Biagio Conte, l’uomo che ha riconosciuto Cristo
nel volto degli “abbandonati” dalla società
È tornato dal suo Signore, a causa di una malattia, il missionario laico che ha fondato la Missione Speranza e Carità che accoglie oltre 600 tra poveri, migranti e senza dimora
Fratel Biagio Conte, fondatore della Missione di Speranza e Carità a Palermo e di altre cittadelle per i poveri in Sicilia, malato da mesi di tumore al colon, si è spento, nelle prime ore di 12 gennaio 2023. Torna al Creatore, a Dio Padre che ha sempre amato, a Gesù che ha riconosciuto in ogni piccolo fratello ultimo – come lui ci ha insegnato a chiamarli, gli abbandonati della società – incontrato per la via, allo Spirito Santo, che sempre è stato “in mezzo” fra lui, e gli accolti, fra lui e quella fetta, privilegiata, di mondo che l’ha conosciuto.
Chi come me, come tanti in questa martoriata e bellissima Palermo, in questa disgraziata e grandiosa Sicilia, chi come me è cambiato, conoscendo fratel Biagio, non può trovare, subito, parole adeguate al dolore che ci rapisce, insieme alla sua anima che vola. Ha accolto e salvato nel corpo migliaia di persone. Le ha vestite, nutrite, accudite, dando una casa, un riparo, una sicurezza. Si è occupato anche della loro anima, accarezzandoli con lo sguardo, accettandoli, ammonendoli pure quand’era necessario, indirizzandoli verso il bene, un lavoro, verso l’abbandono di droghe, alcol, perché tornassero ad avere decoro di sé. Non ha tralasciato neppure il loro Spirito perché smarriti e senza fede, li ha sorretti, con umiltà; amati, con veemenza ed entusiasmo, per primo, per far loro intendere come ami il Padre di tutti noi, il Padre d’ogni uomo e donna, d’ogni religione e credo religioso. Per ciascuna di queste persone, oggi, è un giorno di pianto e di ringraziamento.
Non si sa come in tanti dovranno andare avanti, ma tutti sanno che Biagio continuerà a stare dalla loro: dalla parte degli ultimi. Contro le guerre, le ingiustizie, l’immoralità, l’avarizia, l’accidia, la superbia che ammorbano la terra, rendendola spesso disumana, innaturale, incivile, quasi invivibile. Eppure, non tutto è perduto, ognuno può far qualcosa; ognuno può e deve impegnarsi per migliorarla, questa società.
È questo il testamento spirituale che fratel Biagio ci lascia e dobbiamo tenere custodito nel cuore: mettendo in alto Dio, con “retta fede, speranza certa, carità perfetta”, divenire profeti – come lui ha fatto – del nostro tempo, seguendo la “via maestra”, privilegiata: degli scartati, degli sconosciuti, dei senza nome a cui dare dignità. Ma anche la via dei vicini di casa, dei familiari, degli amici, d’ogni creatura che ci guarda, chiede ascolto, ci interpella ad esserci per lei.
Fratel Biagio, nelle sue lunghe, periodiche, lettere, aveva, peraltro, parole di benedizione per tutti, anche per i politici, i sindaci, le forze dell’ordine, i capi di Stato, gli arcivescovi, il santo Padre, Papa Francesco, che ha ricevuto nella Missione Speranza e Carità, in occasione della visita del Pontefice a Palermo. Aveva uno sguardo che sapeva andare lontano, oltre la siepe dell’immediatezza, del contingente, dell’utilità dei rapporti, per andare all’essenzialità di questi ultimi, per “restare in cordata”, gli uni con gli altri, non solo verso Dio, ma verso una società più equa, giusta, rispettosa. “Restiamo uniti per un mondo migliore, insieme possiamo farcela”, aveva detto appena giovedì scorso durante la messa che si celebrava alle ore 12 nei pressi del suo giaciglio.
La salma del missionario laico resterà, per essere visitata, nella camera ardente di Via Decollati 29 a Palermo, fino a lunedì prossimo. Secondo il volere del sindaco, Roberto Lagalla, Palermo ha proclamato il lutto cittadino, con bandiere a mezz’asta in tutte le sedi comunali e nelle scuole fino al funerale di fratel Biagio che sarà celebrato martedì 17, alle ore 10.30, nella Chiesa madre, la Cattedrale. Sarà attivo un grande servizio d’ordine, dal momento che si attendono circa dieci mila fedeli.
Il Cielo da oggi sarà più blu: fratel Biagio darà manforte a Dio. Oltre al pianto, vi è, dunque, la gioia. Tornano alla mente, le parole nel Vangelo di Giovanni: “Ora prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1-11). “Io non ho conosciuto personalmente Biagio – riferisce, fra i vari, il giudice palermitano Andrea Compagno – ma ho incrociato il suo sguardo una volta. Anche Biagio, come Gesù, ha amato i suoi fino alla fine, e questo fa di lui un testimone vero”.