Torna l’acquacoltura tra i corsi universitari a Taranto, dopo ripensamenti e cancellazioni
L’offerta formativa dell’Università a Taranto si arricchisce di un nuovo corso di laurea: Scienze delle produzioni e delle risorse del mare. Lo ha presentato Stefano Bronzini (nella foto dello Studio Ingenito), rettore dell’Università di Bari, da cui dipende. Bronzini ha rimarcato l’obiettivo di assecondare la vocazione territoriale. Il corso, infatti, è destinato a fornire le conoscenze di base per la formazione tecnico-scientifica di figure professionali in grado di operare nei settori dell’acquacoltura e della produzione primaria ittica e nella salvaguardia degli animali acquatici.
Ma in realtà si tratta, mutatis verbis, di una riedizione di Maricoltura, acquacoltura e igiene dei prodotti ittici. Uno dei corsi di laurea di primo livello con i quali si avviò la gemmazione da Bari del polo tarantino che, dopo trent’anni, insegue ancora l’autonomia. Che altre città, come Foggia, ottennero immediatamente, e che rappresenterebbe la sola condizione per un vero e proprio decollo del polo tarantino. Maricoltura, infatti, che aveva sede a Palazzo Amati, nonostante le proteste della comunità, venne cancellata a pochi anni dall’avvio, per scelte venute dall’altro e non sempre condivisibili.
Ricordiamo, tra l’altro, che la il polo universitario è gemmato da Bari, il Politecnico, nell’atto di fondazione, aveva originariamente una doppia dicitura: Politecnico di Bari e Taranto. Ma in realtà, i pochi corsi di laurea in ingegneria, molto fluttuanti e poco completi, assorbono flussi anch’essi ondivaghi, sollecitati spesso da indicazioni esterne. Ora, ad esempio, cresce il numero degli iscritti all’indirizzo “aerospaziale”, le cui ricadute sono tutte ancora da verificare. Mentre è certo che quasi tutti i docenti sono baresi.
I tanti corsi cancellati
Taranto, nel bene e nel male, ha sempre dovuto seguire le scelte piovute dall’alto, spesso in conseguenza della necessità di espansione di insegnamenti nei quali collocare “propri” docenti, come quando ha attivato corsi inutili ma fumosi di Scienze della comunicazione, di Scienze della comunicazione nelle aziende. E ancora: Scienze dalla formazione, Lettere e culture del territorio, Lettere moderne, di Scienza dell’educazione e dell’Animazione socio-culturale, di Educazione professionale nel campo del disagio minorile della devianza e della marginalità. Corsi che già da decenni venivano chiamati diplomifici, tutti regolarmente cancellati così come pure quelli Scienze dei beni culturali, anche se reindirizzati al turismo (che aveva avuto in passato un’appendice anche a Martina Franca), o Scienze e tecnologie della moda, corso interfacoltà nato da sollecitazioni estemporanee ma prive di concretezza. Intanto, il corso di laurea più classico e gettonato negli anni passati, quello in Giurisprudenza (in realtà Scienze giuridiche, ma non fa differenza), sta conoscendo un declino pari alla sempre più scarsa spendibilità del titolo, nonostante specializzazioni, master e dottorati.
Altre volte ha dovuto subire veri e propri saccheggi, come la duplicazione a Bari di quelle Scienze ambientali che erano state un fiore all’occhiello del primo polo tarantino.
La ricerca dell’autonomia
Insomma, a oltre trent’anni dal suo varo, Taranto universitaria è ancora alla ricerca di una sua dimensione e sempre dipendente da investimenti esterni, dovuti alla sua mancanza di autonomia. Come i 53 milioni che si attende di ricevere dalla Regione per il corso di laurea in Medicina, che quest’anno ha ammesso al primo corso 75 matricole, e che alcune voci vorrebbero in dirittura d’arrivo.
Così come un work in progress è la questione delle sedi. È noto, ad esempio, che il Politecnico ha chiesto di disporre sedi didattiche in Città vecchia, accanto a quelle laboratoriali a Paolo VI. Dovrebbero essere messi a sua disposizione Palazzo Galeota e Palazzo Delli Ponti, entrambi più volte completamente ristrutturati ma che attualmente richiedono nuove ristrutturazioni insieme al trasferimento delle attività che vi si svolgono. D’altra parte è certamente positivo che la Marina Militare ospiti, oggi, quattro corsi di laurea, in infermieristica, informatica, scienze del mare e ingegneria navale.
In tutto ciò, comunque, non si può non rilevare come l’attrattività del polo universitario tarantino sia ancora modesta e che dreni pochissimo del movimento in uscita che priva la città delle sue migliori intelligenze, e di gran parte della sua gioventù.
Nuove istituzioni, come quella appena annunciata di Scienze delle produzioni marine, sono certamente un contributo positivo, ma una svolta potrebbe venire solo dall’autonomia. Condizione che era stata presa a cuore dal prefetto Martino, oggi in uscita da Taranto, che aveva indicato nella Fondazione Archita l’istituzione adeguata a questo scopo.
Ci auguriamo che il nuovo prefetto Paola Dessì riprenda il proficuo lavoro di coordinamento del suo predecessore, sempre affiancato, anzi “tallonato” dal Cqv.