Si è concluso il convegno della Cei-Ucs “Utente e Password. Connessioni e profezia”
Si è chiuso sabato pomeriggio, a Roma il convegno “Utente e password. Connessioni e profezia”, organizzato dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei. La terza e ultima giornata ha offerto l’intervento di Claudia D’Ippolito (Ipsos) che ha mostrato una fotografia “mediatica” del Paese. È seguito un focus sulla comunicazione e il Cammino sinodale, a partire dalla testimonianza delle diverse associazioni impegnate nel campo della comunicazione. Prima delle conclusioni, affidate al direttore Vincenzo Corrado, è stato don Domenico Beneventi, collaboratore dell’Ufficio, a presentare le proposte emerse dai lavori di gruppo, che nella giornata di venerdì hanno impegnato i 140 partecipanti provenienti da 74 diocesi.
La seconda sessione, infatti, è stata ampiamente dedicata alla riflessione e al confronto nei “tavoli sinodali”. Ad introdurre il dibattito è stato mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e sottosegretario della Cei: “Non dobbiamo avere paura di intercettare chi è al di là di noi e del nostro mondo; questo percorso avviato nelle chiese locali deve servire a creare connessioni e a riconciliare gli opposti”. Per questo occorre “uscire dalla logica del ‘si è sempre fatto così’, immaginare con creatività, diventare capaci di incontrare e dialogare”.
Secondo mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona e presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, “la Chiesa deve realizzare quello che la comunicazione esprime, cioè deve generare comunione”. In quest’ottica, “quando la Chiesa si limita ad informare restringe il suo campo d’azione e finisce per essere confusa come una delle tante agenzie presenti e vocianti nell’agorà pubblica, perdendo quella differenza che la preserva dall’assuefazione alla chiacchiera”.
Per Pier Cesare Rivoltella, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore e fondatore del Cremit, è urgente “ripensare la forma della comunicazione” e i “cantieri sinodali” possono essere il luogo e l’occasione per contribuire a “leggere la realtà superando la concezione per la quale la presenza sia sintomo automatico di qualità, riflettere sulla confusione tra emozione e sentimento, andare oltre la cultura dell’accelerazione insistendo sul tema dell’igiene del tempo”.
L’invito di Corrado è stato dunque quello ad “attivare le nostre energie migliori perché questo tempo non venga tradito da falsi profeti, ma sia ricomposto attraverso un’attenta lettura del passato (anche a livello sociale e soprattutto culturale) e venga così aperto nell’oggi a un futuro di speranza. Si tratta d’inserirsi all’interno di una storia che ci precede e che ci seguirà. Non siamo battitori solitari, ma siamo e vogliamo essere tessitori di comunità. E vogliamo farlo attraverso la nobile arte della comunicazione, che non deve mai smembrare ma sempre ricomporre. È il dono della profezia cui siamo chiamati solo se mettiamo da parte gli interessi di parte”.