Teatro

‘Lo zingaro’, il monologo di Marco Bocci al teatro Orfeo di Taranto

foto Martino Marzella
28 Feb 2023

“Non esiste curva che non si possa superare”: questa la frase che è un filo conduttore del bellissimo lavoro teatrale ‘Lo Zingaro – storia di un pilota sconosciuto’, magistralmente interpretato dall’attore Marco Bocci.

È lo stesso attore che si racconta rivelando una parte della sua vita, tenendo con il fiato sospeso, fino alla fine che cerca se stesso e il legame che lo lega al destino del suo mito Ayrton Senna, morto ad Imola il 1° maggio del 1994.

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Ricordo

Oggi, martedì 28 febbraio, nella parrocchia Santa Rita si celebra il 18° anniversario della morte di don Giussani

28 Feb 2023

Sarà celebrato nella parrocchia Santa Rita di Taranto (in piazza Santa Rita), martedì 28 febbraio alle ore 20.30, il diciottesimo anniversario della Salita al Cielo di don Luigi Giussani con una santa messa presieduta dall’arcivescovo, mons. Filippo Santoro.

Nella stessa celebrazione, si ricorderà il 41° anniversario del Riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione

 

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Arte

Sabato 4 marzo, inaugurazione della mostra d’arte “Mulieribus”, dedicata alle donne

28 Feb 2023

La mostra d’arte “Mulieribus” giunge alla sua nona edizione. Organizzata come ogni anno in occasione della Giornata internazionale della donna, sarà inaugurata alle ore 18 di sabato 4 marzo, nell’atelier della “Bottega Mastro” a Grottaglie.

Il patron dell’evento, il professor Oronzo Mastro, ha voluto dedicare l’edizione di quest’anno a Beatrice Cenci, rappresentata nella locandina in un particolare tratto dal dipinto “Ritratto di Beatrice Cenci in carcere”, attribuito in un primo momento a Guido Reni, di seguito ad Achille Leonardi, successivamente presumibilmente a Ginevra Cantofoli (1599).

Nobildonna di una delle famiglie romane più antiche e facoltose, fu protagonista della tetra vicenda che provocò la rovina della sua famiglia. Figlia di Francesco (1549-1598), uomo dissoluto e violento, dal quale subì abusi e violenze, fu confinata con la matrigna Lucrezia Petroni nella rocca di Petrella Salto, nel Cicolano (prov. di Rieti), dove divenne l’amante di Olimpio Calvetti. Con questo e con suo fratello Giacomo, per riavere la libertà, si sbarazzò del padre, facendolo precipitare da un balcone. Il processo che seguì, voluto da Clemente VIII, si concluse con una condanna che voleva colpire, con la sua violenza, nei responsabili dell’ultimo delitto tutte le malefatte dei Cenci: Beatrice fu decapitata davanti a ponte S. Angelo, insieme al fratello Giacomo e alla matrigna Lucrezia. La sua figura, idealizzata dal popolo come una vittima innocente degli orrori della sua casa (tanto da essere definita la “vergine romana”), fu oggetto di una letteratura vastissima: si ricordano i racconti dello Stendhal e di Dumas padre, le tragedie di Shelley, di Słowacki e di G. B. Niccolini, i romanzi dell’Ademollo e del Guerrazzi, i drammi di A. Artaud e A. Moravia.

“Attraverso la narrazione della vita di Beatrice Cenci – spiega il maestro Oronzo Mastro – e alle opere ad essa collegate, vogliamo raccontare le vicissitudini che tutte le donne sono costrette a vivere, dai Paesi più democratici, ai Paesi in cui vigono leggi che le mortificano nello spirito e nel corpo, limitandone ogni libertà. Dai Paesi occidentali, in cui le donne sono costrette a farsi carico dei maggior pesi familiari e a recepire stipendi più bassi rispetto a quelli degli uomini, ai Paesi mediorientali in cui ogni loro libertà è limitata, quando non proprio inesistente. Basti pensare a ciò che sta accadendo in Iran, in Afghanistan o nella maggior parte dei Paesi del Sud Est Asiatico, del Medio Oriente e del Nord Africana”.

“Ma è interessante ed avvilente, anche guardare il vecchio continente – aggiunge Mastro – in cui i dati del Gender Equality Index dell’European Institute for gender equality (che prende in considerazione lavoro, soldi, tempo, salute violenza), posizionano l’Italia al 14esimo posto, con un punteggio di 63,8 contro una media europea del 68. Una classifica che vede in vetta Paesi come la Svezia (con 83,9), la Danimarca (con 77,8) e l’Olanda (con il 75,9)”.

Saranno trentanove i partecipanti che quest’anno hanno voluto esporre le loro opere, per sensibilizzare sulla condizione della donna: Silvio Amato, Maria Arces, Claudio Ardizio, Barbara Bovio, Alfredo Caldiron, Giulio Caprio, Antonio Caramia, Mino Carriere, Eugenio Cerrato, GP Colombo, Tommy Ducale, Adele Filomena, Fausta Roussier Fusco, Mauro Roussier Fusco, Milena Gallo, Elda Gavelli, Mirella Gelmetti, Giannina Gobatto, Rita Intermite, Marcello F. Ippolito, Maria A. Bussi Leverone, Cristina Mantisi, Rosy Mantovani, Francesco Mastro, Oronzo Mastro, Enrico Meo, Mariolina Morciano, Flavia Neglia, Gennaro Orazio, Alberto Petrelli, Antonella Preti, Maria R. Quaranta, Vincenzo Russo, Luigina Soloperto, Dino Spagnulo, Giovanni Spagnulo, Lidia Tangianu, Vanda Valente, Rita Viareghi.

Come ogni anno, oltre ad ospitare le opere di artisti conosciuti a livello nazionale ed internazionali, la collettiva sarà anche un’occasione per scoprire nuovi talenti artistici.

Le opere in mostra nell’atelier, saranno descritte durante l’inaugurale dalla professoressa Vincenza Musardo Talò, storico e critico d’arte.

Durante la serata di chiusura del 19 marzo, associazioni, società e singoli cittadini, uniti dall’amore per l’arte e dalla sensibilità nei confronti dell’argomento centrale della mostra, consegneranno una targa di gradimento ad alcuni artisti che espongono le loro opere.

Si potrà visitare la mostra “Mulieribus – IX edizione”, il venerdì, il sabato e la domenica dalle ore 19 alle 21, fino a domenica 19 marzo.

L’ingresso alla mostra è gratuito

 

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Drammi umanitari

Migrantes: il cordoglio per le morti in mare in Calabria

foto Ansa/Sir
28 Feb 2023

di Pierpaolo Felicolo *
Cordoglio e preghiera per le vittime, vicinanza ai superstiti ma anche sconcerto per l’ennesimo nubifragio avvenuto all’alba di ieri mattina sulle coste di Cutro, in Calabria. Gli immigrati morti in mare sono “come una spina nel cuore” ha detto papa Francesco durante il suo primo viaggio del pontificato avvenuto a Lampedusa. 62 i morti finora accertati: tra loro anche bambini. Uomini, donne e bambini di cui non conosceremo forse mai i nomi, ma che si aggiungono alla lista dei tanti morti nel Mediterraneo diventato un vero e proprio cimitero. Non possiamo più vedere immagini strazianti come quelle viste dai soccorritori ieri in Calabria. Mentre sulle spiagge di Steccato di Cutro si procedeva a raccogliere ciò che resta di un uomo, di una donna, di un bambino senza vita, all’ospedale sono stati accolti i superstiti, quelli, racconta la direttrice Migrantes della diocesi di Crotone-Santa Severina, sr. Loredana Parisi – nel disastro hanno riportato ferite, anche gravi. Tra queste persone “la disperazione di una donna, molto provata e ferita, che incessantemente chiama la figlia morta che non ha potuto salvare…Dal reparto di pediatria le urla sono di una piccola bambina, anche lei ferita, anche lei piange e si dispera perchè cerca una mamma che non può più rispondere. Intere famiglie sono morte in quest’orrore, tutte accomunate dal desiderio di una vita migliore”. Storie che chiedono un rinnovato impegno di solidarietà e di responsabilità, perché sia vinta l’indifferenza che fa dimenticare queste tragedie, perché sia finalmente superato un disimpegno per una nuova stagione umanitaria che accompagna e non abbandona persone in fuga da primavere e inverni umani. Sono nostri figli e fratelli. E difendere la loro vita è sacro. La “profonda tristezza” e “acuto dolore” che attraversano il Paese dopo questo ennesimo naufragio, come ha detto il card. Matteo Zuppi, chiedono un supplemento di umanità.
Come Fondazione Migrantes ci uniamo all’appello della Chiesa Italiana e alla preghiera di papa Francesco che ancora una volta ieri ha fatto sentire la sua vocepregando “per ognuno di loro, per i dispersi e per gli altri migranti sopravvissuti” e ringraziando quanti hanno portato soccorso e stanno dando accoglienza.
* direttore generale Fondazione Migrantes

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Salute

28 febbraio, Giornata mondiale delle malattie rare

Lega del filo d’oro: oltre la metà degli utenti arrivati nel 2022 al centro diagnostico della fondazione presentava una malattia rara

28 Feb 2023

In occasione della Giornata mondiale delle malattie rare (Rare Disease Day), la Fondazione riaccende l’attenzione su alcune di queste patologie – come la sindrome di Norrie, Usher, Goldenhar o la mutazione del gene SCN8A e ALG3 – che oggi rappresentano le principali cause di sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale. Nella presa in carico delle persone che ne sono colpite è necessario garantire un approccio globale ed interdisciplinare attraverso interventi sanitari, educativi e riabilitativi, promuovendo inoltre l’importanza dell’intervento precoce per i bambini al di sotto dei 4 anni.

Si tratta di un eterogeneo gruppo di patologie accomunate da una bassa prevalenza nella popolazione, ma che sono molto più diffuse di quanto si pensi. Nel loro insieme, le malattie rare interessano 30 milioni di persone in Europa e almeno 300 milioni nel mondo. Soltanto in Italia si stima siano oltre un milione le persone che ne sono colpite e, nella maggior parte dei casi, hanno un esordio nella prima infanzia.

In particolare, le malattie rare che conducono alla Lega del Filo d’Oro sono fortemente disabilitanti e gli utenti seguiti dalla Fondazione, insieme alle loro famiglie, affrontano quotidianamente sfide durissime per la complessità dei loro bisogni e la carenza di cure risolutive. L’approccio educativo riabilitativo per lo sviluppo dei sensi residui e delle abilità resta centrale e rappresenta l’unica via in grado di garantire il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile. Nella presa in carico di un bambino con malattia rara l’intervento precoce diventa fondamentale e fa leva su un percorso globale ed interdisciplinare.

“Oggi la sordocecità e la pluriminorazione psicosensoriale sono causate sempre più frequentemente da prematurità e da malattie rare. Si tratta di disabilità complesse, in cui la minorazione sensoriale si affianca ad altre disabilità”, spiega Patrizia Ceccarani, Direttore Tecnico Scientifico della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e membro del Comitato Scientifico del progetto “Scienza partecipata”, recentemente avviato dall’Istituto Superiore di Sanità per diffondere la conoscenza delle malattie rare e raccogliere idee concrete per migliorare la vita quotidiana di chi ne è affetto.

“Quello che fa la differenza nella presa in carico di queste patologie – prosegue – è la metodologia: alla Lega del Filo d’Oro si basa su un approccio specifico volto ad insegnare agli utenti, attraverso programmi di riabilitazione personalizzati, ad utilizzare le loro potenzialità e abilità residue per fornire la miglior risposta alle loro esigenze individuali. Inoltre, i nostri operatori lavorano per facilitare l’autonomia, l’inclusione, l’utilizzo delle tecnologie assistive e l’interazione con l’ambiente, mettendo l’esperienza della Fondazione al servizio delle famiglie, che per noi hanno un ruolo centrale. Da un lato, infatti, sono parte integrante del percorso di educazione e riabilitazione dei loro figli, dall’altro hanno bisogno loro stesse di aiuto, sostegno e vicinanza per potersi orientare nella complessa condizione di dover assistere una persona con pluridisabilità”.

Quella delle malattie rare è sempre stata una sfida molto articolata, con costi economici, sociali ed emotivi importanti. Uno dei principali problemi è stato finora rappresentato dalla mancanza di equità per i malati rari, che neanche a livello nazionale godevano degli stessi diritti e accedevano in modo disomogeneo ai trattamenti e alle cure. Tuttavia, sono stati raggiunti traguardi molto importanti tra cui, a livello internazionale, la Risoluzione ONU sulle malattie rare e, a livello nazionale, l’entrata in vigore della Legge 175/2021, che punta a garantire cure innovative e screening attraverso l’uniformità dell’erogazione di prestazioni e medicinali; ad aggiornare costantemente l’elenco delle malattie rare e dei livelli essenziali di assistenza; a riordinare e potenziare la “Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare”; a sostenere la ricerca scientifica.

Quando ci si ritrova però di fronte alla diagnosi di una malattia rara, i genitori si sentono smarriti in un mondo sconosciuto, in cui è difficile orientarsi. Ma alla Lega del Filo d’Oro le famiglie possono contare sul sostegno di un’équipe interdisciplinare che le accompagna passo dopo passo: vengono informate dei loro diritti, vengono supportate nel favorire i contatti con la rete locale o nell’ avviarli se ancora non ci sono. L’obiettivo è cominciare a costruire un progetto di vita che vada al di là degli aspetti sanitari, ma che coinvolga tutti gli ambiti e tutta la famiglia, dalla scuola ai servizi sul territorio.

Per rispondere ancora meglio ai bisogni di salute dei propri utenti, la Lega del Filo d’Oro nel 2022 ha rafforzato la collaborazione con la Scuola di Pediatria dell’Università Politecnica delle Marche: gli specializzandi prestano la loro attività per un mese al Centro Nazionale di Osimo, immergendosi anche negli aspetti infermieristici, educativi e riabilitativi del percorso.

L’importanza dell’intervento precoce per i bambini al di sotto dei 4 anni

Per agire tempestivamente e prevenire gli eventuali effetti secondari della pluriminorazione psicosensoriale, alla Lega del Filo d’Oro, con i bambini al di sotto dei 4 anni, si opera attraverso l’intervento precoce che ha una durata di tre settimane. Perché è proprio nelle prime fasi dello sviluppo del bambino che si possono ottenere le migliori risposte, identificando e valorizzando tempestivamente le potenzialità e le abilità residue. Una volta giunti al Centro Diagnostico della Fondazione, un’équipe interdisciplinare effettua un’approfondita valutazione delle abilità, potenzialità e caratteristiche di ogni bambino/a ed imposta un progetto di vita affinché l’utente sia in grado di trarre il meglio da ogni elemento e da ogni risorsa a sua disposizione. Fondamentale è il lavoro sui prerequisiti, quindi vanno costruite con pazienza tutta una serie di abilità, lavorando sul fronte sensoriale, cognitivo e motorio, ovvero su tutte le tappe dello sviluppo. Al termine delle settimane di soggiorno viene restituita una diagnosi funzionale da cui poi si sviluppano i programmi personalizzati educativo-riabilitativi che proseguiranno a casa, in collaborazione con la famiglia. Il trattamento verrà poi ripetuto periodicamente. I metodi e gli strumenti utilizzati sono studiati e adattati caso per caso e fra questi non mancano le tecnologie assistive, ausili tecnologici a supporto dell’intervento educativo-riabilitativo che ampliano le possibilità e le potenzialità della persona offrendo, ad esempio, l’opportunità di apprendere un sistema comunicativo (attraverso comunicatori e switches).

La campagna #unmondodisì per donare speranza a tanti bambini sordociechi e con gravi disabilità

“Non può, non riesce”, è la frase ricorrente che molti genitori si sentono dire prima di arrivare alla Lega del Filo d’Oro. Proprio come è successo alla famiglia di Edoardo, protagonista del nuovo spot della campagna “Un mondo di sì” dedicata ai donatori regolari. Edoardo ha 7 anni ed è affetto dalla mutazione del gene SCN8A, una sindrome rarissima, scoperta da poco, che causa pluriminorazione psicosensoriale. Non vede, non parla, non cammina e ha bisogno di assistenza 24 ore su 24. Ma grazie all’aiuto dell’équipe interdisciplinare della Fondazione è riuscito ad uscire dall’isolamento nel quale si trovava e per lui e la sua famiglia è iniziato un mondo di possibilità. I donatori regolari supportano il lavoro quotidiano della Lega del Filo d’Oro volto a trasformare i “no” in tanti “sì”. Per sostenere la campagna basta chiamare il numero verde 800.90.44.50 e parlare con una persona del servizio donatori, comunicando l’importo scelto e la periodicità della donazione. La stessa procedura si può fare su unmondodisì.it con pochi click. La cifra scelta può essere variata in qualsiasi momento ed è sempre possibile interrompere l’adesione.

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Ecclesia

Uomo, dov’è tuo fratello?

foto Ansa/Sir
28 Feb 2023

di Enzo Gabrieli

Terrore, paura, buio e morte nel Mediterraneo. Una nuova tragedia!
Naufraga ancora la nostra umanità! Nello specchio di mare di Cutro una carretta del mare, partita forse dalla Turchia, si spezza tra i flutti e il mare ingoia altre sessanta vittime, molte delle quali bambini e minori.
Ci sommergono flutti morte, come torrenti impetuosi la morte appaga la sua fame, apre le fauci a uomini e donne in cerca la speranza, ai quali questo inalienabile diritto tante volte è negato.

Sui tg si consuma nuovamente il teatrino: fiumi di parole, vesti strappate e capi cosparsi di cenere, dopo un silenzio lungo su questo grande dramma, durato mesi, su una vicenda che interroga e chiede ancora una volta: dov’è tuo fratello?

Si tratta di un cainismo, forse indiretto, ma che tante volte fa girare il volto dall’altra parte per non vedere un fenomeno che prosegue silenzioso anche se non ne parliamo sui giornali o in tv. Poi irrompe la cronaca e via con i pellegrinaggi, le promesse, gli impegni e gli appelli.
Cose che sembrano quasi inutili, forse doverose, all’occhio del cronista ma soprattutto di chi è rimasto in vita, dopo aver visto morire amici e familiari a cento metri dalla riva.

Qualche mese fa il professor Sgarbi, in una lectio su “Europa e Mediterraneo” tenuta nell’abbazia florense di San Giovanni in Fiore ha presentato un dipinto. Si trattava del “quarto stato” di Giovanni Iudice nel quale l’artista rappresenta il doloroso destino degli emigranti africani approdati sulle coste siciliane. Il critico d’arte ha fatto cogliere ai presenti come quella umanità rassegnata, “incapace di decidere il proprio destino” porta su di sé il fallimento della speranza. “Il cammino percorso da quel popolo si è interrotto proprie sulle nostre coste”, affoga in quel mare Mediterraneo rappresentato in passato nella sua luminosità, e che oggi si trasforma in un mare di morte.

Il mare della speranza, del sogno, della fraternità che diventa terribile mostro, nemico da affrontare. E i viaggi della speranza si rivelano, per i disperati, battaglie con la morte, pellegrinaggi verso il nulla di una vita che si incaglia o è ingoiata da una crescente indifferenza.

Quanto ne parleranno le cronache, di questo ennesimo naufragio? quanto saremo coinvolti emotivamente questa volta?
Rischiamo di macinare anche questo evento tra i tanti accadimenti. E forse non sentiremo che il Creatore ci chiede ancora conto della vita, del diritto alla speranza di questi fratelli.
Il teatro istituzionale continuerà per un po’, fino alla prossima distrazione, con il rimbalzo delle responsabilità. L’Europa sarà sempre più lontana. E il continente del mare nostrum diventerà la terra del mare mostrum.

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Drammi umanitari

Strage di migranti nel crotonese, mons. Savino: “No a certi decreti governativi, servono politiche alte e altre”

foto Ansa/Sir
28 Feb 2023

di Fabio Mandato

Il vento forte nell’aria calda che sferzava sabato sera la Calabria sembrava già un’anomalia. 25 febbraio, la colonnina di mercurio nella serata crotonese a registrare 17 gradi. Qualche ora dopo, quel vento così forte da far volare un po’ di tutto ha spezzato l’imbarcazione di fortuna che si aggirava nel Mediterraneo, generando distruzione e morte. Sessanta vittime, tra cui quattordici bambini, tragicamente rimbalzati sulla spiaggia di Steccato di Cutro (Kr) o rimati a giacere nel mare che li ha inghiottiti. Un triste spettacolo, con indumenti e oggetti finiti sulla battigia, a dire ancora una volta la morte tragica. Tra la terraferma e il barcone, le onde alte come un muro invalicabile per tanti, troppi inermi. Chi è rimasto vivo, ha visto le acque inghiottire i propri bambini e i compagni di un viaggio nato nella speranza e finito nel dolore.

I soccorsi. Unanime il cordoglio delle Istituzioni per le vittime di un’area dello Jonio calabrese troppo spesso alla cronaca per i continui sbarchi di migranti. Il pensiero rivolto da papa Francesco nel corso dell’Angelus è stato un balsamo nella difficile mattinata crotonese. A Steccato sono arrivati ambulanze, vigili del fuoco, Capitaneria di Porto e Guardia costiera, insieme per favorire le operazioni di soccorso, evidentemente non facili. In 60 sono stati portati presso il centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, accompagnati da un’equipe di psicologi della Croce Rossa. Sbarcati, spaesati, impauriti. Lacrime e dolore a Cutro. Tra i presenti in prima linea la Caritas diocesana di Crotone-Santa Severina, che si è resa disponibile per ogni esigenza. Don Stefano Cava, direttore dell’Ufficio, insieme ai suoi collaboratori si è subito recato sul luogo del naufragio. “Ci stiamo adoperando per qualsiasi esigenza, appena avvenuta la tragedia abbiamo visto di persona la situazione nella zona del dramma: i morti sulla spiaggia, la presenza purtroppo di morti in mare”. In costante interlocuzione con le autorità che si sono occupati degli sbarchi, “la Caritas diocesana è pronta – ha detto don Cava -. Domenica mattina abbiamo subito provveduto a portare indumenti al pronto soccorso e ci siamo resi disponibili anche per le prime necessità, cioè per la fornitura di cibo e acqua, ma ci hanno comunicato che i pazienti ricoverati in ospedale hanno prima bisogno di un intervento farmacologico, per cui il primo rifocillamento è stato affidato al nosocomio”.

Intanto si è scatenata una vera e propria gara di solidarietà. Il comune di Isola Capo Rizzuto ha invitato i cittadini ad offrire con urgenza tutine, mutandine, pantaloni e quant’altro utile per i bambini. E molti crotonesi, spontaneamente, hanno raggiunto il nosocomio cittadino recando qualcosa di utile.

La vicinanza dei vescovi calabresi

Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Cei – come preannunciato da un comunicato stampa dei vescovi calabresi – è andato sul luogo della tragedia in rappresentanza della Cei “per un momento di preghiera e per esprimere la prossimità e la vicinanza di tutta la Chiesa italiana”. Ieri sera, intanto, mons. Savino è già intervenuto sull’accaduto: “Dinanzi alla nuova tragedia che si è consumata causando decine di vittime, donne uomini e bambini, non possiamo stare zitti. È l’ora di svegliare le coscienze. È l’ora della profezia. È l’ora della politica, di politiche alte e altre. Diciamo di no a certi decreti governativi che di fatto ci mettono nella condizione di registrare sempre queste sciagure in mare”. Di “naufragio dell’umanità” hanno invece parlato i vescovi calabresi in un comunicato stampa. “Esprimiamo il profondo dolore e lo sconcerto per l’ennesima tragedia che si è consumata nel mare della nostra regione e invitiamo tutte le comunità cristiane a manifestare con la preghiera e la solidarietà, una concreta vicinanza alle vittime”, hanno affermato i presuli delle Chiese che sono in Calabria.

Ricordando che “nessuno può rimanere indifferente”, i vescovi hanno inteso “elevare un invito accorato rivolto a tutti, a non rimanere inerti, a immaginare nuove strade solidali che possano permettere al nostro Mediterraneo di non essere più uno scenario di morte”.

Da parte sua l’arcivescovo di Crotone – Santa Severina, mons. Angelo Raffaele Panzetta, di ritorno a Crotone da una visita pastorale, si è recato sul luogo della tragedia per una benedizione alle salme e, dinanzi alle gravi immagini del naufragio, ha parlato di “una speranza ridotta a brandelli”, confidando di avere “nel cuore una certa indignazione perché non c’è dubbio, che vedere quasi sessanta buste piene di esseri umani che avrebbero potuto essere accolti diversamente ci dà da pensare e riempie il cuore di tristezza”.

La denuncia di Migrantes. “Quella di domenica mattina è una tragedia annunciata, perché l’aver interrotto il lavoro delle Ong e i provvedimenti di Frontex significa non presidiare il mare e non permettere di recuperare le imbarcazioni e farle arrivare in sicurezza”. Lo ha detto Pino Fabiano, direttore dell’Ufficio regionale Migrantes. “L’appello è quello di provvedere ad evitare che questi eventi succedano ancora, e questo attraverso l’apertura di canali umanitari sicuri e di una presenza in mare di navi con un programma europeo”. Il dramma di Steccato di Cutro deve far alzare il livello di guardia anche per i fenomeni successivi. “Il recente terremoto in Turchia e Siria inevitabilmente provocherà un afflusso ulteriore di persone che arriveranno in Europa: si tratta solo di attrezzarsi per dare risposta alle esigenze. C’è bisogno di un nuovo tempo di fraternità, di una nuova scommessa, perché come cristiani non possiamo girarci dall’altra parte”.

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Sport

I campioni del mondo ospiti della Prisma: se ne torneranno carichi di meraviglia

foto G. Leva
27 Feb 2023

di Paolo Arrivo

Una settimana di passione. Quella che avvicina la Gioiella Prisma Taranto alla sfida di domenica prossima per la penultima giornata della regular season, quando in riva allo Jonio sbarcheranno i campioni del mondo di Perugia. Comunque vada a finire, se ne torneranno in terra umbra carichi di meraviglia: in senso sportivo, qualora dovessero essere presi a bastonate dalla squadra sfavorita, che ha le motivazioni a mille; in senso letterale, dopo aver trovato accoglienza in una terra generosa, ricca di bellezza e di risorse. L’auspicio, la sensazione, è che ci saranno applausi per tutti a fine incontro.

La Prisma sogna l’impresa un po’ meno impossible

Il valore della squadra che ha vinto il Mondiale per club di volley non si discute. Tuttavia un piccolissimo segnale di cedimento lo ha dato il roster che a sorpresa non ha messo le mani sulla Coppa Italia: nella Final Four, sabato scorso, è stata fatta fuori da Piacenza con un secco 3-0. La stessa formazione di coach Botti si è poi aggiudicata il trofeo sconfiggendo Trento, sempre in tre set. La sconfitta di Perugia ci dice che nessuno è imbattibile nel mondo dello sport. Ma anche che verosimilmente i campioni del mondo si presenteranno ancora più affamati nel capoluogo ionico, intenzionati a riscattarsi e a prolungare l’imbattibilità in Superlega, per dare un chiaro segnale alla concorrenza.

La spinta del Palamazzola

Un aiuto in più, per la Prisma, potrebbe venire dai suoi sostenitori, che saranno numerosi: più di mille i biglietti venduti in soli 3 giorni. La prevendita procede quindi a gonfie vele. Bene ha fatto la società di Bongiovanni a ridurre i prezzi dei tagliandi a 7 euro. Scelta che, se fosse stata adottata prima, avrebbe garantito più pubblico (anche più incasso) nelle scorse partite della Superlega. Quando a fare la differenza, nel confronto con l’avversario di pari livello, possono essere proprio gli spettatori.

Il duello a distanza con Siena

Il solo punto di distanza dal fanalino di coda della Superlega non fa dormire sonni tranquilli al mago di Turi Vincenzo Di Pinto. La buona notizia, per lui e per la città che rappresenta l’intero Mezzogiorno nel massimo campionato nazionale di volley, è che Siena ha perso la gara di recupero, sconfitta per 3-0 dalla Lube Civitanova. La Prisma ringrazia un Ivan Zaytsev in gran spolvero e prova a centrare l’obiettivo della salvezza contando solo sulle proprie forze.

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Ecclesia

Mons. Perego (Migrantes): “Accogliere e tutelare le persone in fuga, superando i tempi della burocrazia”

foto Afp/Sir
27 Feb 2023

“Il 24 febbraio 2022, la guerra tra Ucraina e Russia iniziata nel 2014 nel disinteresse di tutti, subiva un’accelerazione con l’invasione del Donbass da parte delle truppe russe. Da quella data la guerra è diventata mondiale, ha coinvolto tutti sul piano economico, sociale, politico e militare. Sul piano economico la guerra ha innescato una crisi a partire dal costo del gas, ma anche dal blocco del grano”. Lo scrive mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente Cemi e Migrantes, in una nota sull’anno di guerra in Ucraina. “Sul piano sociale è iniziato un esodo di 7 milioni di persone, di cui 3 milioni e mezzo hanno preso la strada dell’Europa, 170 mila hanno raggiunto l’Italia, generando un nuovo mondo di richiedenti asilo e protezione internazionale. Sul piano politico abbiamo assistito alla creazione di fatto di due blocchi – Stati Uniti ed Europa, Russia e Cina – e al fallimento di ogni tentativo diplomatico di pace. Sul piano militare è ripresa la corsa agli armamenti, anche nucleari e è iniziato l’invio di armi dai Paesi europei verso l’Ucraina”.
A distanza di un anno ogni giorno conosciamo le armi che vengono inviate in Ucraina, ma non sappiamo il numero dei morti dall’una e dall’altra parte, osserva l’arcivescovo, secondo cui, “l’invio delle armi ha preso il sopravvento sui morti civili e militari, di giovani e adulti, di neonati e anziani”. “Dalle città europee le mamme e i bambini giunti tra noi in fuga dalla guerra ogni giorno, da mesi, vivono il dramma della lontananza da casa, dal proprio Paese, dai mariti, dai fratelli e genitori. Cosa fare a un anno di distanza? Anzitutto accogliere e tutelare le persone in fuga che sono arrivati tra noi, farli sentire a casa, superando i tempi lunghi della burocrazia, garantendo un minimo vitale, sostenendo i traumi nascosti, curando i malati”.

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Ecclesia

La domenica del Papa – Col diavolo non si negozia

foto Vatican media/Sir
27 Feb 2023

Notizie dolorose, le violenze in Terra Santa: “tante persone uccise, anche bambini”. Papa Francesco chiede di fermare “questa spirale di violenze”, rinnova “l’appello a far sì che il dialogo prevalga sull’odio e sulla vendetta”, e prega Dio perché palestinesi e israeliani “trovino la strada della fraternità e della pace, con l’aiuto della Comunità internazionale”. In questa prima domenica di quaresima le parole che il vescovo di Roma pronuncia, dopo la preghiera mariana dell’angelus, sono di preoccupazione per le situazioni di sofferenza, per le vite recise. Parla degli attacchi terroristici in Burkina Faso, del naufragio di migranti lungo le coste calabresi – “già sono stati recuperati quaranta morti, tra cui molti bambini. Prego per ognuno di loro, per i dispersi e per gli altri migranti sopravvissuti – ancora la guerra in Ucraina – “già un anno è stato fatto di guerra” – e infine “il dolore del popolo siriano e di quello turco per il terremoto”.
Questo tempo che stiamo vivendo, e che ci porterà a rivivere il cuore della fede cristiana, è tempo di conversione ma anche occasione per calibrare meglio la nostra esistenza e cogliere con maggiore intensità la nostra relazione con Dio e con gli altri, il nostro prossimo. Oggi il nostro prossimo sono anche le donne e gli uomini che vivono situazioni di guerra, di conflitto; uomini, donne e bambini che il mare travolge, che perdono la vita nel crollo delle loro case a causa del terremoto.
Quaranta giorni, il deserto, il digiuno; ma, soprattutto, il tema dell’affidarsi al Signore che ci fa resistere alla tentazione dell’individualismo egoista. Quaranta, numero dal grande valore simbolico nella Bibbia. Quaranta sono gli anni passati nel deserto da Israele; quaranta i giorni che Mosè trascorse sul monte Sinai prima di ricevere le tavole dell’Alleanza; quaranta, ancora, sono i giorni e le notti durante i quali Abramo, in cammino verso il monte Oreb, non prese né cibo né acqua, secondo un racconto rabbinico.
Quaresima, il tempo della prova; Gesù, nel deserto, è tentato dal diavolo, dal divisore, che “cerca di instillare in lui tre ‘veleni’ potenti per paralizzare la sua missione di unità. Questi veleni – afferma il papa – sono l’attaccamento, la sfiducia e il potere”. Al diavolo tentatore Gesù risponde affidandosi totalmente alla parola di Dio. La prima tentazione è il cibo: “hai fame, perché digiunare? Ascolta il tuo bisogno e soddisfalo, ne hai il diritto e il potere: trasforma le pietre in pane”. La risposta la conosciamo tutti e spesso la usiamo a sproposito: “non di solo pane vivrà l’uomo”. Poi il veleno della sfiducia: “sei sicuro – insinua il maligno – che il Padre voglia il tuo bene? Mettilo alla prova, ricattalo”. Gesù risponde: “non metterai alla prova il Signore Dio tuo”. Infine, il potere: “di tuo Padre non hai bisogno! Perché aspettare i suoi doni? Prenditi tutto da solo e sarai potente”.
Queste sono anche le nostre tentazioni, l’attaccamento alle cose, la sfiducia e la sete di potere, ricorda Francesco, “tentazioni diffuse e pericolose, che il diavolo usa per dividerci dal Padre e non farci più sentire fratelli e sorelle tra noi, per portarci alla solitudine e alla disperazione”. Gesù vince le tentazioni, evitando di discutere col diavolo e rispondendo con la Parola di Dio. È un invito anche per noi – ha affermato il Papa – “con il diavolo non si discute, non si negozia, non si dialoga, non lo si sconfigge trattando con lui, è più forte di noi”. Lo si sconfigge “opponendogli con fede la Parola divina. In questo modo Gesù ci insegna a difendere l’unità con Dio e tra di noi dagli attacchi del divisore”.
Il punto centrale di ogni tentazione è “rimuovere Dio”, scriveva Benedetto XVI nel suo libro su Gesù di Nazareth; è “mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio, contare soltanto sulle proprie capacità, riconoscere come vere solo le realtà politiche e materiali e lasciare da parte Dio come illusione”. Se si elimina Dio dal mondo “non si può parlare di peccato”.
Da papa Francesco arriva infine l’invito a chiedersi: “che posto ha nella mia vita la Parola di Dio? Ricorro ad essa nelle mie lotte spirituali? Se ho un vizio o una tentazione ricorrente, perché, facendomi aiutare, non cerco un versetto della Parola di Dio che risponda a quel vizio?”.

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Editoriale

Senza nemmeno una via di scampo

(Foto: ANSA/SIR)
27 Feb 2023

di Emanuele Carrieri

Un anno fa le truppe russe invasero l’Ucraina ma gli ucraini erano preparati a rispondere. A metterli in allarme, oltre alle soffiate dei loro informatori, anche il lavoro di spionaggio elettronico degli Usa, fra comunicazioni, protette e non, intercettate e riprese satellitari. Dopo una feroce battaglia, le truppe russe occuparono l’aeroporto di Kiev, che però era troppo danneggiato per essere utilizzato. Ma si fermarono lì, infierendo sui civili che vivevano nei sobborghi di Kiev. E, alla fine di marzo, Mosca annunciò il ritiro delle sue truppe dalla regione della capitale ucraina, sancendo la rinuncia alla conquista di Kiev, mentre i negoziati sembravano avviati su una buona strada. Ma non fu così: le truppe russe continuarono l’offensiva occupando la città di Mariupol. Poi arrivò il contrattacco ucraino, anche grazie all’aiuto in armi e logistica della Nato e dell’Occidente. I russi adesso occupano la metà della loro massima espansione in Ucraina, dopo essersi dovuti ritirare, alla fine dell’estate, dalla regione di Kharkiv e poi, a novembre, da quella di Kherson. Lungo la costa del Mar Nero, non si è concretizzata l’offensiva per occupare Odessa e arrivare alla Transnistria, territorio della Moldavia autoproclamatosi repubblica indipendente sotto la tutela russa. Uno scenario, che per l’Ucraina, avrebbe rappresentato la catastrofe. La linea del fuoco, invece, si è cristallizzata nelle province di Kherson e Zaporizhzhia e in quelle di Donetsk e Lugansk. Annettendosi questi quattro oblast, Mosca ha occupato l’intera costa del Mar d’Azov, che collega il Donbass con la Crimea. Ma buona parte dei territori di queste province sfuggono ancora al suo controllo. Anche dove i russi sono presenti il controllo del territorio non è scontato, visto che la resistenza ucraina è la loro spina nel fianco. Il controllo totale delle intere province di Donetsk e Lugansk forse è ancora lontano, la Russia sembra prepararsi a un conflitto di lunga durata, ma l’offensiva in corso dice che non vuole rinunciare ai suoi obiettivi. Per i russi, è vitale consolidare le proprie posizioni lungo il Mar d’Azov per proteggere la Crimea. Se Odessa è la linea rossa che Kiev deve tutelare per accedere al Mar Nero, così lo è la Crimea per Mosca, a protezione di un Mar d’Azov trasformato in un lago russo. Ecco perché la Russia, stando al controspionaggio ucraina e occidentale, si appresterebbe a scatenare una imminente offensiva. Ma anche se Nato e Occidente continuano a fornire armi all’Ucraina, resta il fatto che la Russia ha tuttavia maggiori risorse, in fatto di uomini e di capacità dell’industria bellica, anche se è parsa più debole di quanto previsto considerata la resilienza dell’Ucraina. La Russia è più debole di quanto ci si aspettava, ma non è una tigre di carta, come affermano alcuni politici e analisti nostrani. Occorre mettere in chiaro un fatto: le sanzioni occidentali alla Russia hanno funzionato fino a un certo punto, mentre l’aiuto militare all’Ucraina è stato importantissimo per permettere a Kiev di spezzare la morsa russa. Sulle prime l’economia russa sembrava sull’orlo del baratro, schiacciata da sanzioni occidentali senza precedenti. Un anno dopo è chiaro che Mosca è stata colpita ma non è in ginocchio, né isolata dal mondo, potendo contare su un incremento dei ricavi da gas e petrolio. Ciò significa che la via dello strangolamento economico di Mosca non è molto efficace e quella dell’aiuto militare va soppesata con cautela e giudizio perché l’escalation rischia di rendere globale il conflitto in atto. L’escalation controllata è dunque necessaria, ma il sempre maggior coinvolgimento occidentale non è privo di rischi. Per ora non si vedono spazi per negoziati di pace nel breve periodo, potrebbe essere possibile solo un cessate il fuoco e di breve durata. Alla fine Russia e Ucraina vogliono il controllo dello stesso territorio e faranno di tutto per ottenerlo. La guerra andrà avanti finché Putin resterà al potere, sperando che chi verrà dopo di lui non sia peggio di lui … Al peggio non c’è mai fine! Non è probabile che Putin venga scalzato dal potere e il rischio che gli ucraini non riescano a imporsi sul campo è molto alto. La Russia è un’economia molto più grande con molta più forza lavoro e una maggiore capacità militare. Quindi il quadro non è roseo. Per questo è indispensabile che l’Occidente continui a sostenere Kiev, perché è l’unica opzione ipotizzabile. Una pace che implichi una qualunque forma di resa di Kiev e la cessione dei territori occupati verrà vista dalla Russia come un via libera per tentare ulteriori rischi. È una situazione in cui non c’è una soluzione magica che permetta di fermare il conflitto. Continuare ad aiutare l’Ucraina a difendersi – non ad attaccare, non a devastare – rimane essenziale. Anche se la pace non sarà raggiunta domani. E neppure dopodomani.

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