Il decreto salva-Ilva sarà modificato: così l’incontro col ministro Urso
Un piano nazionale per la siderurgia, con un investimento produttivo di 750 milioni per rifare l’Afo 5 a una centrale elettrica adeguata, un accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area di Taranto e l’avvio già entro il 2023 delle prime iniziative che portino alla decarbonizzazione: sono questi gli impegni presi dal governo per il futuro dell’ex Ilva, in vista del cambiamento di assetto di Acciaierie d’Italia, con l’acquisizione della maggioranza da parte dello Stato che però, com’è noto, è slittata al 2024, per via delle vicende giudiziarie.
Si è concluso così in maniera interlocutoria, ma non definitiva, giudicata positiva dagli interlocutori istituzionali e industriali, ma con varie perplessità parte dei sindacati, l’incontro svoltosi ieri pomeriggio a Roma tra le parti sociali e il ministro alle Attività produttive Adolfo Urso, mentre in strada continuava il presidio dei sindacati, che avevano indetto lo sciopero della siderurgia.
La prima novità più importante, a questo punto, è che il decreto salva-Ilva non è stato pubblicato ma sarà discusso in Parlamento dopo le eventuali verifiche che verranno apportate a conclusione del confronto.
Per quanto riguarda il piano industriale, l’azienda prevede di produrre 4 milioni di tonnellate nel 2023, 5 milioni nel 2024, una quantità che sarebbe ancora nei limiti di pericolosità individuati dagli analisti ma che per i sindacati è insufficiente a garantire il rilancio e il ritorno al lavoro dei cassintegrati.
A spiegare gli investimenti in programma è stata Lucia Morselli, amministratore delegato dei AdI: “Uno degli investimenti che faremo e inizieremo quest’anno è il rifacimento di Altoforno 5. Perché rifarlo? Perché per arrivare alla conclusione del piano illustrato dal presidente Bernabè serve continuare a produrre e se Afo4 è a posto, appena rifatto, Afo2 è in condizioni più delicate.” Un altro investimento è sulla centrale elettrica, che deve garantire molta energia. Ma per quanto riguarda la cassa integrazione, non ha lasciato intravvedere esiti positivi a breve termine: per incassare i finanziamenti occorrono mesi e intanto i costi continuano però a salire.
Urso, da parte sua, rispondendo ai giornalisti al termine dell’incontro ha spiegato che quell’investimento spetterà ai soci nelle proporzioni attualmente detenute nella società per il 38% allo Stato e il 62% al socio privato. “Ma sapete che il governo si è impegnato a garantire una copertura finanziaria a garanzia dei costi con una formula che ci consente in ogni momento di trasformare quella somma in quote”. Il ministro ha espresso la convinzione che la siderurgia italiana possa rappresentare davvero un asse fondamentale per l’industria italiana ed europea e che a Taranto si possa fare dal polo siderurgico più grande d’Europa un modello per l’intero pianeta. Il governo ha chiesto all’azienda un cronoprogramma per un rilancio e una riconversione industriale green.
“l ministro – è il commento di Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl – ha dato la propria disponibilità a modificare il decreto. Ora dovremo valutare quali, in un confronto serrato”
“Abbiamo chiesto che i soldi siano condizionati a una ripresa produttiva vera e a una diminuzione degli ammortizzatori, il ministro ci ha risposto che tra un mese ci sarà un nuovo incontro per approfondire questo aspetto. C’è poi una novità, positiva ma pericolosa: l’accordo di programma, che a Piombino, Genova e Bagnoli ha voluto dire chiusura dell’area a caldo. Noi non chiuderemo l’area a caldo di Taranto. Ma discuteremo su come riformulare per proposte. Solo con i decreti Acciaierie d’Italia non è destinata a uscire da sola dalla crisi”.
Positivo il commento del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci che definisce questa una “giornata storica”. “Nelle parole del ministro abbiamo riscontrato ampia sintonia con la nostra visione – ha dichiarato –; il fatto che abbia accolto la prospettiva di un accordo di programma, che noi chiediamo dal 2018, rende quella di oggi una data storica. Senza questo passaggio, senza accordo e piano nazionale della siderurgia, anche quest’ultimo elemento fondante della nostra relazione ripreso dal ministro, non c’è futuro per l’ex Ilva. Vogliamo credere che il Governo rispetterà gli impegni assunti, siamo pronti a dare il nostro apporto e a sorvegliare gli interessi primari della comunità”.