Il nuovo decreto salva Ilva passa al Senato ma viene reintrodotto lo “scudo penale”
Alla fine, lo scudo penale per gli amministratori dell’Ilva è stato varato dal Governo. L’impegno che in merito aveva assunto il ministro Adolfo Urso è quindi vanificato a tutto vantaggio di chi avrà mano libera nella gestione dello stabilimento siderurgico, senza rispondere dei danni alla salute e all’ambiente che produrrà.
Il Senato ha approvato il decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 che introduce “Misure urgenti per gli impianti di interesse strategico nazionale” con 78 voti favorevoli, 57 contrari e 7 astenuti. Il provvedimento passa alla Camera per l’approvazione definitiva e va convertito in legge entro il 6 marzo ed è difficile pensare che possa subire cambiamenti a meno che non intervengano novità significative per ora da escludere. Varato lo scorso 5 gennaio, il provvedimento permette di trasferire 680 milioni ad Acciaierie d’Italia, in forma di prestito ponte che sarà utilizzato per coprire i debiti, soprattutto nei confronti delle aziende energetiche, ed evitare di portare i libri in tribunale, oltre a sostegni a favore di altre aziende strategiche. Viene quindi instaurato una sorta di scudo che impedirà, da parte dell’autorità giudiziaria, sanzioni interdittive che mettano in discussione la “continuità dell’attività” degli stabilimenti considerati di interesse strategico nazionale.
“Viene escluso – ha spiegato il relatore senatore Pogliese – che le sanzioni interdittive relative alla responsabilità dell’ente siano applicate qualora esse pregiudichino la continuità dell’attività svolta in stabilimenti industriali, o in parti di essi, dichiarati di interesse strategico nazionale e l’ente abbia eliminato le carenze organizzative alle quali è conseguito il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.
Ma dall’opposizione si sono levate voci polemiche, di tutt’altro tenore. “Ci troviamo a discutere di un provvedimento che è del tutto inadeguato – ha dichiarato il senatore Martella del Pd – Perché non muove dalla comprensione di una realtà, quella di Taranto, che da anni vive una situazione drammatica e perché è privo di una strategia nazionale per il nostro Paese”.
Per il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S “è un provvedimento pericoloso. Con il ripristino dello scudo penale si reintroduce l’autorizzazione a mettere a rischio la salute dei cittadini in violazione del diritto alla vita e alla sicurezza sociale. Si priva la magistratura e le istituzioni stesse di quegli strumenti necessari per impedire che impianti dannosi per la salute e l’ambiente possano continuare a inquinare sollevando tutti da ogni responsabilità”.
Insomma, siamo ancora in presenza della netta contrapposizione tra produzione e ambiente, lavoro e diritto alla salute, che non trovano, in questo provvedimento, un adeguato equilibrio.
Intanto, sul fronte dell’impegno del governo a sottoscrivere un accordo di programma con il Comune, si registra la positiva valutazione del sindaco Melucci che, dopo aver incontrato il ministro Urso, ha dichiarato: “Bene la road map del Mimit, accordo di programma sull’ex Ilva e Tecnopolo del Mediterraneo, si parte”, affermando di aver “trovato il signor ministro molto consapevole e seriamente al lavoro sui nostri dossier, nonostante la loro intrinseca complessità e le tante urgenze del Paese, questo mi conforta davvero”. Ma, anche su questo, è tutto da verificare. Il Tecnopolo è già finanziato ma la sua realizzazione e la realizzazione dei progetti per lo “sviluppo alternativo e sostenibile per l’area di crisi industriale di Taranto” sono tutti da scrivere, come ci insegnano i vari piani di reindustrializzazione che tra gli anni Ottanta e gli anni Dieci hanno seminato solo sogni.