Dilemmi mondiali: Mbappé sa di grande giocatore, Messi una divinità da celebrare
Alla fine stiamo guardando in tv i Mondiali. Anche se avremmo ragione di boicottarli, per le noti questioni legate ai diritti umani, anche se in Qatar manca la nazionale italiana, magari stiamo guardando più partite di quante ne vedremmo se ci fossero i campioni d’Europa in carica – ci fossero gli azzurri (e lo avrebbero meritato) vedremmo solo loro, con ogni probabilità. Magari la competizione di calcio ci sta pure appassionando. Tra gli elementi di dibattito, c’è la rivalità tra Kylian Mbappé e Lionel Messi. Chi è meglio? Se Mbappé sa di grande giocatore, capace di vincere e di entusiasmare, Messi appare come una divinità. Chi tra i due, a non voler metterci anche un terzo (Cristiano Ronaldo), è il più forte calciatore del mondo in attività? Al netto dei numeri e delle prestazioni offerte in campo, la “Pulce” crea attorno a se un’aura magica. Mbappé, 24 anni da compiere tra pochi giorni, ha la giovinezza dalla sua parte. Avrà tante occasioni per vincere confermando e migliorando il suo talento straordinario. Per Messi, la vittoria del Mondiale rappresenterebbe un premio alla sua carriera, il tassello mancante al sette volte Pallone d’oro, che è stato spesso criticato.
Il calcio si nutre delle rivalità tra i fuoriclasse. Dello scontro tra i tifosi, in senso figurato. Ne giova lo sport in generale. Meglio Messi o Mbappé? Meglio Messi o Maradona, tra i Grandi del passato? E se Messi vincesse il Mondiale, il mito di Maradona si offuscherebbe magari? Nell’86 El Pibe de Oro portò al trionfo la sua nazionale. Ma non per quello viene celebrato. A Napoli, dove fu amato più del suo Paese natale, continuerebbe ad essere idolatrato, anche se Messi dovesse vincere questo Mondiale.
Oltre il calcio
Comunque la si possa pensare, è bello assistere intanto alla festa dei popoli chiamati a raccolta per l’evento quadriennale. È bello vedere la festa e il folklore degli africani. Lo sport vissuto in questa dimensione, che gli è più congeniale. Pensiamo all’ultimo match del Senegal contro l’Inghilterra, agli ottavi di finale: nonostante la sconfitta che la loro nazionale stava maturando, anche pesantemente sul campo, i sostenitori tra gli spalti non hanno mai smesso di tifare. Una lezione per tutti. Per gli europei, che sanno solo rumoreggiare.