.
“Quanto sta accadendo è molto tragico”, denuncia mons. Printezis. Il presule, che ricopre anche la carica di Segretario generale della Conferenza episcopale greca, avverte del rischio di “trasformare la questione migranti come uno strumento di pressione politica. In ballo – ribadisce – è in gioco la dignità di queste persone e il rispetto dei diritti umani basilari”. “L’Europa – ci spiega – dovrebbe cambiare la sua politica verso i migranti e i rifugiati. Ci sono milioni di persone in Turchia pronte a partire. Si tratta di gente sottoposta ad abusi, discriminazioni, privata della propria dignità. Moltissime persone hanno pagato notevoli somme di denaro per fuggire salvo poi naufragare e trovare la morte nel Mediterraneo. Non è giusto usare migranti e rifugiati come strumento di pressione politica. Sono persone che vanno rispettate nella loro dignità. Gente disperata che tenta soluzioni disperate. Non trasformiamo il mare Mediterraneo in un cimitero. Facciamo in modo che non lo diventi ancora di più. Stiamo andando verso l’inverno e le rotte sono sempre più pericolose”.
“Sembra che la premier in pectore voglia togliere il ministero delle Pari opportunità che rappresenta, invece, un presidio importante di democrazia. Non sono solo simboli, è una questione di sostanza. Bisogna, invece, farlo lavorare meglio, dare al ministero voce in capitolo soprattutto quando si creano nuove leggi, coinvolgerlo in modo che possano davvero avere un peso nella nostra società”. Lo ha detto Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, durante la presentazione al Palazzo Altieri di Roma di “Lavorare dis/pari”, la ricerca su disparità salariale e di genere, realizzata dall’Area lavoro delle Acli nazionali, in collaborazione con il Coordinamento donne Acli.
Monsignor Santoro: “L’arcivescovo coadiutore è un aiuto prezioso per la nostra comunità”
19 Ott 2022
di Silvano Trevisani
“Sono contento di questa nomina, che dimostra che papa Francesco è stato attento a una mia richiesta e l’ha benevolmente accolta. Monsignor Ciro Miniero, nominato arcivescovo coadiutore di Taranto, collaborerà con me, conoscerà la nostra diocesi e potrà succedermi, quando il mio mandato avrà termine, in maniera armonica e consapevole. In questo modo, non ci sarà l’effetto sorpresa ma un affiancamento e un cammino comune”.
Con queste parole, chiare ed esaurienti, l’arcivescovo Filippo Santoro risponde alla nostra domanda circa la funzione inedita, affidata a monsignor Miniero, che ci ha colti di sorpresa, poiché è la prima volta che accade. Gli abbiamo poi domandato:
È evidente che la sua richiesta di un ausilio deriva dall’impegno che il recente incarico di commissario dei Memores Domini le ha richiesto.
Proprio così. L’incarico di commissario dei Memores Domini si è rivelato molto impegnativo: sono stato a visitare le comunità della Spagna, a fare degli esercizi spirituali negli Stati Uniti e nell’America Latina. Poi mi chiedono di andare a visitare le comunità del Kazakhstan, di Mosca e di altre parti del mondo, perché abbiamo una casa a Tokio, una a Shangai… Proprio per poter garantire a Taranto un servizio pastorale degno, viste le mie necessarie assenze, ho chiesto un collaboratore. È un dono del Signore di cui ringrazio il Papa, che ho avuto modo di salutare, in occasione del centenario di don Giussani, sabato scorso a piazza San Pietro e che mi ha detto: “Ti ho dato un bravo collaboratore”. Già nell’affidarmi il nuovo incarico mi aveva detto: “È giusto che tu abbia un aiuto perché il compito che ti ho affidato è molto importante e tengo tantissimo ai Memores Domini, che richiedono una dovuta attenzione. L’impegno che rivolgi alla diocesi di Taranto lo rivolgerai anche a quest’altro compito”.
Quali funzioni avrà l’arcivescovo coadiutore?
Dovrà svolgere le funzioni di vicario generale. È una figura prevista dal Codice di diritto canonico proprio per affiancare il vescovo o l’arcivescovo: una figura specifica di ausilio al pastore con cui viene a collaborare. Poi, in vista del compimento, a luglio prossimo, dei miei 75 anni, scriverò una lettera di rinuncia e il Papa deciderà i tempi della conclusione del mandato, che potrà durare ancora per un certo periodo oppure no, ma intanto viene garantita la continuità importante di tutto ciò che abbiamo attuato. Mi riferisco al rapporto con la Chiesa, con le comunità e a quello che abbiamo messo in atto nei confronti della città e dei suoi problemi, sociali e ambientali. Egli potrà acquisire una conoscenza adeguata della realtà, perché dovunque c’è un segno di rinascita della vita cittadina, siamo presenti per sostenere il meglio per la nostra terra. Tenendolo vicino, posso già illustrargli l’esperienza che stiamo portando avanti. Sarà, comunque, una collaborazione intensa, proficua, che penso porterà buoni frutti.
Potrà essere delegato a occuparsi di questioni specifiche?
Svolgendo le funzioni di vicario generale, avrà una visione d’insieme, poi, alla luce delle sue propensioni, della propria visione, gli chiederò, dialogando con lui, di rivolgere maggiore attenzione a questioni specifiche. Quando lui sarà qui, avrò più spazio anche per visitare le comunità anche durante la settimana. Gli impegni del vescovo, in questa vasta diocesi, sono tanti: di recente abbiamo fatto un sacco di immissioni canoniche dei nuovi parroci, organizzato il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo… La sua collaborazione sarà ad ampio raggio, poi se lui mostra un interesse particolare per alcuni settori, definiremo meglio la divisione dei compiti. In questo tempo cammineremo insieme.
Quando inizierà il suo mandato?
Monsignor Miniero verrà a trovarci nei prossimi giorni e credo che a novembre si trasferirà a Taranto, intanto resta amministratore apostolico della diocesi di Vallo della Lucania, finché non è nominato il nuovo vescovo.
Qualcuno si chiede se questa attenzione che il Santo Padre rivolge alla nostra comunità non possa preconizzare una sua visita.
La visita di papa Francesco l’ho chiesta tante volte ma ora, viste le sue attuali condizioni fisiche, mi sembra ancora più difficile.
La lettera che mons. Miniero ha inviato a mons. Santoro
19 Ott 2022
Pubblichiamo di seguito il testo integrale della lettera che mons. Ciro Miniero ha fatto pervenire a mons. Filippo Santoro.
Venerato e carissimo fratello,
ho accolto con trepidazione, ma anche con gratitudine e serena sollecitudine, la volontà del Santo Padre che, non per presunti meriti ma per sola benevolenza, dopo avermi chiamato, orsono undici anni, alla guida pastorale della diocesi di Vallo della Lucania, ora rinnova la chiamata destinandomi quale arcivescovo coadiutore a codesta venerabile e santa Chiesa tarantina. Sin da ora dichiaro tutta la mia disponibilità a collaborare con la Sua amabile persona. So di poter confidare sulla Sua sapienza pastorale, frutto di un’esperienza maturata dapprima nel contesto dell’America Latina, con la vicinanza ai poveri e agli ultimi e poi consolidata nella conduzione dell’Arcidiocesi di Taranto, così ricca di fede e di risorse umane e spirituali, così ricca di tradizioni storiche e culturali, ma anche così afflitta da problemi sociali e ambientali. Potrò fare tesoro della Sua guida e del Suo insegnamento durante i mesi a venire e questo mi dona uno sguardo più sereno verso il prosieguo del lavoro apostolico nel quale mi sforzerò di profondere tutto il mio umile amore per Cristo, condizione essenziale per pascere la porzione di gregge che il Signore affida alle fragili spalle di coloro che sceglie per il ministero apostolico. La prego, stimatissimo e venerato Confratello, di volerti fare tramite del mio saluto affettuoso a tutta la comunità ecclesiale: ai presbiteri, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici e laiche componenti il santo e fedele popolo di Dio. Da quando l’eccellentissimo Nunzio Apostolico mi ha trasmesso la volontà del Santo Padre vi porto già tutti nel mio cuore e nelle mie preghiere. In esso riservo un angolo particolare per gli ammalati e quanti vivono, per varie cause, disagi esistenziali e sociali di ogni sorta. Una preghiera particolare anche per i fanciulli, i giovani, le famiglie e gli anziani.
So di venire in una Chiesa che si distingue per il fervore della fede, per la vivacità pastorale con le sue molteplici attenzioni al contesto ecclesiale e sociale, per la ricchezza delle tradizioni culturali e della pietà popolare, coltivata con attenzione e amore. Vengo con la consapevolezza di avere tanto da apprendere da voi, ma anche con il cuore aperto a donare quanto ho ricevuto nella Chiesa di Napoli che mi ha generato alla fede e al ministero presbiterale e nel cui duomo ricevetti anche l’ordinazione episcopale e quanto ho maturato in questi undici anni di servizio episcopale nella diocesi di Vallo della Lucania, che ho imparato ad amare e da cui mi distacco non senza sofferenza, ma con immensa gratitudine per la disponibilità al cammino che il Signore ci ha concesso di compiere insieme. Affido la mia interiore risposta alle mani paterne di Dio che ancora una volta mi invita a uscire e ad andare dove Lui mi porta, lasciandomi da Lui condurre nella sequela del suo Figlio crocifisso e risorto e nella luce dello Spirito. Confido nell’intercessione di Maria, stella del1 ‘evangelizzazione, e dei santi Gennaro, Ciro, Pantaleone, Costabile e ora anche di san Cataldo, nostro patrono. Faccio molto affidamento sulle preghiere di tutti voi. Nel Nome del Signore, a te, carissimo fratello vescovo, e a tutti una parola di saluto beneaugurante e benedicente.
Mons. Ciro Miniero nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Taranto
19 Ott 2022
Sua Santità papa Francesco ha nominato monsignor Ciro Miniero, già vescovo di Vallo della Lucania, come arcivescovo coadiutore della diocesi di Taranto.
foto ND
A mezzogiorno di oggi, mercoledì 19 ottobre 2022, mons. Filippo Santoro ne ha dato comunicazione ufficiale.
Chi è mons. Ciro Miniero
Mons. Ciro Miniero nasce a Napoli il 31 gennaio 1958. Dopo le scuole primarie, frequenta l’istituto magistrale, conseguendo il diploma nel 1976.
Percorre l’itinerario formativo nel seminario maggiore arcivescovile di Napoli, fino all’ordinazione sacerdotale ricevuta il 19 giugno 1982. Dopo l’ordinazione, è nominato vicario della parrocchia “Ave Gratia Plena” in Barra, della quale è nominato parroco il 16 gennaio 1989 dal cardinale Michele Giordano.
Dal 1981 al 1989 insegna religione nelle scuole medie statali; dal 1989 al 1992, nel liceo scientifico “Calamandrei”. Nel 1994 è nominato ‘decano’ dell’allora XVIII decanato, incarico che mantiene fino al 1997 quando è nominato vicario episcopale dell’allora VII zona pastorale. Nel 1995 consegue la licenza in Teologia pastorale, discutendo la tesi dal titolo: “Immagine di Chiesa e rinnovamento pastorale nella parrocchia Ave Gratia Plena”, nella Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale – sezione San Tommaso. Nominato economo diocesano nel febbraio 1999, ricopre l’incarico fino al giugno del 2008.
Ha ricoperto i seguenti incarichi:
padre spirituale al seminario maggiore arcivescovile;
membro del consiglio presbiterale;
membro della commissione per la Formazione permanente del clero;
membro dell’equipe diocesana di Animazione pastorale;
membro della commissione regionale per il clero.
Il 4 dicembre 2007 è nominato ‘decano’ del IX decanato dal cardinale Crescenzio Sepe e il 1 marzo 2008 membro del consiglio di amministrazione del seminario arcivescovile.
Il 7 maggio 2011 il Santo Padre Benedetto XVI lo nomina vescovo di Vallo della Lucania.
Attualmente è vescovo delegato della Conferenza episcopale campana del settore Sovvenire, del settore Comunicazione ed Economato.
Chi è un vescovo coadiutore
Nella Chiesa cattolica il vescovo coadiutore svolge il ruolo di vicario generale e di vescovo ausiliare. Il vescovo coadiutore di un’arcidiocesi viene chiamato arcivescovo coadiutore.
Diversamente dai vescovi ausiliari, ai coadiutori è dato il diritto automatico di successione alla sede episcopale; questo significa che il giorno stesso in cui una diocesi si rende vacante, il coadiutore assume automaticamente il governo dellaChiesa particolare. Fino ad allora, il vescovo diocesano nomina il coadiutore come vicario generale
Nella prassi della Chiesa contemporanea, la nomina di un coadiutore è solitamente fatta nei casi in cui un vescovo diocesano sente che non sarà in grado di continuare molto a lungo per ragioni di salute o perché è vicino all’età delle dimissioni. In questi casi il papa a volte assegna un coadiutore alla diocesi in questione per dare al futuro vescovo tempo per conoscere la diocesi che alla fine dovrebbe guidare e facilitare la successione.
Papa Francesco: “Lo stile di Dio è discreto e non si impone”
Il pontefice ha concluso l’udienza, dedicata all’importanza di sapere leggere il libro della propria vita, con un ennesimo appello a pregare per la “martoriata Ucraina”
“Torniamo col pensiero alla martoriata Ucraina e preghiamo per l’Ucraina. Preghiamo per le cose brutte che stanno succedendo lì: le torture, le morti, la distruzione”. Si è conclusa con questo invito, a braccio, l’udienza del Papa in piazza San Pietro, dedicata ad un altro “ingrediente indispensabile” per il discernimento: la propria storia di vita. “La nostra vita è il libro più prezioso che ci è stato consegnato, un libro che tanti purtroppo non leggono, oppure lo fanno troppo tardi, prima di morire”, la denuncia di Francesco: “Eppure, proprio in quel libro si trova quello che si cerca inutilmente per altre vie”. Di qui l’appello preso a prestito da Sant’Agostino: “Rientra in te stesso. Nell’uomo interiore abita la verità’”. “Questo è un invito che io farei a tutti voi, e lo faccio per me stesso”, ha proseguito Francesco sempre a braccio: “Rientra in te stesso, rileggi la tua vita, come è stato il tuo percorso, con serenità”.
“Molte volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza di Agostino, di ritrovarci imprigionati da pensieri che ci allontanano da noi stessi, messaggi stereotipati che ci fanno del male: ‘io non valgo niente’, ‘a me tutto va male’, e tu vai giù, ‘non realizzerò mai nulla di buono’, e tu vai giù…E così è la vita: queste frasi pessimistiche che ti buttano giù”, ha osservato il papa, secondo il quale “leggere la propria storia significa anche riconoscere la presenza di questi elementi ‘tossici’, ma per poi allargare la trama del nostro racconto, imparando a notare altre cose, rendendolo più ricco, più rispettoso della complessità, riuscendo anche a cogliere i modi discreti con cui Dio agisce nella nostra vita”.
“Lo stile di Dio è discreto”, l’indicazione per un sano discernimento: “a Dio piace andare nascosto, con discrezione. Non si impone, è come l’aria che respiriamo, non la vediamo ma ci fa vivere, e ce ne accorgiamo solo quando ci viene a mancare”. Il discernimento, in altre parole, “ha un approccio narrativo”, ha spiegato Francesco: “non si sofferma sull’azione puntuale, la inserisce in un contesto: da dove viene questo pensiero? Dove mi porta questo che sto pensando adesso? Quando ho avuto modo di incontrarlo in precedenza? E’ una cosa nuova o altre volte l’ho trovato? Perché è più insistente di altri? Cosa mi vuol dire la vita von questo?”. “Il racconto delle vicende della nostra vita consente anche di cogliere sfumature e dettagli importanti, che possono rivelarsi aiuti preziosi fino a quel momento rimasti nascosti”, ha assicurato il papa: “Una lettura, un servizio, un incontro, a prima vista ritenuti cose di poca importanza, nel tempo successivo trasmettono una pace interiore, trasmettono la gioia di vivere e suggeriscono ulteriori iniziative di bene. Fermarsi e riconoscere questo è indispensabile, è importante per il discernimento, è un lavoro di raccolta di quelle perle preziose e nascoste che il Signore ha disseminato nel nostro terreno”. “Il bene è nascosto, sempre, perché ha pudore, si nasconde”, la descrizione di Francesco: “è silenzioso, richiede uno scavo lento e continuo”.
“Chiediamoci alla fine della giornata cosa è successo oggi nel mio cuore”, il suggerimento ancora a braccio: “alcuni pensano che fare questo esame di coscienza è fare la contabilità dei peccati che hai fatto. No, è vedere cosa è successo dentro di me: ho avuto gioia, cosa mi ha portato gioia? Sono stato triste, cosa mi ha reso triste? E cos’’ imparare a discernere dentro di noi”. “Abituarsi a rileggere la propria vita educa lo sguardo, lo affina, consente di notare i piccoli miracoli che il buon Dio compie per noi ogni giorno”, ha spiegato il papa: “Quando ci facciamo caso, notiamo altre direzioni possibili che rafforzano il gusto interiore, la pace e la creatività. Soprattutto ci rende più liberi dagli stereotipi tossici”. “Saggiamente è stato detto che l’uomo che non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo”, ha sottolineato Francesco, che poi ha proseguito a braccio: “E’ curioso: se noi non conosciamo la strada fatta in passato, ripetiamo sempre lo stesso, siamo circolari. E una persona che cammina circolarmente non va avanti mai, non c’è cammino: è come il cane che si morde la coda”. “Possiamo chiederci: ho mai raccontato a qualcuno la mia vita?”, il consiglio del papa: “Questa è un’esperienza bella dei fidanzati, quando fanno sul serio si raccontano la propria vita.
Si tratta di una delle forme di comunicazione più belle e intime. Essa permette di scoprire cose fino a quel momento sconosciute, piccole e semplici, ma, come dice il Vangelo, è proprio dalle piccole cose che nascono quelle grandi”. “Anche le vite dei santi costituiscono un aiuto prezioso per riconoscere lo stile di Dio nella propria vita”, l’altra raccomandazione di Francesco: “consentono di prendere familiarità con il suo modo di agire. Alcuni comportamenti dei santi ci interpellano, ci mostrano nuovi significati e nuove opportunità. È quanto accadde, per esempio, a Sant’Ignazio di Loyola. Quando descrive la scoperta fondamentale della sua vita, aggiunge una precisazione importante: ‘Dall’esperienza aveva dedotto che alcuni pensieri lo lasciavano triste, altri allegro; e a poco a poco imparò a conoscere la diversità degli spiriti che si agitavano in lui’”. “Conoscere cosa succede, conoscere, stare attenti”, ha proseguito il papa: “Il discernimento è la lettura narrativa dei momenti belli e dei momenti bui, delle consolazioni e delle desolazioni che sperimentiamo nel corso della nostra vita. È il cuore a parlarci di Dio, e noi dobbiamo imparare a comprendere il suo linguaggio”.
Continuare a fare punti e proseguire nel percorso di crescita. Zittire le voci della protesta, che riecheggiano in riva allo Jonio, tra la tifoseria più scettica verso il presidente Giove: alla vigilia del derby con il Cerignola, turno infrasettimanale per la nona giornata della serie C – girone C, l’obiettivo del Taranto era questo. Allo stadio “Monterisi” è finita 0-0.
IL RISULTATO UTILE. Un punto guadagnato per la formazione allenata da Eziolino Capuano al termine di una partita difficile, nella quale i padroni di casa hanno fatto sicuramente più degli ionici: due traverse e più occasioni. Il primo pareggio stagionale per gli ionici non può che far vedere il bicchiere mezzo pieno. Da sottolineare inoltre che il Taranto è sceso in campo con tante defezioni.
Il match col Cerignola
Al 13’ il primo brivido per la porta rossoblu: mischia in area, scivolata e traversa. Ovvero rischio autogol. Tre minuti dopo, conclusione di Ruggiero con deviazione di Antonini che sfiora il palo alla sinistra di Vannucchi. Ruggiero ci prova dalla distanza al 36. La partita è equilibrata ma è il Cerignola a creare occasioni. Al minuto 41 colpo di testa dello stesso attaccante italo-inglese che, a due passi da Vannucchi, spreca. Dopo due minuti di recupero l’arbitro, il signor Marco Monaldi di Macerata, manda tutti al riposo. Nella ripresa il primo cambio per il Taranto: entra Raicevic per Chapi. Poi Vona prende il posto di Evangelisti. La prima occasione per gli ionici la firma Guida che, di sinistro, dal limite, calcia alto al 58’. Reagisce il Cerignola. Un minuto dopo, è provvidenziale il recupero di Mazza che anticipa in area Malcore. Il Taranto aumenta la pressione. Le squadre si allungano, in favore dei rapidi capovolgimenti di fronte. Al 69’ tiro a giro di D’Andrea e traversa piena. Dopo due minuti occasionissima per i padroni di casa con Malcore che, a tu per tu con Vannucchi si fa respingere il pallone. Al 79’ ancora Malcore si fa parare dall’estremo difensore rossoblu. Nei quattro minuti di recupero il Taranto non corre pericoli.