“Inizio con gioia il mio ministero in Taranto, città di pace e di speranza”
Il mezzo della Marina Militare che attracca alla banchina d’ormeggio del Castello aragonese, con il suo passeggero di eccezione, disegna un nuovo tratto della storia di Taranto, attraverso la chiesa che è in lei. Ripercorrendo idealmente l’itinerario di san Cataldo, che la tradizione vuole approdato allo stesso modo nella nostra città, l’arcivescovo Ciro Miniero ha così dato avvio al proprio episcopato, dopo l’affiancamento voluto dal Santo Padre a monsignor Filippo Santoro.
Dai suoi gesti, dalle parole, sempre misurate e intense, si percepisce uno stile che è improntato a una sobrietà ragionata. Come quando, rivolgendosi alla folla che lo attende in piazza Castello e che lo acclama, dice sorridendo: “Finalmente”. O quando accetta col sorriso la benedizione che una bambina gli rivolge baciandolo: “Dio ti benedica”.
“Una città dai mille volti, una città attenta, una città di pace”. Così monsignor Miniero ha percepito Taranto nel suo primo anno di apostolato, nel quale ha svolto il compito di arcivescovo coadiutore. E sul cui “bilancio” intimo, tutti ci siamo interrogati: il clero, che egli ha imparato a conoscere, la stampa che ha osservato la sua discrezione ma oggi ha potuto interrogarlo, la Chiesa tutta, nella quale già da tempo egli ha cominciato a “camminare”.
Un messaggio di pace
Il primo incontro è stato con la Marina Militare, sulla banchina. L’ammiraglio Flavio Biaggi, gli ha dato il benvenuto rinnovando i segni di amicizia che legano la Marina alla Chiesa di Taranto. Ed egli si è fatto interprete del patto di amicizia che lega la Chiesa all’istituzione, impegnata sul fronte della pace, impegnandosi a tenerlo saldo. “Seguendo la scia dei mii predecessori – ha detto – alla luce del messaggio consegnato da San Govanni Paolo II alla Marina Militare nel suo storico viaggio pastorale il 28 ottobre e1989. In esso affidava una triplice consegna di pace. Pace come vocazione che Taranto ha nei confronti del Mediterraneo e del mondo intero. Era chiaro il riferimento di Giovanni Paolo II al ruolo insostituibile della Marina Militare nella realizzazione di un così nobile ideale, che si concretizza attraverso la così generosa accoglienza dei profughi e dei migranti, Nella memoria di coloro che hanno perso la vita in mare, il cui ricordo è sempre vivo nei nostri cuori, e che abbiamo simboleggiato con la corona che abbiamo affidato al mare”.
L’incontro con le istituzioni cittadine
All’uscita dal Castello, monsignor Miniero è stato accolto dal sindaco Rinaldo Melucci che lo ha accompagnato, assieme a una nutrita rappresentanza delle istituzioni amministrative, alla basilica cattedrale di San Cataldo, dove è stato accolto dal capitolo metropolitano e da un fragoroso applauso.
Lo stesso Melucci si è fatto interprete del sentimento della città, nel suo indirizzo di saluto e, ricordando l’intenso rapporto di collaborazione che le istituzioni stesse hanno avuto con i vescovi che si sono succeduti, si è detto fiducioso della collaborazione tra Chiesa e comunità civile. Per affrontare sì i gravi problemi che l’attanagliano, ma anche nel condividere le aspettative di progresso e di crescita che Taranto sta esprimendo.
L’arcivescovo, nel suo intervento, ha espresso piena adesione all’invito, sottolineando come l’azione della Chiesa deve essere particolarmente attenta ai bisogni dei deboli, dei giovani, dei poveri, ma condividendo anche il “progetto” di candidare la città a ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle “prime pagine dei giornali”, per farne conosce le bellezze, il progresso che essa compie, le opere che le danno onore.
L’incontro con la stampa
Nel successivo incontro con i giornalisti, monsignor Miniero ha spiegato come nell’anno trascorso a Taranto abbia potuto conoscere e capire molto della città e delle comunità locali, sottolineando tra l’altro la sorpresa nel conoscere le realtà confraternali, particolarmente numerose e attive. Ma anche sottolineando l’esigenza di farsi interprete delle tante “periferie” che non sono solo rappresentate dai quartieri distanti dal centro, ma dalle difficoltà e “lontananze” che caratterizzano donne e uomini, giovani e anziani, in varie realtà del perimetro cittadino. Un’attenzione particolare ha rivolto proprio ai giovani, che non devono essere costretti ad andare via ma che possano, se lo vogliono, costruire il proprio futuro anche nella loro città, e a tanti poveri e bisognosi che non devono essere solo oggetto di attenzione cura, ma vanno coinvolti a pieno titolo nel cammino della comunità.