Hic et Nunc

Colleziona opere d’arte contemporanea per tutta la vita e le dona al Mudi

10 Nov 2022

di Marina Luzzi

Don Francesco Simone, direttore del Mudi, si commuove nel raccontare una storia che non sembra appartenere ai nostri tempi. È quella di Paolo Pace (nome di fantasia), 86 anni, impiegato con figli, una vita semplice, modesta, resa speciale da una grande passione per l’arte. Nella sua casa, don Francesco ha passato l’estate a catalogare opere di Bruno Cassinari, Mario Sironi, Ernesto Treccani, Ottone Rosai, Antonio Rolla, Sante Polito, lo scultore Carlo Zauli, Giuseppe Migneco, Tano Festa, Michelangelo Pistoletto, Antonio Piga, Luigi Guerricchio e tanti altri. Un grande patrimonio di arte contemporanea che questo anziano ha deciso di donare alla Curia ed in particolare al Museo diocesano di Taranto. Ieri nello studio del notaio Vincenzo Davide Greco, a Palazzo Doria Pamphilj, in via del Corso a Roma, è stato firmato l’atto di donazione della collezione di quasi 200 opere, alla presenza dell’arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro, che ha firmato l’atto accettando questa donazione.

«Il signor Pace ha chiamato il centralino della Curia la scorsa primavera, dicendo di avere delle opere da donare. Non era la prima volta che accadeva che qualcuno chiamasse per donare. Pensavo ad un singolo pezzo invece, compreso che si trattasse di un’intera collezione, gli ho chiesto il perché volesse separarsi da tanta bellezza. Mi ha spiegato che sentendo che la sua vita stesse giungendo al termine aveva paura che questo patrimonio andasse perduto. Così ci siamo accordati e sono andato a casa sua, dove si trovavano le opere. Quando le ho viste alle pareti sono rimasto a bocca aperta. C’erano sculture, acquerelli, tavole, olio su tela, tutte della seconda metà del ‘900 e poi 7 opere di arte antica, di cui una tavola del ‘500, una del ‘600 e due del ‘700- racconta il direttore del Mudi – a quel punto mi sono subito  accertato che i due figli fossero d’accordo con la decisione del padre e così anche l’ex moglie, che ne conservava una parte. Mi hanno confermato di essere tutti concordi e -qui la voce si rompe per l’emozione – mi hanno detto che in quelle tele, in quelle sculture, c’è l’anima del padre e loro volevano che rimanesse intatta e fruibile a tutti, rendendo anche noti la fatica e il sacrificio che ha fatto per collezionarle. Così mi sono attivato. Un percorso complesso che ha trovato subito il consenso dell’arcivescovo Santoro, che ha voluto incontrare Pace. Ieri finalmente la firma. Un altro momento emozionante, con il nostro donatore che piangeva a dirotto sentendo il notaio leggere ad alta voce l’atto. Lacrime di felicità – ci ha spiegato – pensando a quante persone ora potranno ammirare questo patrimonio e anche che le sue fatiche così erano state ripagate. Agosto l’ho trascorso a casa del signor Paolo a catalogare ogni singola opera per autore, titolo, materia e tecnica e ovviamente per fare una stima economica, sulla base delle quotazioni dei singoli artisti». Non è dato sapere la cifra ma è facilmente intuibile che parliamo di centinaia di migliaia di euro.
«Allestiremo una parte della collezione penso già per la prossima primavera, parliamo di una novantina di opere circa, poi verrà il resto. L’obiettivo è creare una collezione permanente con un percorso didattico. La mia idea, avendogli promesso di andare a trovarlo, è anche quella di inserire degli audio accanto ad alcune tele, con la sua voce che le spiega. All’interno della collezione trovano posto pure degli artisti di Taranto e della provincia, come Giuseppe Rossetti, Marco Musanti e Benedetto d’Amicis.  Sono tutte opere inedite, nessuno le ha viste e questo ha un valore aggiunto importantissimo anche per il museo, che così diventa un attrattore e poi è bello pensare che l’ente diocesi si apra anche al mondo del contemporaneo, anche se non si tratta di oggetti sacri. Una storia che ho vissuto con grande sentimento, quasi un regalo personale, la dimostrazione che le cose belle accadono ancora»- conclude don Francesco.
Molto contento anche l’arcivescovo della diocesi ionica, mons. Filippo Santoro. «Andando oltre il valore delle opere, l’aspetto interessante di questa storia – sottolinea –  è che quest’uomo voleva che tanta bellezza fosse custodita in un luogo fruibile al pubblico, esente da interessi commerciali e ha pensato alla Chiesa della nostra diocesi, come cultrice dell’educazione della gente, della vita. Ieri, mentre attendevamo di firmare a Roma, mi ha detto che così si realizzava il sogno della sua vita, non mettere al bando le sue opere, non venderle per trarne guadagno. Questa storia è anche una grande dimostrazione della fiducia che la gente ha verso la Chiesa. La bellezza è nutrimento per tutti. Penso a Palazzo Santa Croce, che abbiamo restaurato e fatto diventare un centro di accoglienza per senzatetto. Uno di loro un giorno mi ha detto: ‘io in un posto così bello non ci sono mai stato e mi viene naturale prendermene cura’. Curiamo la bellezza, cureremo anche il cuore dei più fragili».

 


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