La domenica del Papa – Crescere insieme
Veniamo al mondo nella piccolezza, il granello di senape, poi cresciamo “ci nutriamo di speranze, realizziamo progetti e sogni”
“I giovani corrono veloci ma gli anziani conoscono la strada”. Il 24 luglio 2013 papa Francesco consegnava queste parole ai giovani argentini presenti alla Gmg di Rio de Janeiro. Dieci anni dopo una nonna e il nipote sono accanto al papa, in questa domenica in cui si celebra la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, tempo di partenze per la Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona. Da Francesco l’invito a “promuovere un’alleanza tra le generazioni, di cui c’è tanto bisogno, perché il futuro si costruisce insieme, nella condivisione di esperienze e nella cura reciproca tra i giovani e gli anziani”. È un nuovo “no” alla cultura dello scarto, che emargina chi non è più in grado di offrire il proprio contributo. L’anziano, diceva da arcivescovo di Buenos Aires, non è un soprabito che si abbandona in una casa di riposo.
Celebra in San Pietro il papa, commenta la pagina evangelica, le tre parabole, alla luce della Giornata dei nonni. Quasi lettura in controluce per ribadire il “crescere insieme” tra anziani e giovani: e non è un caso che la croce del pellegrino passi dalle mani rugose e fragili di cinque nonni a quelle forti di altrettanti giovani in partenza per Lisbona. “La vecchiaia – dice Francesco – è un tempo benedetto, è la stagione per riconciliarsi, per guardare con tenerezza alla luce che è avanzata nonostante le ombre”.
Le tre parabole riportate nel brano del Vangelo di Matteo – il linguaggio di Gesù nelle parabole, dice il papa, “somiglia a quello che tante volte i nonni utilizzano con i nipoti, magari tenendoli sulle ginocchia: così comunicano una sapienza importante per la vita” – sono note: il grano e la zizzania, il granello di senape, il lievito e la farina. Nel mondo ci sono grano e zizzania, c’è una “compresenza di luci e ombre, di amore e egoismo; bene e male sono intrecciati al punto da sembrare inseparabili”. Lo vediamo anche in questo nostro tempo, e Francesco ricorda l’Ucraina che “continua a subire morte e distruzione”; poi il dramma dei migranti che in migliaia “da settimane sono intrappolati e abbandonati in aree desertiche” tra “indicibili sofferenze”. Ricorda ancora i cambiamenti climatici che provocano incendi, nubifragi e inondazioni e rinnova l’appello ai responsabili delle nazioni perché “si faccia qualcosa di più concreto per limitare le emissioni inquinanti: è una sfida urgente e non si può rimandare, riguarda tutti. Proteggiamo la nostra casa comune”. E il Mediterraneo “non sia mai più teatro di morte e di disumanità”.
Le letture ci parlano della mitezza del Signore nel suo agire con gli uomini, della sua misericordia, della pazienza, anzi dello scandalo della pazienza che lascia che il male cresca accanto al bene, la zizzania in mezzo al grano. Il cristiano sa che il male “non viene solo da fuori, che non è sempre colpa degli altri”. Il male “viene da dentro, nella lotta interiore che tutti noi abbiamo”. Il Signore dice no ai servi che vorrebbero strappare la zizzania: è la “tentazione” di una “società pura, una chiesa pura ma, per raggiungere questa purezza, si rischia di essere impazienti, intransigenti, anche violenti verso chi è caduto nell’errore; di strappare zizzania e grano buono, impedendo alle persone di fare un cammino, di crescere, di cambiare”. Di qui l’invito a “accogliere con serenità e pazienza il mistero della vita” e lasciare al Signore il giudizio, “non vivere di rimpianti e di rimorsi”.
Veniamo al mondo nella piccolezza, il granello di senape, poi cresciamo “ci nutriamo di speranze, realizziamo progetti e sogni”. Diventiamo un grande albero, dice Francesco, sotto i cui rami i piccoli costruiscono il nido: “abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo”.
Crescere insieme – lievito e farina – “sconfiggere gli individualismi e gli egoismi”, costruire “un mondo più umano e fraterno”. Il papa chiede alle istituzioni di non trasformare le città in “concentrati di solitudine: gli anziani non sono “scarti improduttivi”. Non accada che, “a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo”.