Su Real Time, la ‘pasticciottica’ tarantina Eleonora Occhinegro concorrente di Bake off
Gli appassionati di pasticceria lo sanno già: c’è anche una tarantina fra i concorrenti della nuova edizione di Bake Off in onda su Real Time in questi giorni. Eleonora Occhinegro è un’ottica optometrista con l’hobby della pasticceria e l’abbiamo raggiunta al suo negozio per conoscerla meglio e farci raccontare qualcosa in più sulla sua avventura televisiva.
Come nasce la tua passione per la pasticceria, così lontana dalla tua professione di ottica?
È nata durante il lockdown: per la prima volta mi sono ritrovata ad avere tanto tempo libero, non sapevo cosa fare. Allora ho iniziato a seguire corsi gratuiti online di inglese e di pasticceria, a guardare tanti video e tutorial. Poi sono passata ai corsi a pagamento, riproponendomi di farne uno in presenza appena sarebbe stato di nuovo possibile. Infatti, quando finalmente ho potuto frequentarne uno a Roma, ho capito che per me il periodo pandemia era davvero alle spalle. Devo aggiungere che nel 2018 ho fatto un intervento di riduzione gastrica: il mio stomaco ora è più piccolo e quindi posso mangiare poco. Così ho iniziato a essere più esigente, poco ma buono, mi sono detta. Mentre da obesa mangiavo di tutto e soprattutto di più, ho iniziato a selezionare, a curare molto la parte estetica, in modo da saziarmi anche con gli occhi. Infatti nei miei dolci quello che spicca sono proprio i colori, le forme.
Hai voglia di parlarci di questo tuo passato con qualche chilo in più?
Con molti chili in più. Secondo me questo è un tabù che andrebbe rotto.
Spesso per imbarazzo e rispetto non si utilizzano nemmeno i termini giusti, difficilmente si parla di obesità, ma l’obesità è una malattia e come tale va affrontata e curata. Non bastano una dieta e un po’ di
sport, non bastano i consigli degli amici: il primo passo sarebbe il riconoscimento sociale dell’obesità come malattia, esattamente come avviene per l’anoressia. Avendo deciso di affrontare seriamente questa
problematica, ho accettato di sottopormi a questo intervento chirurgico che è effettivamente molto impegnativo, anche durante la successiva convalescenza, ma per me non è mai stato difficile, per me era stato molto più difficile essere obesa.
Se potessi dare un consiglio a chi sta vivendo questo problema, gli direi di chiedere aiuto, categoricamente. Di non credere di potercela fare da soli: statisticamente meno del 4% degli obesi riesce a guarire
da solo. Qualunque saranno le soluzioni da valutare insieme, è necessario affidarsi a degli esperti, sempre.
Come è stato affrontare una gara in televisione? Quando sbagliavi lo facevi davanti a milioni di spettatori, come hai superato l’imbarazzo?
Non è mai facile mettere a nudo le proprie fragilità, i propri errori e naturalmente tutto questo si complica quando lo si fa davanti alle telecamere. Personalmente però non ho mai sentito il peso dei riflettori: anche grazie alla produzione, mi è sembrato davvero tutto un gioco divertente, sereno. È vero che anche io tremavo quando si avvicinavano i giudici, ma perché non ero abituata a rispettare dei tempi, a subire dei giudizi. Fare pasticceria per me è un momento di relax nel comfort della mia casa: Benedetta che passava segnando il tempo mi metteva ansia!
Cosa hai riportato con te da questa esperienza così straordinaria che sai già che ti accompagnerà per tutta la vita?
Il rapporto con gli altri concorrenti è stata senz’altro la parte più bella, oltre all’aver imparato davvero tanto. È stato un grande privilegio potersi confrontare con pasticceri del calibro di Knam, Damiano e Foglia. Ho capito che posso fare tutto, ora nessuna ricetta mi spaventa più, so che posso farcela, magari non al primo colpo, ma posso farcela.
Ritrovarti dall’altra parte dello schermo ti ha fatto perdere un po’ della magia della televisione?
Più che togliere magia, direi che l’ha aggiunta, perché quello che viene trasmesso rappresenta solo una piccola parte del mondo che c’è dietro, un mondo che io ho vissuto come una grande squadra. Alla fine Bake Off avrà il suo vincitore, come ogni anno, ma la verità è che abbiamo vinto tutti, concorrenti bravi e meno bravi, giudici, truccatori, tecnici, redattori: è questa la vera magia, quello che non si vede, ma costruisce un programma di successo.
Nel tuo tempo libero, però, non ti dedichi solo alla pasticceria: sei vicepresidente di Abfo, un’associazione molto nota e stimata in città: cosa rappresenta per te?
Abfo nasce dal desiderio di colmare il vuoto lasciato dalla perdita di mio padre. Con i miei fratelli e il supporto di tanti amici abbiamo deciso di riempire quel vuoto con l’amore. Abbiamo iniziato con un servizio di missione notturna per i senzatetto della stazione: con la scusa di un tè caldo o di una merendina, in realtà li avvicinavamo per scoprire se potevamo offrire qualche aiuto ben più sostanzioso.
L’associazione nel frattempo è cresciuta, abbiamo aggiunto sempre più servizi, soprattutto per i bambini che vivono situazioni di disagio sociale ed economico: attualmente seguiamo più di duecento famiglie. Da
poco, su suggerimento di alcuni soci, abbiamo avviato anche un progetto in Africa, che seguo in prima persona: come associazione abbiamo realizzato due classi di una scuola, mentre io personalmente ho fatto
costruire una casa per un bambino che viveva in un pollaio con la nonna cieca. Ho instaurato un rapporto speciale con questo bambino, Eliud: ho deciso di seguirlo e provvedere ai suoi bisogni, farò in modo che non gli manchi nulla, dal cibo all’istruzione.
Già durante la prima puntata, le inquadrature hanno mostrato i tuoi braccialetti bellissimi e particolari: hanno un significato?
Indosso tre braccialetti che non tolgo mai: uno che mi ha regalato un masai, uno con la scritta Abfo, sempre fatto in Africa, e uno con la scritta Giustizia per Taranto. È un’associazione che si occupa delle
ingiustizie causate nella nostra città dal siderurgico, che crea contemporaneamente lavoro e morte. Bake Off è un programma leggero, d’intrattenimento, ma attraverso questo braccialetto ho voluto portare comunque il mio messaggio di sostegno alla mia città.
La tua città, Taranto: se fosse un dolce che dolce sarebbe?
Una delizia al cioccolato con un inserto ai lamponi: i lamponi rappresentano la parte più aspra, quella più difficile da digerire da sola, ma alla fine resta una delizia, un’esplosione di sapori. Non cambierei Taranto con nessuna città al mondo, chiunque venga qui si rende conto di quanto sia bello viverci, nonostante le grandissime difficoltà che noi tarantini conosciamo bene, a partire proprio dall’ex Ilva.
Potremmo dire che tutto questo tuo impegno nel sociale in fondo è una dichiarazione d’amore verso la tua città?
Assolutamente sì, ma soprattutto non voglio essere una cittadina passiva, di passaggio in questa città: sono una cittadina di Taranto e ne sono orgogliosa e quando si ama qualcosa è normale prendersene cura.