Udienza generale

Papa Francesco: “La preghiera non è una fuga dai propri compiti”

Il Santo padre ha concluso l’udienza di mercoledì 30 novembre, dedicata ancora una volta alla consolazione, con un ennesimo appello alla pace

foto Sir/Marco Calvarese
30 Nov 2022

di Maria Michela Nicolais

“L’intercessione dei Santi fratelli apostoli Pietro e Andrea conceda presto alla Chiesa di godere pienamente della sua unità e la pace al mondo intero, specialmente in questo momento alla cara e martoriata Ucraina, sempre nel nostro cuore e nelle nostre preghiere”. Si è conclusa così l’udienza di mercoledì 30 in piazza San Pietro, al termine della quale il papa ha anche assistito, applaudendo a più riprese, ad un fuori programma: l’esibizione, sul sagrato, dei “Black Blues Brothers”, cinque artisti circensi provenienti dal Kenya. Tema della catechesi: come riconoscere la vera consolazione, elemento importante del “buon” discernimento, “per non essere ingannati nella ricerca del nostro vero bene. “C’è una vera consolazione, ma ci sono anche consolazioni che sono vere”, come ci insegna Sant’Ignazio di Loyola: “se mi porta a una cosa che non è buona, la consolazione non è vera, è finta”. Ad esempio, “ho il pensiero di pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo, invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono. Può invece accadere che quel pensiero sorga per evitare un lavoro o un incarico che mi è stato affidato: ogni volta che devo lavare i piatti o pulire la casa, mi viene una grande voglia di mettermi a pregare!”. “Succede questo, nei conventi”.

La consolazione non è “sentirsi un pavone davanti a Dio”: “Se comincio a pregare e, come fa il fariseo della parabola, tendo a compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi sentimenti”, ha detto Francesco a proposito della vera e falsa consolazione. “Può capitare che mi impegni a fondo per un’opera bella e meritevole, ma questo mi spinge a non pregare più, perché sono indaffarato; mi scopro sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a perdere fiducia in Dio”. “Qui evidentemente c’è l’azione dello spirito cattivo”, ha commentato il papa, esortando ad “esaminare bene il percorso dei miei sentimenti”.

“Lo stile del nemico – quando parliamo del nemico, parliamo del diavolo: il demonio esiste – è di presentarsi in maniera subdola, mascherata: parte da ciò che ci sta maggiormente a cuore e poi ci attrae a sé, a poco a poco: il male entra di nascosto, senza che la persona se ne accorga. E con il tempo la soavità diventa durezza: quel pensiero si rivela per come è veramente”.

E’ la parabola della falsa consolazione: di qui l’importanza “di questo paziente ma indispensabile esame dell’origine e della verità dei propri pensieri; è un invito ad apprendere dalle esperienze, da quello che ci capita, per non continuare a ripetere i medesimi errori”. “Quanto più conosciamo noi stessi, tanto più avvertiamo da dove entra il cattivo spirito, le sue password, le porte d’ingresso del nostro cuore, che sono i punti su cui siamo più sensibili, così da farvi attenzione per il futuro”, la tesi di Francesco. “Ognuno di noi ha i punti più sensibili e più deboli propria personalità”, ha spiegato: “e da lì entra il cattivo spirito e ci porta nella strada non giusta, o ci toglie dalla strada giusta”. Per questo è così importante l’esame di coscienza quotidiano: “Prima di finire la giornata fermarsi un po’: cosa è successo non nei giornali, nel mio cuore. È la fatica preziosa di rileggere il vissuto sotto un particolare punto di vista. Accorgersi di ciò che capita è importante, è segno che la grazia di Dio sta lavorando in noi, aiutandoci a crescere in libertà e consapevolezza. Noi non stiamo soli: è lo Spirito santo che è con noi”. “La consolazione autentica – ha spiegato il papa – è una sorta di conferma del fatto che stiamo compiendo ciò che Dio vuole da noi, che camminiamo sulle sue strade, cioè nelle strade della vita, della gioia, della pace. Il discernimento, infatti, non verte semplicemente sul bene o sul massimo bene possibile, ma su ciò che è bene per me qui e ora: su questo sono chiamato a crescere, mettendo dei limiti ad altre proposte, attraenti ma irreali, per non essere ingannato nella ricerca del vero bene”. Per Francesco, occorre “andare avanti nel capire cosa succede nel mio cuore”: “E per questo – ha concluso – ci vuole l’esame di coscienza, per vedere cosa è successo oggi. Cercare la radice di questi sbagli. Imparare a leggere nel libro del nostro cuore: cosa è successo durante la giornata. Fatelo, sono due minuti, ma vi farà bene, ve lo assicuro!”.

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