È l’ora della vera concorrenza
Il presidente Mattarella sabato ha firmato il decreto carburanti, ma è un azzardo, una vera e propria sconsideratezza, addossare tutte le responsabilità alla sola speculazione. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha reintrodotto le accise sulla benzina sospese dal governo di Mario Draghi e la conseguenza è stata l’aumento dei prezzi della benzina. Tutto già previsto quindi, mentre non del tutto normale è il linguaggio, utilizzato addirittura da esponenti politici, nel quale il comportamento dei gestori alla pompa è stato messo alla berlina e definito speculativo. Forse può anche apparire noioso, ma è giusto ricordo che siamo in regime di libero mercato e che, in regime di libera concorrenza, ognuno è libero di stabilire i propri prezzi come giudica più corretto: non esiste, né nella legislazione, né nei testi di economia aziendale, un prezzo giusto, così come un profitto giusto. Se un automobilista giudica il prezzo alla pompa dove si è fermato troppo elevato individuerà un altro distributore e, se è obbligato a rifornirsi lì perché in rosso fisso, acquisterà la quantità di carburante che gli sarà sufficiente per giungere a un altro distributore. In Italia, ce ne sono migliaia di distributori in concorrenza fra loro con prezzi stabiliti liberamente ed è anche questo sproporzionato numero, di gran lunga superiore a tutti gli altri paesi in Europa, che è causa di maggiori costi che, appena possibile, vengono rovesciati sui prezzi. Vietati sono invece gli accordi sui prezzi, i noti cartelli, e su questo è indispensabile che intervenga l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, anche se è molto poco probabile che le strategie dei distributori, in conseguenza dell’aumento delle accise, appariranno fra loro coordinate e agevoli da scoprire. Un commento a parte può valere pe la operatività dei gestori dei distributori sulle autostrade i quali hanno un certo potere di mercato nei confronti di chi si ferma per una sosta e non ha facili alternative. Anche se si conosce questa situazione quando si accede in autostrada, questo contesto può far risultare necessario un intervento del governo, meglio però se fatto nei periodi di normalità. I pannelli informativi dislocati lungo i tratti autostradali e non solo, allo scopo di informare gli automobilisti sui prezzi dei carburanti presso le diverse pompe, non sono certo tanto efficaci perché le indicazioni contenute sfuggono ai più. Scomparso dal decreto carburanti il tetto al prezzo in autostrada: sarebbe stata una misura discutibile che avrebbe portato a far allineare i prezzi al tetto massimo con il risultato conclusivo di bloccare il meccanismo della già rara concorrenza esistente. Il governo è anche intervenuto imponendo che i consumatori siano informati sul prezzo medio sul territorio nazionale, oltre che sul prezzo praticato da quella stazione di rifornimento: questa ulteriore informazione è però parziale e non fornisce nessuna indicazione sulle alternative disponibili nelle zone più prossime. E alla disordinata diversità dell’informazione di questi ultimi giorni manca una parte importante: le società petrolifere che sono all’origine dei prezzi su cui, successivamente, i distributori, sia quelli che operano sulla rete autostradale che sulle strade ordinarie, possono influire in base ai costi della stazione di servizio. Il Ministero delle imprese e del made in Italy, che già rileva quotidianamente i dati sui prezzi del carburante su tutto il territorio, potrebbe rendersi promotore di un sito web di facile consultazione e, se il caso, di una app sugli smartphone per facilitare scelte di acquisto di carburante avvedute. Insomma, se società petrolifere e gestori delle stazioni di servizio sapessero che gli automobilisti sono informati sulle diverse convenienze alternative, agirebbero in modo più serio nel fissare il prezzo di vendita. Un intervento davvero efficace potrebbe risultare quello di riesaminare le aliquote dell’Iva sui carburanti che cambia all’aumentare dei costi di produzione mentre il gettito delle accise varia al variare delle sole quantità vendute. Ormai da molto tempo, ma con scarso interesse da parte dei diversi governi, i consumatori chiedono la riduzione dell’aliquota Iva che, se fosse correttamente studiata e gestita, potrebbe anche avere luogo a immutato gettito complessivo con uno studiato intervento sugli aumentati costi del carburante e la contemporanea riduzione dell’aliquota. Il governo potrebbe avvalersi dell’Eni, società per azioni della quale lo Stato ha il controllo attraverso la golden share, per studiare la soluzione più opportuna e meno costosa per il consumatore, alla fine più corretta per il mercato.