23 dicembre: “pensieri sparsi sul Natale”
Linda e Antonio sono due sessantenni, sono i genitori di Luca un trentenne disabile grave, da sempre su una di quelle carrozzine spaziali e ingombranti. Luca sorride, usa gli occhi soltanto. Comunica con i genitori quando lo stimolano con le mani sulla pancia, lo massaggiano, lo solleticano un po’. Ogni tanto emette dei risolini o dei lamenti. Quando scaricano tutto l’armamentario dalla monovolume gli sguardi intorno sono pregni dei sentimenti e dei giudizi più discordanti. Pietà, compassione per questo uomo gravemente disabile oppure per i suoi genitori impegnati e totalmente dediti a lui. In realtà Linda e Antonio sono sereni nonostante i ritmi serrati ed una vita, diciamocelo, totalmente sacrificata. Visti dal di fuori il peso che portano è enorme. Senza ipocrisie dovremmo ammettere quella convinzione che si affaccia nel cuore di tutti: in questi casi è meglio che una persona così se la prenda il Signore. Linda e Antonio credo che ad un’affermazione del genere reagirebbero con violenza, tradendo il loro sorriso quotidiano e la loro conosciuta giovialità.
Ognuno ha un ideale di vita da vivere, possibilmente lontano dalla sofferenza e dalla prova. Vogliamo tutti essere felici ma in realtà se ci si chiede cosa sia questa felicità non lo sappiamo. Ricordiamo alcuni momenti in cui abbiamo sentito un sentimento vicino alla felicità ma non lo sappiamo definire, probabilmente il ricordo è legato malinconicamente a qualcuno che non c’è più, ad una carezza di cui avremmo voluto approfittare più a lungo. Per il Vangelo la felicità sembra essere invece non un sentimento o tantomeno una condizione di lontananza dalla sofferenza. La felicità è pienezza di una vita riempita di missione e di presenza. Le cose prendono senso dal di dentro quando nel fondo della nostra viene posto Lui. Non ci sono felici o infelici, ma uomini e donne abitati o disabitati dal cuore deserto. Linda e Antonio hanno imparato ad amarsi in Luca, il loro donarsi ha travolto le loro giornate e in realtà non saprebbero come affrontare la vita un giorno che Luca non ci sarà più. Perché la vita di Luca è sempre appesa ad un filo. L’amore non è banale. I panorami più belli e che più ci avvicinano all’infinito si stagliano su orizzonti vertiginosi ma dopo aver scalato vette e aver rischiato la vita.
Intanto la Chiesa oggi canta:
O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli.
Vieni a salvarci; o Signore nostro Dio.
O Emmanuele significa Con Noi Dio.
Dio abita nelle nostre case.
Far nascere Dio nella stalla del cuore è portare il Principio della vita all’origine e al fine di ogni cosa,
trasfigurando un’esistenza che dall’esterno può impaurire perché segnata dal dolore,
in una fonte di luce, di pace e di gioia.
L’Emmanuele è il re e il legislatore,
sulle cui spalle è il segno della potestà.
Spalle incurvate dal peso della pecorella smarrita e dalla croce.
Un giogo leggero e soave, capace di donare ristoro.
Vieni Emmanuele, salva la mia vita dal di dentro, rendendola piena, non ho paura della sofferenza, ho paura di una vita che non conosce l’amore che salva!