Sport

Cus Jonico, continua il momento no: sconfitta severa inflitta dalla Sala Consilina

I campani bloccano Taranto - foto G. Leva
27 Feb 2023

di Paolo Arrivo

Invertire la rotta. Tornare a vincere e a divertire: era questo l’obiettivo del Cus Jonico Basket Taranto dopo il doppio stop inatteso inflitto a Salerno dalla Virtus Arechi, preceduto dalla sconfitta col Caserta, tra le mura amiche. Quando il canestro è stregato non si può nulla. Ma di certo, in un campionato difficile, l’approccio alla gara diventa fondamentale, contro qualsiasi avversario che si frappone lungo il cammino. Il ritorno al successo era doveroso e passava dal confronto con la Diesel Tecnica Pallacanestro Sala Consilina dell’ex Hugo Erkmaa. Non è avvenuto, proprio per l’approccio negativo: imponendosi con il risultato di 77-63, al termine di una partita giocata di fatto a senso unico, la formazione campana ha inflitto una severa sconfitta agli uomini allenati da Davide Olive.

Il match Taranto – Sala Consilina

Coach Olive manda in campo il quintetto orfano di Piccoli: Cena, Villa, Conte, Bruno e Corral. La tripla di quest’ultimo fa ben sperare per gli ionici. Ma gli ospiti reagiscono subito. Il protagonista del finale di frazione è Lurini, il quale con cinque punti consecutivi chiude sul 18-11. Nel secondo quarto la Sala Consilina getta le basi della vittoria. Il secondo tempo, infatti, vede il Cus Jonico sotto di 16 punti. I padroni di casa sono sostenuti dal pubblico e provano a reagire. Riescono quasi nella rimonta riducendo lo svantaggio a 6 punti. Nell’ultimo quarto di gioco, però, subiscono il ritorno dei Blue boys; pagano la stessa rincorsa in termini di lucidità, oltre che sul piano fisico.

IL CAMPIONATO- In archivio la 21esima giornata di campionato della serie B Old Wild West, sesta di ritorno, il Cus Jonico si è fatto raggiungere dall’Avellino all’ottavo posto in classifica. E sarà tutt’altro che semplice la prossima sfida. Taranto infatti sarà impegnato sul parquet di Roseto, formazione reduce dalla vittoria sulla capolista Ruvo. Per arrestare il momento negativo (3 sconfitte consecutive) occorrerà resettare tutto e ripartire dai giocatori migliori in fase realizzativa. Ovvero da Corral, Cena e Conte. Senza dimenticare che le partite si vincono in difesa. Anche quando si affrontano squadre agguerrite, capaci di offendere e di colpire per allontanare la zona retrocessione.

Fotogallery by Giuseppe Leva

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Ecclesia

Arrivati 97 rifugiati afghani: storie di diritti umani calpestati e di libertà negate

Attivisti, medici e infermieri, giovani donne, sportivi. È “il popolo” afghano giunto a Roma Fiumicino dal Pakistan grazie al programma dei Corridoi umanitari realizzati da Caritas Italiana (per conto della Cei), Fcei (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Tavola valdese e Comunità di Sant’Egidio

foto Sir
27 Feb 2023

di Maria Chiara Biagioni
Una strada diversa c’è. Una strada diversa dai naufragi e dalle stragi in mare. Una strada diversa dall’intervento, talvolta tardivo, di ong che pattugliano il Mediterraneo senza punti di riferimento certi, ma affidandosi al caso e a qualche intuizione figlia dell’esperienza.
La strada diversa non è bloccare le partenze di disperati che fuggono da guerre – spesso annose – e fame, ma ha l’aspetto di una linea blu sulle mappe nautiche: sono i corridoi umanitari.
Grazie al programma dei Corridoi umanitari realizzati da Caritas italiana (per conto della Conferenza episcopale italiana), Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia), Tavola valdese e Comunità di Sant’Egidio si è realizzato un miracolo laico, in tempo di respingimenti e di disumani campi di prigionia in Libia.

Corridoi umanitari, Gul riabbraccia la famiglia – foto Sir

A Gul Wali, i talebani hanno ucciso il padre. Tiene tra le braccia un enorme mazzo di fiori. È all’aeroporto di Roma Fiumicino per incontrare di nuovo la mamma e la sua famiglia . Sono anni che non li abbraccia. La famiglia di Gul fa parte del gruppo di 97 rifugiati afghani che sono arrivati il 23 febbraio dal Pakistan grazie al programma dei Corridoi umanitari, realizzato sulla base dei protocolli siglati con il governo italiano a novembre 2021, per un totale di 1200 persone fuggite dall’Afghanistan e accolte in Italia dalle chiese e dalla società civile.

Daniele Albanese di Caritas Italiana – foto Sir

“Come Caritas italiana stiamo portando oggi qui in Italia 45 persone che saranno accolte in sette diocesi: Bolzano, Fiesole, Manfredonia, Milano, Roma, Verona, Ugento”, spiega Daniele Albanese che ha accompagnato il gruppo lungo tutto l’iter di preparazione fino al volo di oggi. Altrettante saranno accolte dalle Chiese protestanti e dalla Comunità di Sant’Egidio. Sono persone che da tempo cercavano di scappare dal proprio paese. Ci sono attivisti per i diritti delle donne che oggi sono stati calpestati dal regime dei talebani. Ci sono medici e infermiere di Medici senza frontiere che lavoravano in un ospedale in Afghanistan che è stato bombardato. Subito dopo l’arrivo dei talebani hanno dovuto evacuare il paese perché non era più possibile per loro restare. Ci sono donne che vengono in Italia per studiare ed essere libere e tante persone che raggiungono i propri familiari. “Nessuno di loro avrebbe mai voluto lasciare il Paese se solo ci fosse stata la possibilità di rimanere”, racconta Danoele. “C’è molta rassegnazione purtroppo rispetto a quello che sta ancora succedendo lì. C’è la speranza ma al momento la situazione è talmente degenerata che è impossibile per nessuno di loro pensare di poter fare rientro in patria”.

Corridoi umanitari, Zahya riabbraccia il marito – foto Sir

Anche Zahya Atayee, 23 anni, ha portato un mazzo di rose rosse. E’ una delle ragazze della nazionale afghana di ciclismo arrivate lo scorso anno, in luglio, in fuga dai talebani, ospiti a L’Aquila delle Chiese protestanti. E’ qui – racconta – per riabbracciare dopo mesi il marito e la sua famiglia. “Sono le persone più importanti della mia vita”, dice. E poi in inglese racconta quanto sia difficile per una giovane donna vivere sotto il regime afghano. “E’ proibito uscire, studiare, addirittura allenarsi in bicicletta. Ma rischiano la vita non solo le donne ma tutti quelli che hanno un passato e una biografia non gradita dal regime”.

Corridoi umanitari, Dal Aga Shakeeb, attivista – foto Sir

Fahima Amini, 30 anni, nata a Herat, conferma. “Non potevo studiare, lavorare con gli stranieri, andare all’università. Come donna indipendente ero particolarmente a rischio. Non c’erano opzioni se non quella di andare via”. Nel gruppo c’è anche il prof. Dal Aga Shakeeb, attivista per i diritti umani che fino all’ultimo è rimasto ma alla fine è dovuto evacuare anche lui. “La situazione in Afghanistan sta degenerando di giorno in giorno”, dice, “sono le donne, le ragazze a subire le conseguenze più drammatiche. Non possono uscire di casa, studiare, fare sport, condurre una vita normale. E’ una situazione che non può essere tollerata. E’ un dovere di tutti mettersi in ascolto di chi sta combattendo per la libertà e i diritti”, aggiunge. “La mia missione ora è imparare bene la vostra lingua e dare voce alla voce del popolo libero afghano”.

Equipe Caritas diocesana di Manfredonia – foto Sir

Dietro ai corridoi umanitari oltre ai racconti di vita di chi fugge, ci sono anche le storie di chi accoglie. Don Luciano Pio Vergura è il direttore della Caritas diocesana di Manfredonia. Con lo staff di Caritas sono venuti a Roma con un pullman per imbarcare le 23  persone che la diocesi ha deciso di accogliere. “Ci spinge – spiega il sacerdote – il desiderio di dare a queste persone la possibilità di iniziare una nuova vita. Questa è la speranza, nel segno di una Chiesa che li sta aspettando e di una comunità civile che si è adoperata ad accoglierli”. Tutti hanno dato il proprio contributo, dalla casa della diocesi che darà loro ospitalità, alla scuola, alla asl, al comune. Una storia di accoglienza cominciata nel 2017 quando Manfredonia aprì le braccia ad un gruppo di siriani. “Al di là di quello che faremo noi per loro, sono loro un dono che riceviamo”.

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Drammi umanitari

Mons. Perego (Migrantes): “I migranti morti non possono che generare vergogna! Ora serve un impegno europeo per un’operazione Mare nostrum”

foto Ansa/Sir
27 Feb 2023

“Mentre i rami del Parlamento approvano un urgente e straordinario decreto per regolare i flussi migratori, che di urgente e straordinario ha solo l’ennesima operazione ideologica, indebolendo in realtà le azioni di salvataggio in mare delle navi Ong, un barcone spezzato dalla burrasca della notte, che portava almeno 150 migranti, si è inabissato nel Mediterraneo, al largo delle coste calabre crotonesi”. Così mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei (Cemi) e di Fondazione Migrantes, ha commentato il naufragio avvenuto sulle coste calabresi in provincia di Crotone nelle notte tra sabato e domenica nel quale hanno perso la vita decine di migranti. Vittime che “vanno ad aumentare le migliaia di morti e di tombe anonime nel cimitero del Mediterraneo”, ha proseguito l’arcivescovo parlando di “un nuovo drammatico segnale sulla disperazione di chi si mette in fuga da situazioni disumane di sfruttamento, violenza, miseria e di chi è indifferente politicamente a questo dramma. Un nuovo drammatico segnale che indebolisce la democrazia, perché indebolisce la tutela dei diritti umani: dal diritto alla vita al diritto di migrare, al diritto di protezione internazionale”. “Mentre queste morti non possono che generare vergogna, chiedono un impegno europeo per un’operazione Mare nostrum, che metta strettamente in collaborazione le istituzioni europee, i Paesi europei, la società civile europea rappresentata dalle Ong”, ha sottolineato mons. Perego, per il quale “la collaborazione con i Paesi del Nord Africa non può limitarsi a interessi energetici o a sostegni per impedire i viaggi della speranza, ma deve portare a un canale umanitario permanente e controllato nel Mediterraneo verso l’Europa”. “Chi arrivando in Europa avrà diritto a una protezione – ha spiegato – vedrà salvaguardato tale diritto; chi non ne avrà diritto sarà rimpatriato. È chiaro che questo esame, solo nella terra europea, dovrà essere agile, organizzato, alla presenza di diverse figure – dai mediatori, dalle forze di polizia forze internazionali, da osservatori dell’Unhcr, da operatori sociali … – perché il minore non accompagnato sia tutelato come la vittima di tratta, o chi viene da una drammatica situazione sanitaria o da una guerra o disastro ambientale”. “Le risorse – ha ammonito il presidente di Cemi e Fondazione Migrantes – vanno investite nella tutela della vita, nell’accompagnamento delle persone non in muri o campi disumani. La vita e il futuro dell’Europa dipende da come si accoglie, tutela, promuove e integra le persone in cammino”.

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Cei

Naufragio nel crotonese, card. Zuppi: “L’Europa sia all’altezza delle tradizioni di difesa della persona e di accoglienza“

foto Ansa/Sir
27 Feb 2023

“Una profonda tristezza e un acuto dolore attraversano il Paese per l’ennesimo naufragio avvenuto sulle nostre coste. Le vittime sono di tutti e le sentiamo nostre”. Lo dichiara il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in merito al naufragio avvenuto ieri davanti alle coste di Cutro (Crotone). Finora sono 59 i cadaveri recuperati, tra cui quelli di numerosi bambini e un neonato: “Li affidiamo a Dio con un pensiero per le loro famiglie”. Per il cardinale, “questa ennesima tragedia, nella sua drammaticità, ricorda che la questione dei migranti e dei rifugiati va affrontata con responsabilità e umanità. Non possiamo ripetere parole che abbiamo sprecato in eventi tragici simili a questo, che hanno reso il Mediterraneo in venti anni un grande cimitero”. “Occorrono scelte e politiche, nazionali ed europee, con una determinazione nuova e con la consapevolezza che non farle permette il ripetersi di situazioni analoghe”, precisa il presidente della Cei. “L’orologio della storia non può essere portato indietro e segna l’ora di una presa di coscienza europea e internazionale. Che sia una nuova operazione Mare Nostrum o Sophia o Irini, ciò che conta è che sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi. Perché nessuno sia lasciato solo e l’Europa sia all’altezza delle tradizioni di difesa della persona e di accoglienza”, conclude il card. Zuppi.

 

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Ecclesia

Francesco ordinato diacono permanente a Bologna ma è nativo di Grottaglie e cugino di mons. Ligorio

27 Feb 2023

di Silvano Trevisani

È stato ordinato diacono permanente lo scorso 12 febbraio a Bologna, coronando una vocazione maturata nel tempo. Stiamo parlando di Francesco Monaco, originario di Grottaglie, cresciuto nella parrocchia del Carmine, chiesa particolarmente ricca di vocazione, dalla quale proviene, tra i tanti altri, anche l’arcivescovo metropolita di Potenza, Salvatore Ligorio, che è suo cugino, e che solo il giorno prima aveva festeggiato i 25 anni dell’ordinazione episcopale e poi è volato a Bologna per partecipare all’ordinazione di Francesco. In questi giorni il nuovo diacono è tornato a Grottaglie per salutare la mamma e i parenti, e ha assistito don Ciro Santopietro nella messa domenicale.

Nato nel 1964, ultimo di quattro fratelli, Francesco dopo il liceo ha proseguito gli studi e Lecce e qui ha iniziato, dopo la formazione in scienze religiose, a insegnare religione, si è sposato e poi si è trasferito a Bologna, dove è poi nata sua figlia. Lo abbiamo incontrato proprio in parrocchia e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Partiamo dal diaconato: un’istituzione importante, forse poco apprezzata, ma utile.

Il Concilio Vaticano II ha ripristinato il ministero del diaconato ed è stata una cosa importantissima perché in qualche modo ha definito il diaconato come il ministero che conserva il senso del servizio all’interno della Chiesa. È molto importante perché testimonia una Chiesa che deve essere al servizio di tutta quanta l’umanità. Prima del Concilio, il diaconato non aveva tale importanza ed era pensato soltanto come un momento di passaggio per il sacerdozio. Il Concilio ha reso possibile per gli uomini sposati, essere ordinati ed attivare questo che è un servizio prettamente legato alla carità, alla liturgia e alla predicazione della parola.

Come nasce la tua vocazione?

La mia vocazione nasce all’interno di un percorso che ha inizio in giovane età, condiviso con mia moglie. Si è trattato, quindi, di un’evoluzione naturale, nel senso che non c’è stato nessuno strappo, nessun passaggio particolare: un percorso che ha visto una serie di tappe, conclusosi al momento specifico della formazione, nel quale ho integrato gli studi fatti precedentemente, come filosofia e scienze religiose con una licenza in ecclesiologia, più altri piccoli momenti di formazione specifici per il diaconato.

Tu vivi a Bologna, una città che, come altre città del Centro Nord, si caratterizzano, anche per motivi storici, per una scarsa partecipazione alla vita della Chiesa. Quanto è più difficile la tua missione in quel territorio?

Io ho la fortuna di insegnare religione in un liceo di Bologna, evidentemente c’è un contesto culturale più faticoso rispetto a un contesto meridionale. Ma in realtà ci sono tante belle sensibilità che bisogna soltanto provare a intercettare. La fatica, da parte mia, è quella di mettere nella stessa frequenza, di sintonizzarmi con le diverse sensibilità e il fatto che ci sia una sensibilità anche variegata, poiché ci sono anche persone che vengono da altre culture, da altre religioni, è molto importante perché ci si può sentire, come nel mio caso, molto più ricchi.

Papa Francesco ha indetto il Sinodo per riagganciare tutto il sistema Chiesa. Senti anche tu il “problema”?

Sì ci sono dei gruppi sinodali che si incontrano tra di loro e ne discutono, ma il messaggio importante è che la Chiesa si rimette in discussione dal basso e coinvolge tutti quanti a partire dal proprio sacerdozio ministeriale, tutti quanti siamo chiamati a partecipare dallo stesso sacerdozio che ci deriva dal battesimo.

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Drammi umanitari

Migranti annegati a Crotone, Acli: “Si metta fine alle stragi dell’indifferenza”

foto di Petros Giannakouris Ansa/Sir
27 Feb 2023

Mentre si continua a discutere di chi deve farsi carico del salvataggio in mare della vita di migliaia di bambini, donne e uomini che scappano dalle peggiori tragedie umanitarie del secolo, sulle spiagge italiane, a pochi chilometri da Crotone, un barcone con 250 persone a bordo non è  riuscito a raggiungere la costa.
Se il numero dei superstiti si fermasse a 33 ci troveremmo di fronte a un’altra strage dell’indifferenza.
Mentre i governi europei discutono  delle responsabilità del soccorso e dell’accoglienza di chi fugge da guerre, persecuzioni e calamità naturali, intanto che decidono come esternalizzare le frontiere e costruire nuovi muri, la contabilità di morte continua a scandire  le sue vittime.
Per favorire il soccorso in mare, le Acli chiedono al governo italiano di ritirare il “decreto ong” e, al tempo stesso, chiedono all’Ue un vertice permanente che,  nel rispetto del diritto internazionale, doti l’Unione di una  strategia di accoglienza su tutte le rotte di accesso all’Europa.

Accogliere è un dovere e un obbligo,  non una opzione tra le altre. Basta morti nel Mediterraneo!

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Libri

Venerdì 3 marzo, all’Arci Gagarin, presentazione del libro ‘L’inconscio e l’ambiente’ di Cosimo Schinaia

27 Feb 2023

di Mario Pennuzzi

Quale rapporto ha l’uomo con il suo ambiente? Il tema è stato affrontato un numero infinito di volte e trattato in modi diversi condizionati dagli aspetti storici, geografici, culturali e relativi alla sensibilità specifica di chi osserva e studia il fenomeno. Il libro di Cosimo Schinaia, ‘L’inconscio e l’ambiente’ che affronta questo tema da un punto di vista psicanalitico, sarà presentato venerdì 3 marzo, alle ore 18, nella sede di Arci Gagarin in via Pasubio, con l’autore e la professoressa Silvia Godelli, già docente di psicologia clinica.

Cosimo Schinaia è uno psichiatra tarantino, (nato in via Duomo come orgogliosamente ricorda) da molti anni vive ed opera a Genova e d qualche anno ha concentrato i suoi studi e riflessioni sul l’influenza dell’ambiente nella vita umana. L’argomento è di stringente attualità ed in fatti questo XXI è emerso anche lo stretto legame esistente tra la psiche dell’uomo e l’ambiente che lo circonda, non solo nel senso dell’equilibrio che l’uomo può raggiungere nei confronti di una natura amica ed accattivante, (quando essa è così) o  angosciante nemica, o meglio indifferente alle sorti di questa scimmia nuda che è l’uomo: nella psiche dell’uomo sono presenti entrambi glia aspetti e sensazioni aggiunti ad una pretesa che è quella di essere l’unico essere vivente sulla terra in grado di modificare le condizioni naturali, di imporre alla natura, ma è più corretto dire all’ambiente, la propria legge, ed apportare modifiche profonde. Non è un fenomeno nuovo nella storia l’essere umano è un organismo di successo si è diffuso ed affermato su tutta la terra, in tutte le condizioni e climi andando al di là della madre terra africana da cui proviene. Avanzando ha trasformato il mondo intorno a sé, foreste sono state disboscate per far posto ai campi, montagne scavate per ricavare materiali, specie animali si sono estinte mentre l’uomo occupava il pianeta, alcune specie vegetali e animali si sono affermate perché legate all’uomo sia come specie addomesticate sia come commensali parassitari. È sempre stato difficile per l’uomo mantenere un equilibrio mentale tra sé e le trasformazioni rapide che l’esistenza stessa dell’uomo ha operato, ma che per molti versi non era, e non è, in grado di controllare. Le trasformazioni, non solo sociali e culturali, ma naturali si sono fatte sempre più rapide aumentando sempre più il senso di incertezza, di liquidità del mondo circostante. Il senso di potenza dell’uomo sull’ambiente, che è capace di condizionare, ha prodotto il senso di angoscia rispetto alla prospettiva del futuro. Persino la letteratura, la cinematografia si sono riempita di distopie e di scenari apocalittici. Ma anche senza essere travolti dal senso dell’angoscia è cresciuta la certezza che le scelte spesso non pienamente consapevoli e determinate da calcoli sul breve periodo hanno determinato trappole storiche dalle quali non è possibile tornare indietro semplicemente ripartendo da ciò che eravamo un attimo prima. Lo sanno bene i cittadini di quelle realtà attraversate da processi prima di industrializzazione forzata e successivamente di dismissioni: lo sanno bene i cittadini di Napoli, che hanno visto prima la grande industria siderurgica occupare un tratto pregevole del suo territorio, poi lasciare una ferita forse   incurabile. Lo sanno i cittadini di Genova, lo sanno i cittadini di Taranto. Gli abitanti dell’isola di Pasqua scelsero di andare per mare e costruirono canoe, per farlo abbatterono alberi, col tempo gli alberi prima diminuirono poi scomparvero e gli abitanti dovettero rinunciare al mare rimanendo prigionieri della loro piccola isola. Gli errori ambientali possono essere irreversibili. In tutto questo in cosa può essere utile la psichiatria? Certamente nell’ affermare principi di equilibrio e di razionalità che consentano la ricerca di nuove strade. Da cittadino di Taranto, che vive a Genova, Schinaia ha potuto conoscere la contraddizione sin ora esistente tra lavoro e salute, tra ambiente e lavoro. Qual è la soluzione? Dismettere, tornare indietro, lottare per la conservazione di posti di lavoro? Taranto proprio in questi giorni deve riaffrontare questo tema in un passaggio molto stretto. Non è la psichiatria che deve e può dare risposte che spettano alla politica ed alla economia ma può contribuire alla serenità ed alla razionalità delle scelte. Non a caso la parte di questo libro dedicata a Taranto si conclude con l’aggancio agli studi di due importanti studiosi tarantini lo storico Salvatore Romeo e lo scrittore Alessandro Leogrande entrambi fautori del superamento del conflitto lavoro salute, per la ricerca di soluzioni che tenendo conto delle condizioni date (un tempo si sarebbe detto storicamente determinate) si possa salvaguardare entrambe le necessità vitali. Il libro ha avuto una storia particolare è uscito , tradotto in spagnolo prima ancora  che vi fosse una edizione italiana , tradotto in inglese la parte relativa alla città di Taranto è stata estrapolata , pubblicata e premiata come miglior racconto ambientalista, Una edizione russa è uscita con ritardo per le tristi vicende belliche, tuttavia ciò è di buon auspicio, ovvero che le riflessioni sulle nostre necessità del presente e del futuro possano contribuire a far comprendere le ragioni e la necessità della pace.

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Ecclesia

La catechesi di padre Ermes Ronchi nella parrocchia Regina Mundi di Martina Franca

Nell’ambito delle iniziative organizzate in concomitanza con la visita della Madonna di Loreto

ph: Cristian Gennari
25 Feb 2023

di Ottavio Cristofaro

«Tutta la Bibbia si regge sulle colonne della piccolezza, mentre la guerra utilizza il linguaggio della grandezza». A parlare è padre Ermes Ronchi, in visita a Martina Franca per tenere una catechesi nella parrocchia Regina Mundi, nell’ambito delle iniziative organizzate in concomitanza con la visita della Madonna di Loreto, al termine della santa messa celebrata dall’arcivescovo coadiutore di Taranto, mons. Ciro Miniero.

Durante questa settimana, il simulacro della Madonna di Loreto sta visitando diverse comunità parrocchiali della città (San Martino, Sant’Antonio, Carmine e Divino Amore), toccando il centro e la periferia urbana, con un ricco programma di iniziative. La statua era arrivata domenica scorsa a bordo di un elicottero e poi trasferita in processione alla chiesa Regina Mundi per la santa messa solenne celebrata dall’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro.

«Nella guerra non vince il migliore, ma il più forte, il più violento, il più crudele – ha detto padre Ermes Ronchi – in realtà nei conflitti non c’è mai un vincitore, ma solo uno sterminio di vittime umane. L’uomo preferisce la vittoria sull’altro rispetto alla pace sull’altro, tutto questo fa parte di una struttura antropologica che non riusciamo a scalfire. Io non sono d’accordo con te, ma voglio andare d’accordo con te, questa deve essere la base per stabilire una risoluzione tra Russia e Ucraina. Come fanno a non essere d’accordo i popoli sul fatto che guerra non sia una cosa buona?», si chiede padre Ronchi. La guerra – continua – «è il prevalere di una posizione sull’altra, il prevalere del dolore e della distruzione dell’altro. Anche noi, se non guardiamo al conflitto da questa prospettiva siamo come spettatori al Colosseo che assistono al combattimento tra gladiatori, facendo il tifo per l’una o per l’altra parte. Ma non può essere questa la nostra posizione, non siamo in un Colosseo mondiale a vedere quale dei due gladiatori vincerà».

Padre Ermes Ronchi è volto noto al grande pubblico. Per diversi anni ha condotto il commento al Vangelo della domenica nella trasmissione “A sua immagine” su Raiuno. Per Avvenire, cura una rubrica settimanale di commento al Vangelo. Nel marzo 2016 riceve una chiamata inaspettata da papa Francesco, che lo chiama a guidare gli esercizi spirituali di Quaresima per la curia romana, incarico che gli fa guadagnare il titolo mediatico di “predicatore del papa”.

Nasce nel 1947 in provincia di Udine. Ordinato sacerdote nel 1973, insieme ad altri fratelli dà vita a una comunità sperimentale nel vicentino, nella quale ognuno si mantiene col proprio lavoro. Dopo qualche anno, esprime l’esigenza di proseguire gli studi e si sposta a Parigi mantenendosi come insegnante e diversi altri lavori, consegue due dottorati. Nel 1980 torna in Italia, vivendo tra comunità e incarichi culturali anche a Milano. Autore di numerosi libri su temi biblici e spirituali, collabora con diversi giornali e trasmissioni. Da settembre 2016 risiede nella sua nuova Comunità di Santa Maria del Cengio, a Isola vicentina.

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Letteratura

A Grottaglie la presentazione dell’antologia poetica “La guerra che è in noi”

25 Feb 2023

“La guerra che è in noi. Canto corale per la Terra, sconfinato campo di battaglia, sempre in cerca di pace”, questo è il titolo di un importante progetto culturale che prende spunto dall’attualità ma che riflette su un fenomeno tristemente endemico come la latente conflittualità, da cui l’umanità è sempre afflitta, anche quando non si trasforma in conflitto armato. Si tratta di un’antologia, edita da Macabor, una casa editrice molto impegnata nella promozione della poesia, ideata e curata da Silvano Trevisani, che sarà presentata mercoledì 1 marzo, alle ore 19 nella Chiesa di Santa Maria in Campitelli, via Campitelli Grottaglie per iniziative dei Club service: Lion club Grottaglie, Rotary club Grottaglie, Soroptimist club Grottaglie, e dell’Università dell’età libera di Grottaglie.

Il programma della manifestazione prevede: il saluto del sindaco di Grottaglie, avv. Ciro D’Alò, del parroco di Santa Maria in Campitelli, don Gianni Longo, del coordinatore Lion per i rapporti con le associazioni, dott.ssa Angela Matera.

La prof.ssa Daniela Anicchiarico, docente di Lettere al Liceo Moscati, dialogherà con il curatore dell’Antologia, Silvano Trevisani.

Saranno lette alcune poesie da Sabrina Del Piano, Roberto Burano e da due studenti del Moscati.

Al progetto dell’antologia hanno aderito il poeta ucraino Anatolij Dnistrovyj, il poeta in lingua russa Igor’ Kotjuch (tradotti dal noto traduttore Paolo Galvagni) e alcuni dei più noti poeti italiani: Franco Arminio, Luca Benassi, Franco Buffoni, Ennio Cavalli, Valentina Colonna, Vittorino Curci, Giuseppe Goffredo, Davide Rondoni e lo stesso Trevisani.

L’introduzione è di Eraldo Affinati, scrittore e saggista, oltre che editorialista di vari giornali, tra cui “L’Avvenire”,

Ai testi firmati da poeti direttamente coinvolti nella tragica contesa – scrive, tra l’altro, Eraldo Affinati nella intensa introduzione – seguono altri composti da autori i quali si sono sentiti chiamati in causa da una guerra fratricida che si sta svolgendo nel cuore antico dell’Europa, nei medesimi luoghi che videro gli scontri della Seconda guerra mondiale fra le truppe naziste e quelle sovietiche con la partecipazione attiva dei nostri alpini, allora schierati dalla parte sbagliata. Potrebbe essere l’ultimo battito del cuore di tenebra novecentesco, oppure, come molti paventano, l’agghiacciante preludio di un fatale conflitto nucleare.

Cosa può fare la poesia di fronte alla natura ferina dell’uomo se non assumere su di sé l’energia cieca della Storia nel tentativo di trasfigurarla stilisticamente? E’ questa la ragione per cui pensare è, come spiegò Albert Camus, cominciare a essere minati, cioè pronti ad esplodere. Scrivere significa mettere le mani in pasta. Fare un passo in avanti. Esporsi. Uscire dalla zona di sicurezza. Rischiare di sbagliare. Incidere il nome sulla roccia. Prendersi in carico il punto di vista altrui. Accendere le torce per segnalare una presenza. Attraversare i boschi. Nuotare negli acquitrini. Dare via tutto. Una questione di vita e di morte. Pubblica e privata.

Una posizione radicale pre-politica, pre-giuridica, persino pre-morale, io credo, ben sintetizzata dal titolo di questa silloge: la guerra non può essere mai lontana perché la campana suona sempre anche per me, per te, per voi, per tutti, sulla scia di quanto pensava il John Donne richiamato da Ernest Hemingway. Noi che non possiamo essere felici se l’infelicità colpisce chi ci sta accanto. Noi che in quanto individui siamo legati da nessi profondi, invisibili e sottili, che la letteratura è chiamata ogni volta a ricordare, raschiando sulle croste fino a vederle sanguinare”.

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Canonizzazioni

Un’altra pugliese agli onori degli altari: madre Elisa Martinez, fondatrice delle figlie di S.M. di Leuca

24 Feb 2023

di Silvano Trevisani

Un’altra pugliese agli onori degli altari. La serva di Dio madre Elisa Martinez, originaria di Galatina e fondatrice della Congregazione delle Figlie di Santa Maria di Leuca, sarà beata per volontà espressa da Papa Francesco. Grazie al riconoscimento di un miracolo attribuito alla sua intercessione, nel corso dell’udienza al cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il Papa ha autorizzato la promulgazione dei Decreti riguardanti la prossima nuova beata salentina, e altri cinque nuovi venerabili.

Il miracolo riguarda la guarigione di un feto destinato a morire, per una diagnosi di “trombosi e occlusione completa calcifica dell’arteria ombelicale sinistra fetale”, che ha dato la vita ad una bambina nata il 19 marzo del 2018. La gravissima situazione affrontata da una madre di Rimini ha trovato efficace sostegno grazie alla superiora generale della Congregazione delle Figlie di Santa Maria di Leuca che hanno fatto iniziare, nelle varie comunità, una novena di preghiera per chiedere il miracolo per intercessione di Madre Elisa Martinez. Proprio questo evento miracoloso, ritenuto inspiegabile dalla medicina, ha fatto sì che si abbreviassero i tempi per la beatificazione della suora salentina, il cui processo era iniziato soltanto il 19 agosto 2020.

Nata il 25 marzo 1905 a Galatina (morta l’8 febbraio 1991 a Roma), Elisabetta entra nel 1930 nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, che in seguito è costretta a lasciare a causa di una grave infezione polmonare. Matura quindi l’idea di fondare una nuova Congregazione impegnata nella formazione delle adolescenti, nell’educazione della prima infanzia, nell’assistenza delle madri nubili e nel servizio parrocchiale e dà inizio all’Istituto delle Figlie di Santa Maria di Leuca. Eletta superiora generale, trasferisce la sede della casa generalizia e del noviziato a Roma, dove appunto muore nel ’91

La congregazione fondata da madre Elisa conta oggi 55 comunità divise in 8 paesi, con 600 suore; 24 sono le case presenti in Italia, 12 in India, 7 nelle Filippine, 6 in Svizzera e in Portogallo, 4 in Canada, e 1 in Francia e Messico. La sua tomba, che si trova a Roma, nella Cappella della Casa generalizia, a Prima Porta, è meta di continui pellegrinaggi.

Gli altri decreti firmati dal Santo Padre, che riconoscono le virtù eroiche, riguardano: il servo di Dio Giuseppe di Sant’Elpidio, fondatore della Congregazione delle sorelle francescane delle vocazioni, nato il 15 marzo 1885 a Sant’Elpidio a Mare e morto il 23 novembre 1974 a Pesaro; il servo di Dio Aloísio Sebastião Boeing, fondatore della Fraternità mariana del Cuore di Gesù, nato il 24 dicembre 1913 a Vargem di Cedro (Brasile) e morto il 17 aprile 2006 a Jaraguá do Sul (Brasile); la serva di Dio Maria Margherita Lussana, cofondatrice della Congregazione delle suore orsoline del Sacro Cuore di Asola, nata il 14 novembre 1852 a Seriate e lì morta il 27 febbraio 1935; la Serva di Dio Francisca Ana María Alcover Morell, laica, nata il 19 ottobre 1912 a Sóller (Spagna) morta il 10 marzo 1954; la serva di Dio Albertina Violi Zirondoli, laica e madre di famiglia, nata il 1° luglio 1901 a Carpi e morta il 18 luglio 1972 a Roma.

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Guerra in Ucraina

Acli: Il piano della Cina va valutato attentamente, ma ora tregua a oltranza

24 Feb 2023

I dodici punti proposti dalla Cina vanno approfonditi con attenzione e, pur non essendo slegati dagli interessi e dalle trame egemoniche di Pechino in Europa e nel mondo, possono e devono però essere una sponda per quella tregua ad oltranza che è la via della pace possibile ora. L’Unione europea deve immediatamente uscire dalla chiusura politica in cui si è impantanata, con la decisione di intraprendere una vera strada per la diplomazia all’altezza delle sue origini. La pace, lo abbiamo ribadito anche durante la marcia Perugia Assisi di questa notte, è l’unica concretezza possibile e pace significa tregua ad oltranza. Poi su questa tregua si potrà discutere e giungere faticosamente ad una soluzione definitiva ma l’urgenza ora è che tacciano le armi e che si smetta di far morire persone, dando il via ad un intervento umanitario che sia internazionale, sotto l’egida delle Nazioni unite e non di parte. E sul consolidarsi di una tregua si potranno lentamente rinsaldare le radici e la politica comune europea di entrambe le nazioni coinvolte, facendo fare un passo indietro alle armi, compreso il ritiro dell’esercito russo, e alla logica delle alleanze militari e un passo in avanti al disarmo nucleare, senza il quale ogni conflitto può prendere in ostaggio il mondo intero.

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Guerra in Ucraina

Notarstefano (presidente Azione cattolica): “La storia non insegna”

foto Ansa/Sir
24 Feb 2023

“La Storia non insegna, l’ho già detto e lo ripeto ancora oggi. Non insegna perché altrimenti non ci troveremmo a ricordare un anniversario di sangue: un anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Non insegna che un conflitto armato lascia sempre dietro di sé dolori e rancori, distruzione e morte. Sia chiaro, mai come per questo conflitto, è certo che c’è un aggredito e un aggressore. Un aggredito: l’Ucraina. Un aggressore: la Russia di Vladimir Putin. Eppure, anche per questa guerra, la storia non insegna. Altrimenti la politica non avrebbe fallito nell’evitarla e non continuerebbe a fallire nel cercare ogni via diplomatica possibile per farla cessare”. Lo scrive, a un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina, il presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, Giuseppe Notarstefano. “Le cancellerie del mondo hanno fallito, le istituzioni internazionali hanno fallito – rimarca il presidente dell’Ac –. Falliamo tutti noi nel pensare che alle armi si possa rispondere solo con altre armi, sempre più potenti, sempre più distruttive. Si ha la sensazione triste che neanche lo spettro dell’apocalisse nucleare possa portare i contendenti e i loro alleati al necessario e credo ineludibile tavolo delle trattive. Del resto, viviamo in un Paese in cui la Costituzione all’art.11 ripudia la guerra ‘come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’ e ciò nonostante continua ad ospitare sul suolo nazionale ordigni nucleari pronti all’uso”. “La storia non insegna, perché abbiamo troppo rapidamente dimenticato ciò che sono stati gli eccidi, le stragi, le violenze, delle guerre mondiali così come delle centinaia di conflitti che anche in questi ultimi decenni non hanno mai smesso di insanguinare pezzi di mondo – conclude Notarstefano –. Abbiamo lasciato ai mercanti di morte la possibilità di prosperare, tralasciando di agire tempestivamente sulle ragioni o sui torti che stanno all’origine di ogni conflitto. Dimenticando che prima o poi i conti con la Storia li faremo tutti. Non solo gli ucraini aggrediti e i russi aggressori”.

 

 

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