Coldiretti: “Sì, alla filiera italiana; no, al riso asiatico trattato con il triciclazolo”
“No al riso asiatico trattato con il triciclazolo, sostanza chimica vietata nell’Unione europea per ragioni di sicurezza per la salute”. Lo affermano il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, e il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, che in una lettera hanno chiesto al Governo italiano di bloccare a livello Ue qualsiasi autorizzazione a tollerare una certa quantità di questo sostanza per il prodotto che arriva da fuori i confini dell’Unione in particolare da Cambogia, Myanmar, Vietnam, India e Pakistan. Si tratta di “un rischio concreto – affermano Coldiretti e Filiera Italia – dopo il parere favorevole dell’Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) all’introduzione di una ‘franchigia’ di tolleranza per i residui di triciclazolo nel riso importato nonostante che dal 2016 l’utilizzo di questa sostanza sia stato vietato nella Ue”. Per le due organizzazioni, “la fissazione del nuovo limite, una istanza avanzata dalla multinazionale che produce tale principio, non è automatica, ma dipende da una procedura legislativa che della Commissione europea, che potrà decidere se introdurre, dopo il voto favorevole degli Stati membri, il nuovo limite proposto. In alternativa, la Commissione potrebbe decidere di ignorare la valutazione dell’Efsa sui livelli di triciclazolo”. “A partire dal 2016 – evidenziano – l’uso di tale sostanza attiva è stato vietato in Ue e sono state vietate anche le importazioni di prodotti con residui superiori al livello di quantificazione analitica”. Permettere una certa quantità di tale principio chimico nel prodotto importato oltre a danneggiare le imprese italiane ed europee del settore, rappresenterebbe un passo indietro sul principio di precauzione”, sottolineano Coldiretti e Filiera Italia, aggiungendo che “l’ammissione di una quantità permessa nel riso importato è anche apertamente in contrasto con il principio di reciprocità che impone ai prodotti derivanti da Paesi terzi gli stessi standard sociali, sanitari e ambientali previsti per i prodotti Ue”. “Un principio che dovrebbe caratterizzare ogni atto normativo della Commissione, a partire dai trattati commerciali internazionali”, ammoniscono le due organizzazioni, ricordando che “con 1,5 milioni di tonnellate all’anno l’Italia garantisce il 50% dell’intera produzione di riso della Ue di cui è il primo fornitore, con una gamma di varietà e un livello di qualità uniche al mondo. Gli italiani consumano in media fra i 5 e i 6 chili di riso a testa”.