Cinema

Con “Il sol dell’avvenire” Nanni Moretti firma il suo “8½” giocato tra ironia e malinconia

copyright Alberto Novelli per Fandango e Sacher Film
21 Apr 2023

di Sergio Perugini

L’ultima Palma d’oro che l’Italia ha vinto al Festival di Cannes risale al 2001, ed è quella per “La stanza del figlio” di Nanni Moretti. A distanza di ventidue anni si torna a sperare proprio con un altro suo film, “Il sol dell’avvenire”, dal 20 aprile in 500 copie nei cinema italiani con 01 Distribution, una produzione targata Sacher Film, Fandango, Rai Cinema e Le Pacte. Moretti si presenta in gara sulla Croisette – ci sono anche Marco Bellocchio con “Rapito” e Alice Rohrwacher “La chimera” – con un film bellissimo, marcatamente “morettiano”: non un’opera-testamento, ma una riflessione acuta, brillante e malinconica sul cinema, sull’atto creativo e le difficoltà che si sperimentano oggi in un consumo culturale veloce e rapace, dove a far la voce grossa sono soprattutto le piattaforme. Moretti va coraggiosamente “controcorrente”, come lui stesso ribadisce, continuando a fare film per il cinema, per gli spettatori in sala. “Il sol dell’avvenire” è un’opera stratificata, ariosa, densa di riflessioni e suggestioni, alternando più piani narrativi: è un film nel film, uno sguardo ironico e disincantato sulla professione e al contempo un viaggio nelle pieghe della Storia, nella Roma del 1956, al tempo dell’invasione sovietica in Ungheria. Un involontario parallelismo con il presente, con il confine d’Europa in fiamme per una nuova, inaccettabile, invasione di campo. Il punto Cnvf-Sir.

Multiverso Moretti

Scritto dallo stesso Moretti insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella, “Il sol dell’avvenire” è un’opera composita che contiene più piste narrative. Anzitutto, si parte dalla Roma di oggi dove Giovanni (Moretti) è un regista pronto a girare il suo nuovo film. A produrlo, come sempre, è la moglie Paola (Margherita Buy), che questa volta si divide con il set di un film action-poliziesco – cosa che a Giovanni fa storcere il naso –, mentre le musiche sono curate dalla loro figlia Emma (Valentina Romani), che ha appena rivelato ai genitori di essersi innamorata di un diplomatico polacco settantenne (Jerzy Stuhr). Nonostante il coproduttore francese Pierre (Mathieu Amalric) manifesti un entusiasmo trascinante, non sono pochi gli affanni produttivi: non resta altro che bussare alla porta di Netflix.

A tutto questo si sovrappongono le sequenze del film realizzato da Giovanni: nella Roma del 1956, in periferia, dove sono appena arrivati la corrente elettrica e i primi televisori, ad animare l’impegno civico è un caposezione del Pci (Silvio Orlando), un giornalista del quotidiano “L’Unità”, affiancato da una tenace “pasionaria” (Barbora Bobulova). Sono i giorni in cui giunge nel quartiere un circo ungherese, proprio quando l’Ungheria viene occupata dai carri dell’Unione sovietica: uno shock per tutti, soprattutto per alcuni militanti del Pci che chiedono un segnale di discontinuità, una parola di condanna da parte di Palmiro Togliatti.

copyright Alberto Novelli per Fandango e Sacher Film

Un film politico, che si smarca dalla politica
Il filo rosso della politica corre lungo i vari titoli di Nanni Moretti. Nonostante ci sia un evidente richiamo alla militanza nel Pci, “Il sol dell’avvenire” a ben vedere si smarca dalla politica. Vero cuore narrativo è infatti il valore del cinema, inteso come sguardo vitale e necessario, sempre attuale, al di là delle seducenti sirene delle piattaforme che spingono gli spettatori altrove, lontano dalla sala.

Nello spassoso faccia a faccia di Giovanni e Paola con i delegati Netflix (Elena Lietti), le trattative si spiaggiano in maniera tragicomica davanti a una ripetizione senza sosta di algoritmi, percentuali e slogan come “siamo presenti in 190 Paesi”. Moretti, con una ironia affilata, non pungola di per sé Netflix, ma quella tendenza produttiva tesa a ridurre un progetto a una tombola di numeri e cifre senz’anima. L’autore chiede di più, un ritorno a una visione consapevole.

Ancora, in un’altra sequenza esilarante assistiamo allo sfogo di Giovanni rivolto a un giovane regista di thriller-polizieschi, che sta girando la scena di un’esecuzione criminale. Attraverso il suo alter ego, Moretti si lancia in un’accorata denuncia contro tale deriva estetica e morale. Punta il dito contro quel cinema o serie Tv che rincorrono pedissequamente il fascino della violenza, del Male fine a se stesso.

Con “Il sol dell’avvenire” Moretti firma un film politico nel senso più alto del termine, prendendo una posizione culturale precisa. Anzitutto l’autore invita a una reazione deontologica, valoriale; poi, sembra esortare a una custodia del cinema per tutelare la salute stessa della società: il cinema è un avamposto culturale contro la logica del deterioramento, una frontiera di resistenza dinanzi allo smarrimento in atto. Il cinema come sguardo capace di leggere la complessità del presente e le sue fratture, allargando al contempo l’orizzonte a una ritrovata fiducia.

Un caleidoscopio di canzoni e citazioni
“Il sol dell’avvenire” è anche un trionfo di musica.Nella storia principale, Giovanni confida alla moglie Paola di voler fare un film con le canzoni italiane. E così avviene: nel corso della narrazione si aprono momenti in cui irrompono i brani di Noemi (“Sono solo parole”), Franco Battiato (“Voglio vederti danzare”), Aretha Franklin (“Think”) o Fabrizio De André (“La canzone dell’amore perduto”), cantati da tutto il cast. Scene corali, quasi oniriche, come quella in cui il regista e l’intera troupe bloccano le riprese e iniziano a girare su loro stessi come dervisci rotanti sulle note di Battiato. Insomma, un “La La Land” morettiano da cui filtrano fantasie, amarezze e malinconie.

Frames “Il Sol Dell’Avvenire”
Nanni Mretti Director – Michele D’Attanasio Cinematographer (Copyright Fandango e Sacher Film)

Ancora, “Il sol dell’avvenire” è puntellato da rimandi cinematografici: da “Lola” (1961) di Jacques Demy con Anouk Aimée, giocoso “feticcio” del regista Giovanni che lo riguarda religiosamente ogni cinque anni all’avvio di un nuovo film, a “The Father” (2021) di Florian Zeller con Anthony Hopkins, citazione che Moretti usa per lanciarsi in una simpatica invettiva contro il ripugnante uso di ciabatte e soprattutto di sabot. Ancora, spazio a “San Michele aveva un Gallo” (1972) dei Taviani, “Apocalypse Now” (1979) di Francis Ford Coppola o “Un uomo a nudo” (1968) di Frank Perry, dal romanzo “Il nuotatore” di John Cheever.

Un “8½” morettiano dalle striature ironiche e commoventi   
Più che una semplice citazione, lo possiamo definire un personale confronto artistico: è il richiamo che Nanni Moretti fa a “8½” (1963) di Federico Fellini, di cui ricorrono i 60 anni. Un omaggio diffuso lungo tutto “Il sol dell’avvenire”, trovando il suo climax nella sequenza finale, lì dove i diversi piani narrativi convergono. Come nel film di Fellini sul finale si assiste alla parata del circo, al carosello corale, teso a simboleggiare il superamento della crisi creativa-esistenziale del regista Guido (Marcello Mastroianni), allo stesso modo nell’opera di Moretti va in scena una parata che simboleggia una ritrovata speranza. Si coglie anzitutto il riscatto del caposezione Pci che accantona l’idea di morte per la delusione politica vira a favore di un sogno d’amore; c’è poi il riscatto del regista Giovanni, che nonostante difficoltà professionali e tempeste familiari (l’improvvisa crisi con la moglie Paola, la figlia fidanzata con un settantenne), si scopre resiliente e comunque fiducioso, pronto a guardare avanti. Inoltre, si intravede il sogno di riscatto del cinema tout court, che nonostante le continue emorragie sa di potercela fare, di essere importante per lo spettatore. Un carosello morettiano che attiva belle emozioni, al crocevia tra sorriso e lacrime. “Il sol dell’avvenire” è un’opera che conquista e affascina, un film che scorre sicuro e agile con briosa leggerezza e nostalgia, puntellato qua e là da poesia. Consigliabile, problematico, adatto per dibattiti.

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Vita sociale

Rapporto Bes-Istat 2022: aumentano le disuguaglianze

E i giovani restano i più penalizzati, come fotografano i dati secondo cui il nostro Paese sia ancora in forte sofferenza per l’impatto degli ultimi tre, drammatici anni

foto Sir/Marco Calvarese
21 Apr 2023

di Stefano De Martis

Nonostante i tanti segnali positivi, il Rapporto Bes redatto dall’Istat documenta come il Paese sia ancora in forte sofferenza per l’impatto degli ultimi tre, drammatici anni: dominati dalla pandemia, dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina. Bes sta per benessere equo e sostenibile, rilevato secondo una serie molto articolata di indicatori (oggi sono ben 152) messi a punto e costantemente aggiornati da quando si è preso coscienza del fatto che il famoso Pil, il prodotto interno lordo, non potesse essere l’unica misura della crescita di una società. Il Rapporto di quest’anno, relativo al 2022, era atteso soprattutto in quanto orientato a mettere in luce le trasformazioni avvenute nel Paese rispetto al 2019, l’ultimo anno prima del covid.

Ad essere penalizzati soprattutto giovani e donne

“Le misure del Bes – spiega, presentando il Rapporto, Francesco Maria Chelli, membro del Consiglio dell’Istat e ordinario di statistica economica nell’Università delle Marche – ci mostrano come i divari territoriali, molti dei quali di lungo periodo, siano aumentati e, a mano a mano che ci si sposta del Nord verso il Sud e le Isole, prevalgano indicatori con segno negativo rispetto al periodo precedente”. A essere penalizzati sono soprattutto i giovani e, in termini diversi, le donne. Infatti – sottolinea Chelli – “se più della metà degli indicatori riferiti agli adulti ha registrato un miglioramento del benessere tale da superare, nell’ultimo anno disponibile, il livello precedente alla pandemia, per i giovani con meno di 24 anni, invece, è migliorato solo il 44% degli indicatori e una quota quasi equivalente (43%) è peggiorata”.

Quasi la metà delle donne escluse dall’indipendenza economica

I dati disaggregati secondo il genere richiedono una lettura particolarmente attenta perché il confronto con il 2019 evidenzia per le donne un miglioramento della maggioranza degli indicatori (il 52,8%) mentre per gli uomini l’andamento è inverso (positivi solo il 38,9% degli indicatori). “Tuttavia – rileva ancora Chelli – il 39% degli indicatori fotografa ancora uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile” e in particolare “un tasso di occupazione così basso da vedere escluse dalla indipendenza economica quasi la metà delle donne”. Rispetto al 2019 l’andamento più critico riguarda i “domini” Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.La percentuale di famiglie che reputa peggiorata la propria condizione economica è aumentata di dieci punti. I progressi si registrano invece nei settori Sicurezza, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita e Qualità dei servizi.Il raffronto con gli altri Paesi europei attribuisce all’Italia una situazione “peggiore” nella maggior parte degli indicatori. Spicca – e purtroppo non è una novità – il dato dei giovani che non studiano né sono occupati: i Neet sono il 19% rispetto alla media Ue dell’11,7%. Più in generale il tasso di occupazione italiano è di dieci punti inferiore alla media europea, con uno scarto ancora maggiore tra le donne (55% contro 69,4%).

Pallucchi (Forum Terzo settore): “Indispensabile investire importanti risorse pubbliche sul welfare per cambiare rotta”

“Gli indicatori Bes confermano l’assoluta necessità di dirigere il Paese verso un modello di sviluppo che consideri prioritario il contrasto a disuguaglianze e povertà, che sia sostenibile dal punto di vista economico e ambientale, che dia valore alle relazioni sociali, unico vero argine contro la solitudine, soprattutto dei più giovani. È indispensabile investire importanti risorse pubbliche: il tessuto socio-economico italiano non può migliorare a costo zero”. Così Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo settore, commentando il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) di Istat. “Chiediamo che si lavori per un utilizzo lungimirante delle risorse del Pnrr, che rischia di trasformarsi in un’occasione mancata, e per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai diritti, anche alla luce del percorso che si sta avviando sui Lep”, ha aggiunto Pallucchi.

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Ricorrenze

Card. Zuppi: “Don Tonino, ti chiediamo perdono!”

Nel 30° anniversario della morte del ‘vescovo dei poveri’, il presidente della Cei ha detto nell’omelia: “Davi fastidio e purtroppo il problema diventava la tua voce e non il nostro fastidio”

21 Apr 2023

“Non componevi frasi a effetto ma descrivevi la poesia di amore della vita da mistico che penetrava la realtà, divorato dall’amore per Dio e per il tuo prossimo che volevi fosse anche il nostro. Davi fastidio e purtroppo il problema diventava la tua voce e non il nostro fastidio! Ecco perché ti chiedo perdono”. Lo ha affermato giovedì 20 sera il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, durante la concelebrazione eucaristica che ha presieduto nella cattedrale di Molfetta in occasione del 30° anniversario della morte del venerabile Antonio Bello. Nell’omelia il porporato ha condiviso “la necessità di chiedere perdono a don Tonino”. “Tutti salvavamo il buon cuore ma spesso bollandolo di ingenuità o come troppo di parte”, ha riconosciuto il card. Zuppi, aggiungendo: “Non facevi sconti e ricordavi che l’amore per Dio e per il nostro fratello più piccolo sono la stessa cosa e che, se manca uno, manca anche l’altro”. “Un’ultima richiesta di perdono, come si deve fare tra uomini veri, come tu ci hai insegnato ad essere”, ha proseguito: “Quando imitiamo la tua parola senza viverla, la svuotiamo rendendola
verbalismo compiaciuto, mentre per te era far parlare la vita e in questa scorgere il volto di Cristo, quello che cercavi con profonda sete d’amore davanti al tabernacolo e nell’eucarestia e che riconoscevi nel volto dei tuoi, suoi, nostri piccoli. Ci hai messo in guardia dal riporre il grembiule nell’armadio dei ‘paramenti sacri’, per comprendere che ‘stola e grembiule sono il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale’”. “Don Tonino aveva il gusto della comunione”, ha ricordato ancora il presidente della Cei: “Per lui le parole ‘camminare’ e ‘insieme’ erano inseparabili e rendevano ragione l’una all’altra: non c’era altro modo di camminare se non insieme e non c’era altro motivo di stare insieme se non per camminare. La Chiesa non è fatta per essere stanziale, per chiudersi nell’autocontemplazione, ma per camminare nelle strade degli uomini. Se restiamo stanziali finiamo inevitabilmente per discutere su chi è più grande e il servizio diventa considerazione personale e non dare considerazione al prossimo!”. “Don Tonino – ha continuato il card. Zuppi – ha prefigurato una Chiesa sinodale tant’è che la sua prima lettera pastorale è stata il frutto di una scrittura collettiva in cui tutte le presenze della comunità erano state invitate a ripensarsi e a riscriversi: ‘Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi’”. “Sapeva stare con la stessa scrupolosa attenzione sia accanto alle persone conosciute con nomi, volti, storie e vicende personali, sia sui temi planetari della pace e della guerra, dell’ambiente e delle migrazioni…”, il profilo del venerabile tracciato dal presidente della Cei, rilevando che “non era un semplice interesse per il globale o per l’agire locale, ma una straordinaria capacità di amore che lo portava a sporgersi sempre oltre se stesso”. “Nella domenica prima di morire, dettando il suo testamento spirituale, diceva: ‘È il giorno del Signore. Ed è bellissimo’. Grazie, don Tonino, perché – ha concluso il card. Zuppi – hai vissuto e ci continui ad insegnare a vivere questa bellezza, tutta umana e tutta di Dio che senza misura ci dona lo Spirito e dà in mano ogni cosa a chi lo cerca”.

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Sport

Mirko Corsano alla Prisma: “Facciamoci rispettare nella pallavolo che conta”

20 Apr 2023

di Paolo Arrivo

Calato il sipario sulla stagione 2022/23, con l’eliminazione nei preliminari per i playoff quinto posto, è tempo di pensare al futuro non troppo remoto. La Gioiella Prisma Taranto ha ufficializzato l’accordo con Mirko Corsano che torna ad essere direttore sportivo della società ionica. Il ritorno fa da contraltare alla partenza di coach Di Pinto, sostituito da Vincenzo Mastrangelo, il quale farà il suo esordio da primo allenatore in Superlega.

Step by step

Le prime parole di Mirko Corsano non potevano che essere piene di soddisfazione: “Sono contentissimo che la dirigenza abbia apprezzato quello che ho fatto due stagioni fa. Sono quindi dell’idea di continuare su quella linea: so quello che mi chiede la Presidenza e quanto posso dare, e sono felicissimo di mettere ancora a disposizione la mia esperienza”. Quanto alla squadra, traccia la strada da seguire per ben figurare nel prossimo campionato di Superlega: “Mi aspetto per il prossimo anno una stagione di crescita: fare sempre meglio passo dopo passo, mi auguro di lavorare bene sia con l’allenatore che con la dirigenza, con cui mi sto già sentendo; l’auspicio è quello di fare sempre un passo in più cercando di farci sempre rispettare nella pallavolo che conta, in un campionato in cui si proverà a soffrire meno”.

Chi è Mirko Corsano

Classe 1973, nato a Casarano (Lecce) e cresciuto a Ugento, il nuovo ds della Gioiella Prisma ha alle spalle una lunga carriera da giocatore: è stato il libero di Modena, Milano, Macerata e Roma. Ha vinto tanti titoli e trofei. Ricordiamo i 3 scudetti, una Champions League e 3 Coppe Cev. Ha vestito la maglia della nazionale italiana vincendo un Mondiale e 3 Europei. È poi diventato allenatore. Nella stagione 2021/22 ha fatto parte del quadro tecnico-dirigenziale della Prisma Taranto in qualità di direttore sportivo del club promosso in Superlega, centrando l’obiettivo della salvezza. L’auspicio è che possa contribuire alla crescita di una realtà chiamata a non accontentarsi della partecipazione nel massimo campionato di pallavolo maschile ma a tagliare traguardi più ambiziosi.

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Ricorrenze

Don Tonino Bello, mons. Baturi (Cei): “Ha colto il bene presente nel popolo di Dio e lo ha servito fino alla fine”

Nel giorno in cui si celebrano i 30 anni dalla morte del ‘vescovo dei poveri’, il segretario generale della Cei auspica di “guardare ai grandi esempi come don Tonino per scoprire anche quelli sconosciuti di dedizione e di amore nelle nostre comunità”

foto Siciliani Gennari-Sir
20 Apr 2023

“Ha saputo interpretare un linguaggio capace di aprire i cuori al bene e alla solidarietà. Parlava in modo chiaro e comprensibile alle persone, era capace di aprire i cuori all’amore di Dio e dei fratelli. Non è stato soltanto profetico, perché non ha semplicemente atteso in vita qualcosa che ancora non c’era. Piuttosto ha saputo cogliere il bene che è già presente nel popolo di Dio e lo ha servito fino alla fine”. Nel giorno in cui si celebrano i 30 anni dalla morte di don Tonino Bello, mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, auspica che “la capacità di coniugare l’amore in Dio e la fiducia in Lui, perché don Tonino era uomo di fede, con il servizio ai fratelli sia talmente diffusa da trasformare l’Italia. Santa Caterina diceva: ‘Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo’. E ce n’è davvero bisogno”. Infine, aggiunge mons. Baturi: “Guardare ai grandi esempi come don Tonino ci deve aiutare a scoprire anche gli esempi sconosciuti di dedizione e di amore nelle nostre comunità. Tanta gente dà la vita in maniera totalmente gratuita e ne ignoriamo persino il nome”.

 

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Eventi cittadini

Da venerdì 21, sui tetti di via Pentite in città vecchia, va in scena Post Disaster

20 Apr 2023

Sono arrivate da poche ore a Taranto e lavorano nella “sala off” del teatro TaTà, al quartiere Tamburi. Silvia Calderoni e Ilenia Caleo si preparano alla performance di sabato 22 alle ore 18 sul tetto di via Pentite angolo vico Innocentini, in Città vecchia.

Il titolo che hanno scelto è ThefutureisNOW? #3 e rievoca l’azione Zen for Head di Nam June Paik (1962). In Zen for Head, Paik immerge la testa nella pittura e disegna una linea sulla carta, e poi lascia l’opera aperta a chiunque vorrà riprodurla. Le artiste invece contestualizzano l’opera nella condizione particolare di Taranto, lavorando su due concetti chiave: corpi-batteri (il mare come colonia brulicante, scrittura vivente) e corpi-corrosivi (tracce sedimentate da alterità radicali). La loro performance è il fulcro dell’edizione 2023 di Post Disaster Rooftops Ep04, un progetto che nasce dall’idea del collettivo Post Disaster, composto da i designer ed architetti Peppe Frisino, Gabriella Mastrangelo, Grazia Mappa e Gabriele Leo e si sviluppa sui tetti della Città vecchia di Taranto, creando un ponte con il design, l’arte contemporanea e la comunità. Questa quarta edizione o quarto episodio, è particolarmente importante perché si tratta di una delle nove attivazioni sui territori di “Spaziale presenta”, la fase propedeutica alla realizzazione di “Spaziale: Ognuno appartiene a tutti gli altri”, il progetto del collettivo Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi) per il Padiglione Italia – 18a Mostra Internazionale di Architettura 2023 – La Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. E proprio da Fosbury Architecture arriva l’idea di un gemellaggio tra il collettivo tarantino e la performer di fama internazionale, Silvia Calderoni.

ph @pietrobertora

«Siamo veramente entusiaste di questo incontro con la collettività di Post Disaster – racconta Silvia Calderoni – e si tratta della prima volta per noi a Taranto, una città che ci ha attirato e finalmente adesso stiamo vivendo. L’incontro con Post Disaster è stato una reazione chimica a pelle, che è un po’ quello che andremo a ‘lavorare’ sabato in questa location incredibile che sono i tetti della Città vecchia. D’accordo con il collettivo abbiamo deciso di non preparare tutto a Roma, dove viviamo ma di prenderci un tempo per costruire il lavoro qui, un tempo per stare e farci guidare dentro questa collettività tarantina. Sabato non sarà una giornata scritta a penna sul foglio ma una giornata fortemente desiderata. Non sappiamo bene cosa accadrà ma non per disorganizzazione ma perché la presenza del pubblico, il fattore umano, è per noi e per Post Disaster una variabile assolutamente dipendente rispetto a quello che andremo a fare. Cercheremo di farci contaminare, provando a declinare con nuovi significati questa parola, che qui a Taranto suona molto dura, facendola diventare produttrice di piacere».

«È un’azione performativa molto aperta. Stiamo studiando degli elementi che entrano in reazione con la presenza degli spettatori – prosegue Ilenia Caleo – in un lavoro che è ambientale, perché si rifà molto a quello che c’è intorno ai tetti. L’idea, maneggiando sostanze liquide e acquose, è il rimando all’acqua che circonda la città. Lavoreremo con sostanze reagenti, irritanti, che lasciano delle tracce che restano anche in tempi diversi. Una partitura fisica, quella che scriveremo, che richiama a quello che lascia un segno, che siano sostanze tossiche o percorsi animali o non umani».

 

Di seguito il programma della tre giorni che parte domani.

Venerdì 21 aprile dalle 18.30 alle 21 (circa) in via Pentite, ad angolo con vico degl’Innocentini

PRELUDIO un’azione in 2 atti i cui confini temporali sono sfumati e intrecciati. La prima parte è una pratica corporea, la seconda è una pratica di ascolto.
Dalle 18:30 – 20:00 una sessione di Tai chi-Qigong, una pratica energetica che agisce attraverso la consapevolezza del respiro, della postura e dei movimenti circolari armonici. A curarla Francesco Zita, insieme a Roberta Mansueto, con sonorizzazione finale di Donato Epiro, dal titolo “Nessuna natura”, di una quarantina di minuti. Un ritorno quello di Epiro, in altra veste, dopo la performance dello scorso anno con Canti Magnetici, di cui è fondatore.
Alla lezione di Tai chi- Qigon l’ingresso è libero e gratuito. Ci sono può prenotare scrivendo un’email a post.disaster.rooftops@gmail.com.

Sabato 22 aprile alle 18.00 in via Pentite, ad angolo con vico degl’Innocentini

ThefutureisNOW? #3 è una performance di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo (EVENTO DELLA TRE GIORNI)

Domenica 23 aprile dalle ore 12, in via Pentite, ad angolo con vico degl’Innocentini

Be an Ally – assemblea, con Ilenia Caleo, Ilaria Lupo, Martina Muzi. Torna la modalità di incontro e condivisione, tra analisi di nuove pratiche e scenari auspicabili per la città e per l’arte.

Alle 15,00 il “dessert” con Salgemma, che segue la comunicazione di Post Disaster dalla prima edizione e racconterà l’attività curatoriale dietro il progetto di networking e di comunicazione attivo dal 2020 in Puglia, e il progetto editoriale del magazine, con un focus dal titolo Contemporary Art and Culture in Apulia. Si rifletterà su lavoro culturale e pratiche artistiche.

Post Disaster Rooftops EP04 è un’iniziativa realizzata nell’ambito di “Spaziale: Ognuno appartiene a tutti gli altri” del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2023 promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. L’iniziativa gode del supporto del Comune di Taranto nell’ambito del “Piano di Rigenerazione Sociale per l’Area di Crisi di Taranto” Art. 1, comma 8.5 del D.L. 4/12/2015 n. 191, approvato con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 07/07/2020 e di Fondazione Con il Sud – Progetto “L’isola che accoglie”.

Post Disaster Rooftops EP04 è realizzata con il contributo degli sponsor Teleperformance Italia, Italia Patria della bellezza e con la collaborazione di Teatro Crest, ETS Symbolum, Fondazione Matera 2019 – Open Design School.

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Libri

Con “Chiamatemi Leo”, Roberta Morleo tiene vivo il ricordo di un tarantino illustre: Leo Pantaleo

Una biografia, ma soprattutto una valanga emozionale, che si snoda attraverso il rocambolesco percorso professionale del regista, commediografo, attore e costumista

foto Martino Marzella
20 Apr 2023

La storia di Leo Pantaleo – per Taranto una figura importantissima sul piano artistico e culturale -, personaggio eclettico, stravagante e affascinante allo stesso tempo, non poteva concludersi con la sua scomparsa, risalente a sei anni fa, il 13 aprile, venerdì santo della Pasqua 2017.
È arrivata una biografia, ed è stata per molti una valanga emozionale. Perché non solo della rocambolesca vita professionale del regista, commediografo, attore e costumista parla la giornalista e sua amica Roberta Morleo, che all’inizio del 2000 ne curava le pubbliche relazioni nel piccolo teatro di via Matteotti,  ma anche del suo vissuto più intimo e privato, che con la vita artistica inevitabilmente si intreccia creando una narrazione di eccezionale impatto emotivo.

La presentazione alla città

foto Martino Marzella

Il 16 aprile scorso, nella biblioteca Acclavio di Taranto, la biografia di Leo Pantaleo, a firma di Roberta Morleo (che ha voluto assieme alla sua anche quella del regista scomparso) è stata presentata alla città. Il libro – trecento pagine ricche di foto per la maggior parte inedite – si chiama “Chiamatemi Leo”, come uno dei sedici capitoli che lo compongono. Le pagine scorrono come un film a colori, ogni paragrafo è un pezzo di vita dell’artista, vissuto fra il capoluogo jonico e la Capitale, dove le sue capacità istrioniche e la sua inesauribile creatività trovarono il giusto humus, dalla fine degli anni 60 all’inizio degli ’80, fino al definitivo ritorno a Taranto.
I piani temporali si inseguono e si incrociano, a volte si stoppano e tornano brevemente indietro, per il tempo di un breve flash o di una sequenza filmata.
Nella prima serata di presentazione, circa duecento persone hanno affollato la sala Agorà della biblioteca. Nulla è stato casuale, nella “Prima” dedicata a Pantaleo. Una piccola esposizione di sue foto, giovanili e non, corredata da articoli di giornale e da due manichini abbigliati dagli splendidi abiti da lui confezionati, hanno accolto gli ospiti.  A fare gli onori di casa, l’assessore alla cultura Fabiano Marti, a sua volta attore di Pantaleo alla fine degli anni 90. Dopo l’intervento dell’editore Piero Massafra (Scorpione Editrice, che ha curato il progetto editoriale), Roberta Morleo, visibilmente emozionata ma a suo agio davanti alle telecamere che per anni hanno fatto parte del suo habitat naturale ( per anni giornalista televisiva, da Videolevante a Studio 100, ora ufficio stampa di Confindustria) è stata intervistata dai giornalisti Simona Giorgi e Angelo Caputo, e a sua volta è stata lei a chiedere loro, che di Pantaleo erano amici, ricordi e aneddoti particolari.
Due ore di dibattito –con una sala attenta e pressoché rapita dalle foto di Pantaleo che si avvicendavano sullo schermo – hanno caratterizzato una serata dal sapore più simile alla festa fra vecchi amici che alla presentazione di un libro. Nell’agorà della biblioteca, mentre le immagini scorrevano, si aggirava una mastodontica figura femminile: il sorprendente trasformista Amerigo Ruocco, nei panni di Anna Fougez, abbigliato con quello che fu uno degli splendidi costumi di Pantaleo.
Al termine, è stato proposto il video realizzato da Valerio Balestrieri, già attore di Pantaleo, da anni lontano da Taranto come dal palcoscenico, (che in questo modo, pur a distanza, ha voluto celebrarlo). Molti gli occhi lucidi e i volti contratti dalla commozione, a testimoniare il grande affetto nei confronti di un’artista mai dimenticato che Taranto meritava di celebrare.

 

 Chi era Leo Pantaleo

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Nato ad Alberobello, vissuto fra Taranto e Roma, Leo Pantaleo è stato quello che si dice un’artista a 360°. Dissacrante e innovatore, ha calcato i più prestigiosi palcoscenici italiani, lavorando con registi del calibro di Fellini, Patroni Griffi, Comencini, Rossellini e Strehler, portando il suo personalissimo talento anche all’estero. ll suo teatro e i corsi teatrali da lui realizzati sono stati fucina di giovani aspiranti attori che ora calcano le scene nazionali.

La sua scheda biografica – curata anch’essa da Roberta Morleo – è consultabile al Mudit, il Museo degli Illustri Tarantini, inaugurato a Taranto ad ottobre 2022. 

“Chiamatemi Leo” è in tutte le librerie e nei circuiti on line.

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Emergenze ambientali

“Terra e Mare da salvaguardare”: un progetto dell’associazione ‘Marco Motolese’

20 Apr 2023

L’associazione “Marco Motolese” torna a occuparsi dei due quartieri di Taranto in cui bellezza e disastro ambientale si incontrano: l’isola della Città vecchia, la zona più antica che trasuda storia da ogni pietra e il rione Tamburi.
A queste due realtà è dedicato il nuovo progetto “Terra e Mare da salvaguardare” Earth – Sea to safeguard” che è stato presentato in conferenza stampa nella biblioteca “Marco Motolese” al Quartiere Tamburi. Iniziando Carmen Galluzzo, presidente dell’associazione culturale e di volontariato “Marco Motolese”, ha ricordato come già nell’ormai lontano 1995 avesse pubblicato il libro “Il mio quartiere i Tamburi Conoscere per Amare per Rispettare” che narra la storia del quartiere, realizzato con gli insegnanti e gli alunni della scuola “De Carolis.
Oggi l’associazione culturale e di volontariato “Marco Motolese” ha ideato e promosso il nuovo progetto “Terra e Mare da Salvaguardare”, del quale è capofila, con partner l’associazione ArmoniE ODV, presente in conferenza il presidente m° Alma Di Gaetano, e gli istituti comprensivi “Galilei-Giusti” e “Vico-De Carolis”, presenti in conferenza i rispettivi dirigenti Antonietta Iossa e Vania Lato.
Il progetto si avvale del patrocinio del Comune di Taranto e della Provincia di Taranto, e della collaborazione del Club per l’Unesco di Taranto, del Cnr Taranto, del Irsa-Cnr Bari e dell’Aps Optima Fabrica, e con media partner Ora Quadra. Il Progetto Terra e mare da salvaguardare” è sostenuto dal Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo Settore (artt. 72 e 73 n. D.Lgs. n. 117/2017) – Avviso PugliaCapitaleSociale 3.0.
Il progetto realizzerà, per un lungo periodo, un intervento attivo sul territorio per raggiungere diversi obiettivi, tra i quali lo sviluppo e il rafforzamento della cittadinanza attiva, della legalità e della corresponsabilità attraverso la tutela e valorizzazione dei beni comuni, nonché la crescita della cultura del volontariato, in particolare tra i giovani.
I veri protagonisti del progetto, infatti, saranno i ragazzi della Città vecchia e del Quartiere Tamburi che, in collaborazione con le istituzioni, le associazioni, gli enti locali e la rete progettuale, verranno coinvolti in attività che possano renderli “attori” del proprio contesto territoriale, della propria comunità e del proprio periodo storico.
Così i ragazzi si impegneranno ad ampliare la “Biblioteca del Mare” dell’associazione Marco Motolese, a Ketos in città vecchia, e faranno ricerche storiche nella Biblioteca Marco Motolese nel quartiere Tamburi fornita di 30.000 libri.
A loro favore, inoltre, saranno organizzati seminari e convegni sul tema “Earth – Sea   to safeguard” e verranno attivati incontri nelle scuole con la presentazione di libri, e non solo, merende culturali nella Biblioteca Marco Motolese, tutte attività rivolte ai ragazzi e ai loro genitori e ai cittadini in cui verrà raccontata la storia del territorio e del mare di Taranto.
Infine verrà attivato un information point in Facebook, e una newsletter per informare la cittadinanza delle varie iniziative sul territorio e ricevere eventuali segnalazioni di disagio, bisogno ambientale e/o sociale.
I ragazzi diverranno così veri e propri guardiani del territorio guidati da un coordinatore e grazie alla collaborazione con équipe qualificate, con le istituzioni e gli enti locali del terzo settore.
Il progetto, inoltre, si propone come obiettivo la promozione e la salvaguardia delle aree ambientali, interventi e servizi finalizzati al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.
In questo senso particolare attenzione sarà dedicata alla conoscenza del nostro mare e salvaguardia dei suoi beni naturali nonché conoscenza di archeologia marina e percorsi di salvaguardia della pinna nobilis.
Un’azione del progetto prevede di liberare i terreni dai metalli pesanti piantando una serie di pioppi sotto forma di talee che in poco tempo, grazie al cosiddetto “Fitorimedio”, possono costituire una possibilità per il futuro del nostro territorio.

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Diritti umani

Migranti, mons. Savino (Cei): “Perplessità su stato di emergenza e protezione speciale”

foto Sir
20 Apr 2023

“Ho delle perplessità, come cittadino e come vescovo, quando sento parlare di stato di emergenza e di togliere la protezione speciale. Penso che sia importante il confronto per cercare di trovare le soluzioni alle questioni delle politiche migratorie, mettendo da parte pregiudizi e approcci ideologici”. Lo ha affermato mercoledì 19 mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente Cei, nel giorno in cui al Senato è prevista la votazione sul cosiddetto “decreto Cutro” sui migranti.
Mons. Savino ha parlato a margine del 43° convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso a Salerno. In assemblea aveva ribadito, poco prima, che “la Caritas o la Chiesa italiana non possono essere come una foglia di fico rispetto a certe politiche inadeguate. Vogliamo attivare processi di cambiamento”. Il riferimento è alle questioni povertà e immigrazione. “La Caritas da sempre testimonia il principio della sussidiarietà che fa crescere il rapporto tra società, enti, associazioni e istituzioni politiche – precisa mons. Savino -. Ritengo che la Caritas debba dialogare con le istituzioni politiche con l’auspicio che ascoltino la voce di chi capta i bisogni concreti e reali nei centri di ascolto, nel rispetto dei ruoli. Mai come in questo momento complesso e complicato, camminando insieme, possiamo raggiungere maggiori risultati per il bene comune”.  “Sono convinto che possiamo far sì che l’immigrazione da problema diventi una risorsa – ribadisce -, soprattutto quando leggo che un maggior numero di immigrati può abbassare il debito pubblico e quando sento che la Confindustria e gli imprenditori, dati alla mano, chiedono maggiori risorse”. Allora, prosegue, “mettiamo da parte pregiudizi e certi slogan. Evitiamo di essere sempre in campagna elettorale per seguire molto spesso atteggiamenti populisti o qualche prurito di pancia. Sapendo però che il tema dell’immigrazione non è di facile soluzione”.

Mons. Francesco Savino interviene al 43° Convegno delle Caritas diocesane a Salerno – foto: F.Carloni/Caritas italiana

Da qui l’appello “alle politiche europee e nazionali. Noi come Chiesa siamo disponibili al confronto anche se finora facciamo fatica ad essere ascoltati. Poi è chiaro che la politica deve fare le proprie scelte. Io valuterò il tutto dalle decisioni che prenderanno”. Nei giorni della tragedia di Cutro mons. Savino era stato sul posto a nome della Cei e anche oggi rinnova il suo invito a “non ragionare per partito preso, per slogan o precomprensioni ideologiche o perché dobbiamo rispondere a certi pseudo-desideri della gente, nel rispetto di chi la pensa diversamente da noi. Penso che in un tavolo serio di confronto su povertà e immigrazione possiamo portare a scelte politiche e istituzionali più rispettose”. Anche perché, citando Aldo Moro, “la democrazia cresce nella misura in cui c’è un rapporto equilibrato tra diritti e doveri” mentre “spesso ho l’impressione che certi diritti vengano quotidianamente alienati”, come ad esempio “il diritto di migrare”. “A scuola abbiamo studiato che i popoli sono l’insieme dell’incrocio di popoli diversi – ricorda -. Il tema non è di facile soluzione, non possiamo certo dire ‘tutti gli immigrati da noi’. Ecco perché l’Europa se c’è deve battere un colpo su queste questioni. Sono convinto che la grande opportunità democratica consiste nel fare dei fratelli immigrati una risorsa più che un problema. Sulla questione dell’immigrazione ci giochiamo sia una civiltà dell’amore sia una democrazia più matura”.

 

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Parlamento Ue

Parlamento Ue: ‘No’ a utilizzare fondi europei per costruire muri alle frontiere

foto Sir/european parliament
20 Apr 2023

No a fondi europei per costruire muri contro i migranti. La notizia emerge da una votazione tenutasi mercoledì 19 aprile a Strasburgo, nell’emiciclo del Parlamento europeo. Gli eurodeputati hanno infatti respinto una risoluzione sulle priorità per il bilancio comunitario 2024. Il testo conteneva la proposta dei Popolari, formulata dal capogruppo Manfred Weber, di destinare “immediatamente ingenti fondi Ue e risorse a sostegno degli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere”. L’emendamento avanzato dal Ppe, che aveva il sostegno dei gruppi di destra e nazionalisti, è stato in realtà approvato dalla maggioranza dei deputati con 322 sì, 290 voti contrari e 20 astenuti. Ma in seguito il voto finale sull’intera relazione (autore l’eurodeputato popolare polacco Janusz Lewandowski) ha ribaltato il risultato: il testo è stato respinto con 321 voti contrari, 210 favorevoli e 105 astenuti. E con esso decade l’emendamento.

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Ecclesia

Mons. Francesco Neri è il nuovo arcivescovo di Otranto

19 Apr 2023

Mons. Francesco Neri è il nuovo arcivescovo di Otranto. Lo ha nominato mercoledì 19 papa Francesco accettando la rinuncia al governo pastorale presentata da mons. Donato Negro. Mons. Neri, finora consigliere generale dell’ordine dei frati minori cappuccini, è nato il 21 dicembre 1959 a Catanzaro. Ha emesso la professione perpetua nell’ordine dei frati minori cappuccini il 7 ottobre 1990 ed è stato ordinato sacerdote il 6 luglio 1991. Dopo essersi laureato in Giurisprudenza, ha conseguito anche la laurea in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha ricoperto i seguenti incarichi: docente di Cristologia, Teologia Trinitaria e Antropologia teologica (dal 1994); maestro dello studentato teologico di Bari Santa Fara (1995-2006); assistente della sezione diocesana dell’Unione giuristi cattolici (1998-2006); vicario provinciale della Provincia Cappuccina di Puglia (2003-2006); ministro provinciale della Provincia Cappuccina di Puglia e presidente della Cism regionale pugliese (2006-2012); membro del Consiglio presbiterale dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto (2007-2012); vice-preside della Facoltà teologica pugliese (2012-2018); direttore dell’Istituto teologico di Bari Santa Fara (2015-2017); rettore del Collegio internazionale San Lorenzo da Brindisi a Roma (2017-2018). Dal 2018 è consigliere generale dell’Ordine a Roma. È stato inoltre membro della Commissione mista Conferenza episcopale pugliese-Vita consacrata, direttore della rivista “Italia francescana” della Conferenza italiana dei Ministri provinciali cappuccini, assistente locale dell’Ordine francescano secolare e della Gioventù francescana.

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Sport

Rossetti, il KO che brucia: un passaggio fondamentale nella carriera di Nino

L'incontro perso con Luca Chiancone - foto Merigo
19 Apr 2023

di Paolo Arrivo

I Grandi sono fatti per le grandi imprese. E anche il KO rimediato da Giovanni Rossetti, per mano di Luca Chiancone, rappresenta a suo modo un’impresa, in negativo: sta a lui attingere a tutte le risorse di cui dispone per tornare ad essere il grande “Nino”. Finire al tappeto dopo poco più di un minuto è stata un’esperienza scioccante per tutti coloro che hanno assistito al match in diretta televisiva su RaiSport. I due colpi ricevuti, il secondo al mento in particolar modo, hanno mandato in frantumi l’ambizione di conservare il titolo di campione italiano dei pesi medi, e vanno intesi come parte dell’imprevisto. Di ciò che può accadere sul ring e nell’esistenza a tutti noi.

Rossetti nel cuore dei tifosi

Numerose le attestazioni di solidarietà fatte recapitare al pugile. Tutti i tarantini gli augurano di risollevarsi al più presto, considerando la sconfitta un mero incidente di percorso. Che non può pregiudicare l’ottimo cammino intrapreso da chi si è già laureato campione del mondo youth. L’età, 22 anni, gioca a favore di Giovanni Rossetti, orgoglio della palestra Quero Chiloiro. Lì dovrà continuare ad allenarsi ogni giorno mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti nella sua carriera giovane. Percorso che ha avuto nell’incontro con il procuratore Mario Loreni della Promo Boxe Italia il punto di svolta.

L’umiltà del nuovo campione

Presentato come uno spaccone che preannunciava la vittoria sui social, nel post incontro Luca Chiancone si è dimostrato invece un atleta umile: riconosce di non avere la classe, il talento di Nino, compensato dalla voglia di lavorare sodo. Con quest’affermazione ha portato alla ribalta la sua città Trieste. Ma andiamoci piano con i complimenti, con le affermazioni: prima di dire che è l’erede di Mitri e Benvenuti, vediamolo meglio in altri incontri. Lui stesso preferisce mantenere basso il profilo svelando la ricetta del successo. La conoscono gli atleti di tutte le discipline sportive: occorre allenarsi pensando che il tuo avversario sarà più forte di te. Le motivazioni allora contano nella stessa misura del corpo. Fino al punto di sovvertire il pronostico. La legge dello sport, inoltre, insegna che nessuno è invincibile: il campione sa rialzarsi dopo ogni caduta diventando più forte.

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