Diocesi

L’omelia di mons. Santoro nella messa esequiale dell’arcivescovo emerito Benigno Luigi Papa

07 Mar 2023

Carissimi,
anche e soprattutto quest’oggi il nostro amato arcivescovo Benigno nella sua omelia avrebbe messo innanzi ad ogni riflessione in primo luogo la Parola di Dio: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo … Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me». È l’apice del capitolo sesto di san Giovanni, il discorso eucaristico per eccellenza. Gesù, nella luce della Pasqua ormai vicina, parla alla fame degli uomini moltiplicando i pani e i pesci, lascia preludere la sua resurrezione passeggiando sul moto ondoso delle acque del mare di Tiberiade vincendo le leggi della natura, ma è solo dichiarandosi il Pane vivo, lo stesso pane intorno al quale ci raduniamo oggi, che egli sazia la vera fame degli uomini ovvero quella di vita eterna. Coloro che interloquiscono con Gesù vogliono solo vedere dei segni, dei prodigi, ma Gesù ci porta ancora oltre: quel vedere non porta alla fede, ma è la fede che porta alla visione. Credendo si riconosce in Gesù il Figlio di Dio, nostro Salvatore, e si partecipa alla vita eterna. Credere è partecipare alla vita vera, alla vita divina come dono gratuito di Dio! La volontà del Padre è che Gesù non perda nulla di quanto gli è stato affidato così che Cristo lo risusciti nell’ultimo giorno. «Colui che mangia di me vivrà per me» È nella consapevolezza di questo dono che il Padre ha fatto a Cristo e alla Chiesa che noi oggi affidiamo come seme già fecondo l’arcivescovo Benigno Luigi. Penso di non sbagliare affermando che Egli ha speso la sua vita nell’insegnare a ruminare, ad assimilare l’amore di Dio. Nel cibarci dell’Eucarestia si ascoltano le parole di Gesù, le accogliamo in noi stessi, diventano la nostra carne e il nostro sangue, perché ci determinino, ci trasfigurino, cambino la nostra vita e la vita di coloro che ci stanno intorno. La fede è un dono che nasce dall’ascolto della Parola di Dio, e chi ha avuto come noi, la grazia di conoscere Padre Benigno, ha goduto del suo stesso amore per le Sacre Scritture, per la sua capacità di penetrarle, insegnarle e viverle. Conosciamo tutti i tratti salienti della biografia di monsignor Papa e le sue origini salentine. Saluto i suoi parenti ai quali era legato da affetto profondo. Si augurava in questi giorni di riprendersi per celebrare il matrimonio di suo nipote il prossimo 23 marzo, nozze; che adesso benedirà dal cielo. Ci sono note la sua vocazione francescana fin da giovanissima età e la sua appartenenza all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Era acclarata la sua fama di fine studioso, di professore di Sacra Scrittura e di Preside dell’Istituto Teologico di Santa Fara di Bari, dove mi accolse da giovane sacerdote nel mio primo incarico come docente di Teologia Fondamentale. La sua statura culturale e pastorale è stata attestata dagli incarichi ricoperti nella Conferenza episcopale italiana, anche come Vice Presidente della stessa e Presidente di commissione. Lo ricordano con gratitudine la diocesi di Oppido Mamertina – Palmi, dove ha vissuto, come egli stesso diceva, il suo noviziato di vescovo. La diocesi di Messina, dove è stato mandato da papa Francesco come Amministratore Apostolico, quasi una nuova missione di un Abramo avanti negli anni ma ancora prospero di bene. Lo ricordiamo soprattutto noi tarantini perché è stato il nostro arcivescovo per 21 anni. Settanta dei 152 preti operanti in diocesi sono diventati presbiteri per l’imposizione delle sue mani. «La mia carne per la vita del mondo» Quali erano le sue linee programmatiche di vescovo?
Diceva: «le mie priorità sono nel mio stemma episcopale: in principio era la Parola. È il riferimento alla Parola di Dio come fondamento verificabile. L’attenzione al mondo, al territorio può essere efficace In quanto è illuminata dalla Parola di Dio così come le altre “attenzioni” che un vescovo e una Chiesa devono avere. In nome di Cristo: andremo avanti senza complessi di inferiorità e senza arroganza. Dobbiamo servire la Chiesa, questo è compiere il nostro dovere». Ho letto una bellissima testimonianza di affetto e di stima di uno dei più stretti collaboratori (don Franco Castellana) che lo descrive in maniera veritiera ed efficace. Ne condivido con voi alcune frasi. Dice: «Ho visto l’uomo di fede con la sua capacità di amore “secondo Dio” e non secondo le attese degli uomini, vedendo e volendo il bene oggettivo, vero. Non sempre da tutti compreso. Amore robusto, essenziale, senza fronzoli, che diventa generosità concreta. Amore alla persona, alla comunità che appare dal suo modo di essere presente. Amore che diventa generosità nel lavoro pastorale fino al limite della forza. Personalità riservata e schiva ma ricca di umanità, di bontà e di socievolezza fino all’umanesimo sano e simpatico.
Ho visto, ancora, più da vicino, quello che è sotto gli occhi di tutti, e cioè il Suo spessore culturale». E questo ha preso forma nell’impegno per le opere storiche e culturali (Biblioteca, Archivio, Museo…) ma anche nella integrazione rispettosa e intelligente con le Istituzioni e le forze attive nel territorio. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» Monsignor Papa era un uomo di preghiera. Lui stesso confidava: «La preghiera esprime la maniera peculiare della vita della persona. Io sono convinto che l’identità di una persona dipenda dalla preghiera. Per non essere travolto dalle molteplici attività che sono chiamato a fare, dedico uno spazio alla preghiera ogni giorno. Mi alzo alle sei la mattina e prego per circa un’ora e mezza, per poter pacificarmi e affrontare bene la giornata. Poi ci sono le messe che celebro in diocesi e un momento di preghiera la sera». Nei ventuno anni di ministero tarantino la diocesi ha potuto beneficiare delle sue intuizioni lungimiranti ed innovative. Come non pensare all’Arcobaleno di Pace sul Mediterraneo? Un grande evento di incontro ecumenico celebrato qui a Taranto. Come anche le Missioni del popolo al popolo e l’istituzione del Ministero della Consolazione. Solo per citarne alcuni.

In questi miei undici anni di ministero a Taranto l’arcivescovo emerito è stata una figura discreta e per me un costante punto di riferimento. Porterò scolpiti nel cuore i ricordi di questi ultimi giorni, di come egli si è preparato alla morte, con il desiderio di incontrare il Signore. Con serenità d’animo e fiducia, ha aspettato l’apparire del Principe dei pastori. Chi gli è stato accanto, che ringrazio di vivo cuore per non averlo lasciato un solo attimo (il personale prima di Villa Verde e di Casa san Paolo, le suore, i sacerdoti) hanno sicuramente visto sul capo di quest’uomo, stanco e molto malato, risplendere il fulgore della santità di appartenere a Lui. Ora tutti quanti insieme imploriamo il Dio misericordioso perché monsignor Benigno possa meritare oggi stesso la incorruttibile corona di gloria. Negli ultimi giorni nel salutarmi non altro faceva che dirmi grazie. Adesso sono io a dirgli grazie dal profondo del cuore. Tutta la nostra Arcidiocesi sente il bisogno di dirgli grazie. Monsignor Papa ha amato questa Chiesa e quando si ama si offre e si soffre e monsignor Papa fino all’ultimo non si è mai tirato indietro. «vivrà per me» Ed è vero che l’esistenza di un uomo la si giudica dal modo con cui muore. Durante la celebrazione dei suoi 40 anni di episcopato che abbiamo celebrato in cattedrale, era già proiettato nel futuro di Dio, parlava del suo avvenire come un compimento della misericordia. Ha chiesto a tutti noi di pregare perché potesse presentarsi degno davanti a Dio. La sua serenità, il modo con cui si è incamminato nella valle oscura stretto alla mano del Buon Pastore, sono stati la conferma di come abbia trascorso una vita aggrappato a Lui. Stringendosi ancora più forte al Maestro ci è sembrato di udire le parole dell’Apostolo, quelle ascoltate nella seconda lettura:
«Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?
lo sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore». Monsignor Papa ha scritto e predicato moltissimo, ma mi permetto di raccogliere insegnamenti del suo magistero quasi a volerli proporre come un suo testamento spirituale. Negli ultimi mesi già duramente provati dall’abbandono delle forze, ha pubblicato un volumetto intitolato “A scuola di sinodalità negli Atti degli Apostoli”. Potremmo dire che il libro degli Atti ha accompagnato tutta la vita di studio, la professione accademica e di predicazione di padre Benigno, quindi non ha perso l’occasione di offrirci ancora una volta il modello di Chiesa all’alba del cristianesimo, perché potessimo capire il senso vero della sinodalità. Sinodalità di cui abbiamo bisogno urgente, secondo papa Francesco, nella nostra chiesa e nelle chiese di tutto il mondo. Sarebbe ancora più fruttuosa la celebrazione delle esequie dell’arcivescovo Benigno, se uscendo da qui ci sentissimo ancora più motivati alla fraternità. Ne sarebbe contento in primo luogo proprio lui come un padre che raccomanda ai suoi figlioli di continuare a volersi bene, insieme con Maria la Madre di Gesù. Così scrive: «I legami di fraternità tra i membri dello stesso gruppo sono un dono di amore che proviene dallo Spirito di Dio capace di dare vita ad una cultura di comunione che si apre alla collaborazione e al coinvolgimento operativo dell’esercizio di una stessa missione da compiere insieme. […]La Chiesa nasce gerarchica ma anche Mariana […] La figura di Maria, la cui presenza aveva caratterizzato tutta la storia dall’infanzia di Gesù è anche presente nella storia dell’Infanzia della Chiesa. […] Maria è la madre della Parola, […] Maria è la madre della fede […] Maria è anche madre della gioia cristiana […], Maria è modello della Chiesa[…]. La sinodalità della Chiesa, intesa come vita di comunione con Dio e con i fratelli è aperta alla partecipazione di tutti i battezzati alla missione, è uno stile di vita evangelico che rinnova il tessuto cristiano delle nostre comunità».
«Per crescere nella comunione – ci dice ancora monsignor Papa – occorre dar vita ad una spiritualità di comunione, capace di dilatare spazi più vasti di comunione, in maniera da fare della comunione il clima spirituale distintivo delle nostre comunità cristiane, l’atmosfera culturale nella quale costantemente viviamo e starei per dire, l’aria che respiriamo. […] La Chiesa cresce nella vita di comunione se il suo cammino di fede è caratterizzato da un serio impegno nella ricerca della santità della vita».

«Chi mangia questo pane vivrà in eterno»

Eccellenza,
nel 1981 hai svestito il saio perché sei entrato a far parte del collegio degli apostoli, ma non hai mai dismesso il tuo essere francescano sempre fedele a Madonna Povertà Con te vogliamo lodare l’Onnipotente Buon Signore anche per sorella nostra morte corporale, dalla quale nessun uomo vivente può scappare. Abbiamo fiducia che la seconda morte non ti abbia scalfito perché già appartieni a Dio. Perché sicuramente sulle tue labbra saranno affiorate le parole del tuo serafico padre Francesco:
«Rapisca, ti prego, o Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire
per amore dell’amor mio».

Riposa in pace arcivescovo Benigno, vai incontro al tuo Signore. La Chiesa di Taranto prega e rende lode a Dio e lo ringrazia per averti donato a questa Chiesa per la quale sei amato padre, sposo, fratello ed amico.
Amen

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