La Giornata mondiale dei poveri occasione per “rompere la sordità interiore”
Sordità che tutti noi abbiamo e che ci impedisce di ascoltare il grido di dolore soffocato dei più deboli
In questa penultima domenica del tempo ordinario Paolo e Luca ci aiutano a riflettere sulla condizione umana; il primo, l’apostolo delle genti, affronta con la comunità di Tessalonica il tema della speranza e dell’operosità e chiede loro di allontanarsi da chi conduce una vita disordinata e oziosa. Luca, con le parole di Gesù, invita a vivere il tempo presente con sapienza, discernimento e perseveranza. Il Signore dice che ci saranno distruzioni e persecuzioni, ma, scrive l’evangelista, “non lasciatevi ingannare”, “non andate dietro” ai falsi profeti, “non vi terrorizzate”. L’invito è chiaro: non perdere la fiducia nella parola di Dio. Non è un caso che Luca termini il brano dicendo: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Sorprendente questa frase: Gesù annuncia distruzioni, persecuzioni, sofferenze, eppure invita a non disperare, a perseverare anche nei giorni bui. È il tempo della contraddizione della speranza. Gesù parla dalla città di Gerusalemme che lo vedrà morire sulla croce, città che cadrà nel 70 dopo Cristo, il cui tempio sarà distrutto. Ma è proprio qui che avviene il fatto che pone in secondo piano tutte le altre cose, aprendo il cuore alla speranza: la resurrezione di Gesù.
Nella domenica, Giornata mondiale dei poveri, l’invito che ci viene dalle letture, dice in San Pietro il papa è di non lasciarsi ingannare, di non leggere “i fatti più drammatici in modo superstizioso o catastrofico, come se fossimo ormai vicini alla fine del mondo e non valesse la pena di impegnarci più in nulla di buono”; ancora, di non lasciarci guidare dalla paura magari affidandoci alle “fandonie di maghi o oroscopi, che non mancano mai” o a “qualche messia dell’ultim’ora, in genere sempre disfattisti e complottisti”.
Ecco allora la parola perseveranza. Essere “severi, ligi, persistenti”, dice Francesco, in ciò che sta a cuore al Signore, concentrandoci “su ciò che resta, per evitare di dedicare la vita a costruire qualcosa che poi sarà distrutto, come quel tempio, e dimenticarsi di edificare ciò che non crolla, di edificare sulla sua parola, sull’amore, sul bene; perseveranti, severi e decisi “nell’edificare su ciò che non passa”, ovvero “costruire ogni giorno il bene”.
La Giornata mondiale dei poveri è l’occasione, attraverso le parole di Gesù, di “rompere quella sordità interiore che tutti noi abbiamo e che ci impedisce di ascoltare il grido di dolore soffocato dei più deboli”, di “piangere con loro e per loro” nel vedere “quanta solitudine e angoscia si nascondono anche negli angoli dimenticati delle nostre città”. Lì si vede “tanta miseria e tanto dolore e tanta povertà scartata”.
Nell’omelia in San Pietro papa Francesco dice: “anche oggi viviamo in società ferite e assistiamo, proprio come ci ha detto il Vangelo, a scenari di violenza – basta pensare alle crudeltà che sta soffrendo il popolo ucraino –, di ingiustizia e di persecuzione”. Sull’Ucraina il vescovo di Roma tornerà anche nel discorso dopo la recita dell’Angelus parlando di terra martoriata: “la pace è possibile. Non rassegniamoci alla guerra”; alla “sciagura della guerra che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio”. Oggi molto più di ieri, afferma il Papa nella basilica vaticana, “tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne”.
Di qui l’invito “forte e chiaro” che viene dalle parole del Vangelo a non lasciarci ingannare: “non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi messia che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione”, ha affermato il papa. In mezzo all’scurità “accendiamo luci di speranza”, e nelle situazioni drammatiche cogliamo “occasioni per testimoniare il Vangelo della gioia e costruire un mondo più fraterno, almeno un po’ più fraterno; impegniamoci con coraggio per la giustizia, la legalità e la pace, stando a fianco dei più deboli. Non scappiamo per difenderci dalla storia, ma lottiamo per dare a questa storia, che noi stiamo vivendo, un volto diverso”.