L’arcivescovo Battaglia: “No a navi con armi nucleari: Napoli sia una città di pace e porto franco per i migranti”
Parla l’arcivescovo di Napoli che sabato 19 parteciperà al porto di Napoli alla manifestazione “Fari di pace” promossa da Pax Christi e da un vasto cartello di associazioni cattoliche e laiche
“Vorremmo chiedere a quanti hanno responsabilità di decidere che Napoli sia una città di pace. Una città che rifiuta navi a propulsione nucleare o con armi atomiche a bordo, una città in cui chi arriva dalle violenze dei propri Paesi di origine possa trovare un porto franco, in cui poter avere la certezza dello sbarco perché porto sicuro”. A parlare è l’arcivescovo di Napoli Mimmo Battaglia, che domani, sabato 19 novembre, interverrà alla manifestazione “Fari di pace”, organizzata da Pax Christi e da un vasto cartello di associazioni e movimenti, uffici diocesani, istituti religiosi e sindacati – davanti al porto di Napoli (ore 14, Varco Pisacane). I partecipanti cammineranno poi fino al sagrato del duomo.
Prenderanno la parola don Renato Sacco (Pax Christi Italia), padre Alex Zanotelli (Comitato campano Pace e disarmo), Lisa Clark (Ican), Maria Pia Mauro (Settore Laicato diocesi di Napoli), suor Marisa Pitrella (Caritas), Angelica Romano (Un ponte per), Nicola Ricci (Cgil), Carlo Tombola (The Weapon Watch). I promotori chiedono all’autorità portuale di Napoli, in attuazione della delibera 609/2015 della Giunta del Comune di Napoli per la denuclearizzazione del porto, “di non autorizzare l’accesso in rada alle navi a propulsione nucleare o con armi atomiche” e all’amministrazione cittadina, essendo stata dichiarata “Napoli città di pace” nell’art. 3 comma 4 dello Statuto comunale, di attuare “per un’efficace protezione civile, il Piano di emergenza esterno per incidenti nucleari al porto, Piano approvato nel 2006 dalla Prefettura di Napoli, ma mai divulgato alla cittadinanza”. Alle autorità si chiede anche di aderire, con apposita delibera, all’appello “Italia, ripensaci!”, affinché anche il nostro Paese sottoscriva il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, promuovendo a livello nazionale una progressiva riduzione della spesa militare a vantaggio della spesa sociale.
Una vasta mobilitazione di associazioni cattoliche e laiche per chiedere alle autorità la pace e il disarmo e dire no all’ingresso nel porto di Napoli di navi con armi atomiche o a propulsione nucleare. Mons. Battaglia, perché è importante questa richiesta?
La piccola voce di Napoli si aggiungerà a quella di tanti che nel mondo hanno alzato la propria, affinché non si abbassi l’attenzione ma, anzi, si dia ancora più forza al coro di pace, portando il contributo delle tante associazioni che saranno radunate sabato prossimo, in modo particolare Pax Christi che ha promosso questa iniziativa. La nostra voce non supera il volume del fragore delle armi che in questi istanti deflagrano impetuosamente nelle guerre che sono nel mondo, in modo particolare nella martoriata Ucraina, ma vuole riempire i silenzi che, tra una deflagrazione e l’altra, si innescano nella conta inesorabile e innumerevole dei morti a causa delle armi.
C’è bisogno di smilitarizzare anche il linguaggio per far sì che alle battaglie identitarie si sostituisca la costruzione di un “noi” più grande per edificare il bene comune. Anche le comunità cristiane, le parrocchie, le associazioni e i movimenti che hanno aderito a questa iniziativa sono invitate a proporre percorsi che rispondano in maniera seria ed efficace a questo bisogno del nostro tempo: costruire la cultura della pace, edificare con la gentilezza e la mitezza una società in cui il più grande non schiaccia il più piccolo, non è in competizione e in concorrenza con altri, ma un mondo in cui il più grande è colui che serve e l’altro è sempre un fratello da amare. Napoli sabato accenderà un faro di pace.
Alle autorità cittadine si chiederà anche di aderire all’appello perché l’Italia sottoscriva il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, chiedendo anche all’Italia una riduzione delle spese militari a vantaggio della spesa sociale. Qual è il suo appello?
In tempi passati, con sensibilità storiche diverse, per giustificare la guerra e l’uso delle armi, si è provato a ipotizzare la sua legittimità in casi estremi, parlando di guerra difensiva, guerra giusta, o addirittura guerra santa. Oggi è tempo di rivendicare che solo la pace è giusta, solo la pace è santa, solo la pace crea la fraternità e l’amicizia tra i popoli. Pertanto è auspicabile che vengano promosse politiche nazionali di mediazione nei conflitti internazionali e che vengano ridotte le spese militari a vantaggio della spesa sociale.
È una conversione dello sguardo: si hanno occhi solo per distruggere gli altri senza concedere la possibilità di poter vivere una vita felice nella concordia comune. È vero: i poveri non possono essere chiamati invisibili, ma non visti, perché facciamo in modo di guardare altrove senza impegnarci minimamente o usando la legge per costringere i più fragili a vivere ai margini delle nostre periferie. Gli ultimi, profughi, immigrati sono periferie delle periferie delle nostre città. La pace sta proprio nell’incontrare proprio loro, dare quella speranza che fa ricco il cuore dell’uomo.
A proposito di migranti: è in corso una crisi politica tra Italia e Francia sulla pelle dei migranti ed è tornata la criminalizzazione delle navi umanitarie.
Stiamo assistendo alla guerra della spartizione dei profughi, degli immigrati. Si parla di ingressi selettivi, perché nessuno li vuole; diventano merce di scambio, perché considerati scarti umani o anche carico residuale da smaltire ad ogni costo.
Gli Stati europei non si impegnano per gli immigrati, ma litigano, perché non vogliono il peso degli immigrati. Il non avere occhi nuovi! Questo è il problema. È più facile risolvere la questione rimandandoli a casa loro, perché l’ospitalità risulta più faticosa, più dispendiosa in termini economici e sociali. Ma l’ospitalità apre le porte alla pace, alla concordia, alla venuta degli Angeli, come alle querce di Mamre. Gli angeli prospettarono un futuro di discendenza ad Abramo e Sara. Chi porta la pace, dà vita alla prosperità e rinnova le forze dell’uomo e della donna. Invece non si vuole incrociare i loro occhi, perché la nostra preoccupazione è solo per la nostra sussistenza. Non vogliamo vedere i loro occhi che chiedono solo una vita sicura e felice per il loro futuro. Non sono ladri di posti di lavoro, ma sono uomini e donne che vogliono continuare a sognare, vogliono vedere il cielo aperto per i loro figli.
Quale sarà il suo messaggio ai partecipanti e alle autorità cittadine durante la manifestazione?
Vorremmo chiedere a quanti hanno responsabilità di decidere che Napoli sia una città di pace. Una città che rifiuta navi a propulsione nucleare o con armi atomiche a bordo, una città in cui chi arriva dalle violenze dei propri Paesi di origine possa trovare un porto franco, in cui poter avere la certezza dello sbarco perché porto sicuro; una città che rende possibile ai lavoratori portuali l’obiezione di coscienza per quanti si vogliano rifiutare di lavorare su navi che trasportano armi o a propulsione nucleare. Se contempliamo la bellezza di Napoli dalla collina dei Camaldoli, ci accorgiamo che il nostro territorio è un arco aperto che per sua vocazione naturale ha accolto e accoglie culture diverse, costruisce relazioni tra popoli diversi e si dedica alla cura dei più fragili e indifesi della nostra società. La vocazione della città è quella di essere un luogo spirituale dove tutti si possono confrontare senza avere la paura di essere giudicati. È proprio nel costruire la pace che la nostra città si presenta con caratteristiche uniche e amate da tutto il mondo.