Nei “Risvegli”, la metafora della ricerca del senso della vita: l’ultimo libro di Marco Testi
Una rappresentazione dei “Carmina Burana” solo per lui – svolta in una chiesetta di campagna, dove è stato accompagnato da una silente e misteriosa signora – a cura di una compagnia di attori, alquanto instabile, formata da emarginati e vagabondi, ma nobilitati dallo spirito dell’arte quando calcano le scene, sia pure quelle più umili dalle piazze delle periferie europee. Ma quella messa in scena ha in sé qualcosa di speciale: sembra fatta proprio per quel solitario spettatore, fuggito in una sera di fine inverno dal vivere convulso della metropoli. È proprio la metafora della sua vita e sembra che racchiuda preziosi insegnamenti: li saprà cogliere ed avvantaggiarsene? Al risveglio, il dubbio che tutto non sia stato altro che il sogno di un uomo addormentato in una solitaria abbazia persa nel fitto delle nebbie.
Così, il suggestivo dipanarsi della trama di “Risvegli”, scritto per le Robin Edizioni da Marco Testi, docente alla facoltà universitaria “Trocchi” collegata con la Pontificia Università Lateranense, storico e critico letterario, che vive e lavora nella campagna sabina, dov’è facile scorgere l’ambientazione della sua opera. Oltre che per le pagine culturali del “Sir” (l’agenzia stampa della Cei) e di diversi quotidiani e periodici, l’autore scrive libri, tradotti in diverse lingue, imperniati soprattutto sui rapporti tra letteratura, arti figurative e spirito del tempo tra Ottocento e Novecento. Proprio per il suo lavoro di ricerca egli è stato insignito del premio “Ettore Roesler Franz 2019”.
Lo spunto per questo libro gli venne, una sera di ormai tanti anni fa, dal graditissimo dono di un cd da parte del maestro Carlo Gizzi contenente una sua rielaborazione dei “Carmina Burana”. Le musiche della celeberrima opera di Carl Orff risuonarono fino a tarda ora nel suo studio: prima per un ascolto attento e poi come sottofondo ai suoi lavori di preparazione di lezioni, recensioni e costruzione di libri. E quei passaggi musicali, ascoltati e riascoltati nelle notti a seguire, gli apportavano nuovi stimoli compositivi, “con quelle voci – racconta – che attraversavano all’indietro i secoli e tornavano alle origini giullaresche, vagabonde, ma nel contempo colte e articolate, nello spirito di quello che abbiamo chiamato con una certa approssimazione, medioevo”. Con il sottofondo, spesso martellante, di quei passaggi musicali, compagni di tante ore, Marco Testi immagina la storia di un uomo che decide di abbandonare la sua sfibrante quotidianità, attraversando i sentieri di quanti, per libera decisione o motivi contingenti, hanno abbandonato la loro vecchia vita: in pratica, il nucleo fondate di un racconto che aveva dentro di sé da molto tempo e che ora prendeva finalmente forma.
Recante l’introduzione di Tito Schipa jr., musicista e compositore, figlio e omonimo del celebre tenore leccese, il libro viene dedicato a quanti decidono di sparire per sempre senza lasciar traccia, in cerca di un nuovo senso della vita. L’autore, inoltre, porge sentiti ringraziamenti a quanti hanno lasciato un segno indelebile nella sua esistenza: padre Emidio Alessandrini, sua guida spirituale che con la sue catechesi guidò nel percorso di crescita e avvicinamento alla fede tanti giovani ad Assisi; i suoi genitori Ada (che lo accompagnava nelle prime passeggiate nel territorio e nelle ville tiburtine) e Nello (artista di grande talento), Biagio Conte, incarnazione del senso della storia narrata nel libro.