La domenica del Papa – Le tre sfide
Nella tradizione tornata dopo la pandemia, due ragazzi dell’Azione cattolica si affacciano con il Papa per leggere il loro messaggio al termine del mese dedicato alla pace
Che grande scena si deve essere presentata agli occhi di Gesù, il quale “vedendo le folle, salì sul monte”, leggiamo in Matteo. Più che una montagna forse è una collina che degrada verso il mare di Galilea. Un albero crea ombra per chi vi trova riparo sotto i suoi rami. Si siede chiama gli apostoli e, forse, avrà guardato quella moltitudine di poveri, stanchi per la strada percorsa, per ascoltare il giovane maestro. Forse anche affamati, come sappiamo dalle letture, dal miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Sotto quell’albero, con lo sguardo rivolto alla folla che arrivava a lambire l’acqua del lago di Tiberiade, Gesù, secondo la tradizione, pronuncia il discorso della montagna, il primo dei cinque grandi discorsi sul regno di Dio. Una terra che abbiamo conosciuto solo domenica scorsa come Galilea delle genti, terra in gran parte pagana.
Duemila anni più tardi Giovanni Paolo II incontrerà proprio su questo luogo i giovani, nel suo viaggio in Terra Santa e dirà loro: “siamo seduti su questa collina come i primi discepoli e ascoltiamo Gesù. In silenzio ascoltiamo la sua voce gentile e pressante, gentile quanto questa terra stessa e pressante quanto l’invito a scegliere fra la vita e la morte”. La montagna ha un valore simbolico. memoria del Sinai, le tavole della legge. Ed è sul monte che Gesù convoca il popolo di Israele, memoria e nuova consegna della volontà di Dio.
Con Francesco torniamo su questa collina e seguiamolo nel commento alla prima beatitudine, dedicata al poveri in spirito “perché di essi è il Regno di Dio”. Chi è povero in spirito, ricorda il papa, “fa tesoro di quello che riceve; perciò, desidera che nessun dono vada sprecato”. E i poveri in spirito cercano di non sprecare nulla; Gesù dopo il miracolo della moltiplicazione “chiede di raccogliere il cibo avanzato perché nulla vada perduto”.
Indica tre sfide il vescovo di Roma: “non sprecare il dono che noi siamo”. E commenta: “Gesù ci ricorda che siamo beati non per quello che abbiamo, ma per quello che siamo”. Poi, la seconda sfida: “non sprecare i doni che abbiamo”. Nel mondo, dice Francesco, ogni anno si spreca “un terzo della produzione alimentare totale. E questo mentre tanti muoiono di fame”. I beni non si sprecano, vanno “custoditi e condivisi, in modo che a nessuno manchi il necessario”; così chiede di diffondere “un’ecologia della giustizia e della carità, della condivisione”. Infine, non scartare le persone. È un no alla cultura dello scarto perché “ciascuno è un dono sacro e unico, ad ogni età e in ogni condizione. Rispettiamo e promuoviamo la vita sempre. Non scartiamo la vita”.
Domenica in cui, nella tradizione tornata dopo la pandemia, due ragazzi dell’Azione cattolica si affacciano con il Papa per leggere il loro messaggio al termine del mese dedicato alla pace. Per Francesco occasione per un appello ai luoghi dove la pace è tradita, a cominciare dalle nuove violenze in Palestina, dieci persone uccise tra cui una donna, e in Israele, sette ebrei uccisi e tre feriti davanti una sinagoga. “La spirale di morte che aumenta di giorno e in giorno non fa altro che chiudere i pochi spiragli di fiducia che ci sono tra i due popoli – ha commentato -. Dall’inizio dell’anno decine di palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri a fuoco con l’esercito israeliano. Faccio appello ai due governi e alla comunità internazionale affinché si trovino subito e senza indugio altre strade che comprendano il dialogo e la ricerca sincera della pace”.
Ha quindi parlato delle “condizioni disumane” in cui nel Caucaso meridionale vive la popolazione civile armena a causa del blocco del corridoio di Lachin, dura da 50 giorni, da parte degli azeri. Ancora la martoriata Ucraina; oggi, dice avendo accanto i ragazzi dell’Azione cattolica che hanno riflettuto sul conflitto in atto nel cuore dell’Europa “il nostro impegno e la nostra preghiera per la pace devono essere ancora più forti”.
E infine chiede preghiere e pace per il Congo e il Sud Sudan, paesi che si appresta a visitare. Nel primo ci sono scontri armati causati dallo sfruttamento delle ricchezze del paese. Il Sud Sudan è “dilaniato da anni di guerra, non vede l’ora che finiscano le continue violenze che costringono tanta gente a vivere sfollata e in condizioni di grande disagio”.