“Il Pastore mite”: saggio del vescovo Gioia che racconta monsignor Alberico Semeraro
Il pastore mite: un appellativo che si trasforma nel titolo di un libro appena uscito per i tipi delle edizioni TAU. Lo ha scritto Francesco Gioia, arcivescovo emerito di Camerino – San Severino Marche per raccontare la vicenda umana e religiosa di un suo conterraneo, il martinese Alberico Semeraro, che fu per un trentennio vescovo di Oria, mentre lui è originario di San Vito dei Normanni. Entrambi pugliesi, quindi.
Un ampio e documentato volume di circa 350 pagine ricostruisce la missione pastorale di monsignor Semeraro, nato a Martina Franca il 1903, e scomparso il 24 maggio del 2000, cugino dell’arcivescovo di Taranto, Guglielmo Motolese e come lui padre conciliare.
Nell’introduzione, che è affidata a un altro autorevolissimo pugliese, il cardinale Marcello Semeraro, originario di Monteroni di Lecce e che fu tra i successori dell’altro Semeraro sulla cattedra di Oria, fa proprio riferimento alle pagine in cui si parla del loro rapporto. “Nel leggere queste pagine un particolare coinvolgimento l’ho avvertito quando nel capitolo VII dedicato agli ultimi anni di vita, nel rapporto epistolare con mons. Guglielmo Motolese, arcivescovo di Taranto e suo cugino, mons. Alberico Semeraro parla della condizione del vescovo “emerito”. È, per un vescovo, la stagione della vita nella quale la sua “paternità” spirituale e pastorale può giungere alla perfezione”. “Queste pagine, redatte dall’arcivescovo Gioia – scrive il cardinale Semeraro – sono frutto di un’attenta ricerca archivistica, ma anche espressione di un legame dalle profonde e solide radici, sia con la persona di mons. Alberico Semeraro, sia con l’Istituto religioso da lui fondato. Anche questo atto di amicizia, conservata nel tempo, è un’utile chiave di lettura per chi ha fra le mani questo libro”.
E in effetti, la passione che l’autore mette nel ricostruire la vicenda umana e religiosa del vescovo di Oria, e anche la controversia che segnò gli ultimi anni della sua missione pastorale, da lui vissuti come un prova da attraversare per rafforzare misticamente la propria fede, dimostrano come egli stesso si identifichi in qualche modo in lui, anche per le vicende umane che lo hanno riguardato durante il suo vescovato, e faccia emergere la sua personalità, la sua fiducia nella Provvidenza divina, lo spessore di uomo e le preclare virtù che meriterebbero una adeguata considerazione da parte della Chiesa. E in effetti lo stesso monsignor Gioia sottolinea, nella sua nota introduttiva, che “il vero motivo che mi ha spinto ad affrontare questa fatica assomiglia in qualche modo a quella dello scrittore greco Plutarco (45 ca – 125), che a proposito della sua celebre opera Vite parallele (46 biografie in chiave psicologico-morale di personalità greche e romane abbinate spesso artificialmente, confessa: “Ho iniziato a scrivere le biografie per rendere un favore agli altri, ma poi ho continuato l’opera anche per me, servendomi della storia come di uno specchio, in modo da ornare la mia vita con le virtù descritte in quelle”.”
Il volume approfondisce con il rigore di un ricercatore, la controversia che riguardò il pastore, accusato da alcuni sacerdoti per le modalità di organizzazione e gestione di alcune delle numerosissime realizzazioni a cui si dedico durante oltre un trentennio di guida della diocesi, in particolare l’ampliamento del Santuario di Sano Cosimo alla Macchia e l’Ordine delle Oblate di Nazareth da lui istituito e il cui riconoscimento fu molto travagliato. E ricostruisce anche la meritoria attività dell’ordine, impegnato prima in varie locali della diocesi, poi ad Alberobello, a partire dal 1967, quindi a Roma, prima di proiettarsi anche all’estero, prima in Brasile, poi in Nigeria e in India.
Questa controversia, che l’autore chiarisce in maniera approfondita è stata, a suo parere, l’occasione per esaltare le doti mistiche e spirituali di monsignor Alberico Semeraro, la cui opera più importante, per monsignor Gioia, resta proprio la fondazione dell’Ordine delle Oblate di Nazareth. “La vicenda di mons. Semeraro e delle Oblate di Nazareth si sono svolte secondo la logica del Vangelo. Per prima cosa hanno accettato le condizioni preliminari poste da Gesù per tutti coloro che desiderano seguirlo da vicino. (…) Successivamente il Pastore mite e le Oblate di Nazarth, per rispondere alla rispettiva “vocazione speciale” ricevuta, hanno percorso il cammino tracciato per ogni “profeta”: attraversare il sentiero dall’incomprensione “nella propria patria e nella propria casa”, vivendo la notte oscura della “persecuzione” per giungere alla sicura “beatitudine”