Vita sociale

Acciaio: “Mittal usa i lavoratori come scudo umano per ricattare il governo”. Sciopero e manifestazione

21 Nov 2022

di Silvano Trevisani

“Mittal continua ad utilizzare migliaia di lavoratori della nostra comunità come scudo umano per i propri interessi, per i continui ricatti e pretesti adottati nei confronti del governo italiano”. Per questo i lavoratori sono sul piede di guerra e intendono coinvolgere le istituzioni italiane a tutti i livelli e ieri lo hanno dichiarato al sindaco e presidente della Provincia Rinaldo Melucci, nell’incontro che ha concluso la prima fase della manifestazione. È partita ieri alle prime ore, la mobilitazione generale su cui i lavoratori dell’Ilva puntano per destare l’attenzione della politica e della società su futuro dell’acciaio italiano e dello stabilimento più grande d’Europa, che è poi quello di Taranto. Lo stabilimento è sul punto di cedere definitivamente – hanno gridato i lavoratori e i sindacati – e se si spegne non si riaccende più. Perciò si chiede al Governo di usare tutta la forza per fare in modo che la decisione sulle 145 ditte dell’appalto rientri prima possibile.

La mobilitazione viene articolata, nella prima delle giornate di sciopero proclamato per complessive 48 ore, su tre turni di otto ore con presidi e un corteo è partito dalla portineria tubificio per raggiungere i lavoratori dell’appalto, da dove ha proseguito verso le altre portinerie D ed A per giungere davanti alla portineria Direzione.

A conclusione dell’incontro, il sindaco e presidente della Provincia Melucci e tutte le sigle sindacali della varie categoria che via hanno preso parte, hanno ribadito congiuntamente le priorità da perseguire, a partire dall’acquisizione, da parte dello Stato, del controllo e della gestione degli impianti nazionalizzando o diventando socio di maggioranza, rinegoziando l’accordo che prevede la transizione dei nuovi assetti societari al 2024, anticipandola da subito, stabilendo e vincolando l’utilizzo dei fondi pubblici e la loro destinazione. Inoltre si richiede il ritiro, da parte dei Acciaierie d’Italia, del provvedimento di taglio degli ordini e delle commesse delle imprese dell’indotto.

“Il Governo – si legge nel documento conclusivo – deve costituire un tavolo permanente con tutti i soggetti interessati per subordinare i suddetti finanziamenti ad un indirizzo chiaro da un punto di vista ambientale, sanitario, industriale e occupazionale prevedendo un monitoraggio costante a tutela del rispetto delle condizioni di salute e sicurezza all’interno del sito produttivo di Taranto. Infine: il Governo deve garantire la prospettiva occupazionale dei lavoratori Ilva in AS, emettendo nel frattempo il decreto apposito in legge di bilancio riguardante il rifinanziamento dell’integrazione salariale alla cigs, così come previsto da due accordi ministeriali in essere”.

Tra i lavoratori c’è molta tensione che viene suddivisa tra l’azienda, che non ha mai mostrato vero interesse nella ripresa produttiva e i governi che si sono susseguiti in questi dieci anni.

“Finora – ci dice Giovanni, in cassa integrazione in Ilva AS – abbiamo visto solo mettere delle toppe a un vestito che si strappa da tutte le parti, ma che tra l’altro è corto e non può coprire tutte le vergogne”.

“Le nostre famiglie stanno vivendo momenti drammatici – lamenta Cosimo, dipendente di una ditta dell’appalto – Io non ho avuto il coraggio di dire ai miei che sono rimasto fuori dalla fabbrica, speravo, dopo l’incontro di Roma, che il problema sarebbe stato risolto. Ma ora sanno tutto e io non so più cosa rispondere”.

“Bisogna tutelare i lavoratori di Ilva in Amministrazione straordinaria – sottolnea Vincenzo la neve, rsu della Fim-Cils -, che da oggi sono tutelati dall’accordo del 6 settembre 2018. Quello è il faro per le organizzazioni sindacati di questa vertenza. Guai a cancellarlo”

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