Nuove scoperte sulla Taranto antica dopo la mostra sul santuario dei Atena a Castro
La ricerca archeologica continua a fornire nuove scoperte sulla Taranto magnogreca. La mostra “Athenaion: Tarentini, Messapi e altri nel Santuario di Atena a Castro”, inaugurata nel dicembre scorso nel MarTa, aveva mostrato la “vicinanza” tra la Taranto magnogreca e l’antico centro sull’Adriatico. Le indagini archeologiche condotte a Castro a partire dall’anno 2000 e che erano state illustrate nella bellissima mostra della quale ci occupammo su questo sito, permisero di conoscere uno dei contesti della Puglia antica, Castro, in cui maggiormente si manifesta la diffusione della cultura artistica tarantina.
Ora, in occasione della presentazione del catalogo della mostra, svoltasi nel salone del Museo nazionale, apprendiamo che proprio la mostra ha fornito l’opportunità di nuove, importanti scoperte in un sito che ormai può considerasi la porta della Taranto sull’Adriatico nel IV secolo. A presentare il catalogo, oltre alla direttrice incaricata del MarTa. Claudia Lucchese, e alla soprintendente Barbara Davidde, è stato Francesco D’Andria, illustre archeologo tarantino e accademico dei Lincei, ordinario di archeologia all’Unisalento e curatore della mostra. Proprio al professor D’Andria abbiamo rivolto alcune domande
L’intervista
La mostra di Taranto non è stata solo un momento espositivo, a quanto pare, ma anche propulsivo.
Proprio così. La mostra è stata anche un motore di nuove scoperte e nuove attività che ci consentono di aggiornare la situazione. Intanto, dopo l’apertura della mostra siamo riusciti a portare a termine anche il restauro della parte inferiore della statua, che nella mostra non c’era ed era sostituita dalla creazione di Nicola Genco. Ora abbiamo la statua integra, salvo la testa. Ma come sapete, la copia che abbiamo realizzato per Taranto, è andata in Cina, a Nanchino, dov’è stata realizzata questa mostra sull’archeologia della Puglia. Qui la copia della statua che è davvero qualcosa di monumentale, con la sue dimensioni di 3 metri e mezzo, fa bella mostra. Ma poi, soprattutto, dopo la mostra abbiamo continuatole ricerche e sono venute fuori delle novità notevolissime, che confermano sempre questa dimensione Castro come una proiezione, direi come una “avatar” di Taranto sull’Adriatico. Che era appunto il senso stesso della mostra.
Quindi, dagli scavi recentissimi sono venuti fuori scoperte interessanti.
Negli ultimi quattro mesi. Anzi, proprio la settimana scorsa abbiamo trovato un capitello ionico fatto in pietra leccese, ma con uno stile tipicamente tarantino. Per la prima volta questo capitello è stato trovato in un contesto stratigrafico databile. Com’è noto uno dei problemi dell’architettura di Taranto è che non si riesce bene a capire la cronologia. Invece questa volta abbiamo un punto fisso di cronologia.
Taranto, allora, si allontana da Sparta e da Atene..
Se vogliamo resta legata a Sparta, anche per il culto dei Dioscuri che si sviluppa nel IV secolo, ma ormai con un linguaggio che è tarantino. Non ha più bisogno né di Atene né di Sparta, perché in questo momento, grazie anche ai tanti artisti che sono confluiti, ha sviluppato un suo linguaggio autonomo. Che è il linguaggio della Magna Grecia, dell’Occidente greco, in cui Taranto gioca un ruolo fondamentale.
Qual è secolo centrale
Soprattutto IV secolo a.C. Che poi, guarda caso, è il secolo in cui producono questi grandi vasi apuli a figure rosse, in cui abbiamo riflesso della grande pittura di Taranto e delle grandi invenzioni che Taranto fa in una prospettiva di rapporto con la Macedonia, quando non è più Atene il punto di riferimento ma la Macedonia.
Dalle ricerche si attendono nuove rivelazioni?
Direi di sì. È tutta una prospettiva ancora in corso. La mostra che abbiamo realizzato qui a Taranto è stata il motore di tutta una serie di altri risultati positivi che continueranno nei prossimi mesi.
È, dunque, una metodologia replicabile questa fin qui sperimentale.
Certo. È un approccio che possiamo replicare