Sinodo

Papa Francesco: “Siamo chiamati a sognare una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi”

“Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli, degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri”

foto Sir
30 Ott 2023

di Maria Michela Nicolais

La Chiesa “non esige mai una pagella di buona condotta”. Non mette al centro “strategie, calcoli umani, mode del mondo, idolatrie moderne” come l’avidità del denaro, il fascino del carrierismo o le “idolatrie camuffate di spiritualità”. Nell’omelia della messa presieduta nella basilica di San Pietro a conclusione della prima tappa del Sinodo sulla sinodalità – davanti a 5mila persone – papa Francesco ha consegnato alle madri e ai padri sinodali, in vista del cammino del prossimo anno, la sua idea di Chiesa, al cui centro non ci sono “tante belle idee”, ma due verbi: adorare e servire. “Adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma”, ha spiegato: “Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli, degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri”.

“Amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi. Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto”, l’esordio dell’omelia. “Adorare – ha spiegato Francesco – significa riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia”. “Chi adora Dio rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi”, il monito del Papa, che ha messo in guardia dal “pensare di controllare Dio, di rinchiudere il suo amore nei nostri schemi”.

“Sempre dobbiamo lottare contro le idolatrie”, l’esortazione di Francesco: “quelle moderne, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro – il diavolo entra nelle tasche, non dimentichiamolo – il fascino del carrierismo; ma anche quelle idolatrie camuffate di spiritualità: la mia spiritualità, le mie idee religiose, la mia bravura pastorale”.

“Vigiliamo, perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che lui”, il monito: “La Chiesa sia adoratrice: in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore! Perché solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito”.

“Non esiste una vera esperienza religiosa autentica che sia sorda al grido del mondo”, il grido d’allarme del papa a proposito del secondo verbo al centro dell’omelia: “Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo”. “È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società”, ha tuonato Francesco: “Penso a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle”.

“Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo”, ha garantito il papa: “Dio al primo posto e insieme a lui coloro che egli predilige, i poveri e i deboli. Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”. Poi la citazione di San Giovanni Crisostomo: “L’uomo misericordioso è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano, il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura”.

“Che possiamo crescere nell’adorazione di Dio e nel servizio del prossimo. Adorare e servire”, l’augurio finale: “In questa conversazione dello Spirito abbiamo potuto sperimentare la tenera presenza del Signore e scoprire la bellezza della fraternità”, il bilancio del Papa, unito al ringraziamento a quanti hanno reso possibile e partecipato all’assemblea sinodale di questo mese di ottobre: “Ci siamo ascoltati reciprocamente e soprattutto, nella ricca varietà delle nostre storie e delle nostre sensibilità, ci siamo messi in ascolto dello Spirito. Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi: il Signore ci guiderà e ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo”.

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Missione

Marrakech, laboratorio di fraternità

30 Ott 2023

di Renato Zilio

Marrakech non è solo la superba koutoubia del XII secolo, né il fascino accattivante del giardino Majorelle, né la mitica piazza Jemaa el-Fnaa con tutta la sua fantastica animazione… Ma è anche la storia di un campanile accanto a un minareto. Uno di fronte all’altro, guardandosi come vecchi amici, perché solo una strada li separa… Due luoghi di culto così diversi e così vicini come le comunità di credenti che riuniscono. La voce del muezzin entra sonora nella chiesa intrecciando spesso i suoi melismi con i salmi e le preghiere dei fedeli.

Sembra un miracolo al giorno d’oggi. Addirittura nei piani della città ci sarà una sinagoga, che sorgerà qui vicino. Una vera sorpresa di Dio, in questa terra d’Islam che promuove, secondo la visione del re, l’intesa delle tre religioni monoteistiche. La costruzione cristiana si chiama “Chiesa dei Martiri”. In ricordo di cinque giovani francescani umbri che, folli dell’amore di Dio, avevano la passione di convertire i musulmani ad ogni costo. Erano i tempi di San Francesco.

Paradossalmente, oggi, sono i quattro francescani a convertirsi. Sì, all’amore per questa terra d’Islam e per i suoi abitanti: un rovesciamento sorprendente della storia. Così la chiesa accoglie con simpatia ogni visitatore: cristiani o musulmani, turisti, studenti sub-sahariani o migranti. La Caritas parrocchiale, poi, si prende cura di tre mondi diversi.

Quello dei migranti e delle sue emergenze, quello dei musulmani e delle loro povertà, quello del terremoto e delle sue ferite. Proprio l’altro giorno arrivava proprio alla Caritas un enorme camion proveniente dalla Francia per i soccorsi ai terremotati, inviato da due imam di Strasburgo e dalle loro comunità.

“Incredibile… – esclamava frate Manuel – i musulmani raccolgono e i cristiani distribuiscono. Che bella fiducia!” Così, siamo di nuovo saliti in montagna, in una carovana carica di medicinali e di viveri, nella zona del sisma. Nei villaggi semidistrutti la prima cosa che vi propongono è sedersi e prendere un tè, insieme. Successivamente vi mostreranno ancora una volta le ferite delle case, costruite in terra e paglia, completamente crollate.

Un villaggio di 108 abitanti avrà solo sei sopravvissuti! E come sempre, senti davanti a queste rovine, la stessa professione di fede: “Allah akbar!” (Dio è più grande) “Questi berberi hanno una fede forte e un’incredibile resilienza !” il commento di frate Simeone. Vedi, poi, Fatima che si guarda sul cellulare le foto del figlio adolescente, del marito e del padre, tutti ormai sepolti. Vive in una tenda con la madre, sole: solamente il pianto le consola. E la loro fede.

Le altre donne, sotto la tenda, preparano insieme i pasti in una cucina di campagna, mentre lì accanto una piccola radio trasmette per tutta la mattina il canto del Corano… In effetti, il Corano cantato, in Marocco, lo si ascolta ovunque, dal parrucchiere, in taxi, al negozio vicino… “Senti mai il ​​vangelo cantato da noi?” mi fa fra Manuel, con mezzo sorriso. Una grande foto del re è appesa fuori dalla tenda come fosse un marabout (santo) protettore.

Nel frattempo i responsabili della Caritas, il moqadem (responsabile del quartiere) e i suoi assistenti esaminano insieme le nuove necessità, programmano i prossimi interventi, in vista dell’imminente inverno. Ogni progetto della Caritas viene portato avanti con la sensibilità e le decisioni dei capi villaggio. Insieme. È questa la parola d’ordine della Caritas, ma lo è anche in questa comunità francescana di Marrakech.

Lo si è constatato di recente, il 27 ottobre, in occasione della giornata dello “Spirito di Assisi”. Ci si è incontrati con semplicità tra il verde del giardino francescano, accanto alla chiesa: imam, rabbino, francescani, amici musulmani e cristiani. Momenti di condivisione sulla pace, di preghiera e di lunghi silenzi: istanti densi di responsabilità. Ma anche di ansia e di mistero… che sfumavano, poi, tra dolci marocchini e tè alla menta dal sapore di fraternità. Alla fine, miracolosamente.

 

*missionario scalabriniano in Marocco

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Eventi nazionali

Un progetto nelle scuole del Senegal per aiutare gli studenti a capire se partire o restare

“Scegliere di emigrare”, con la regia di Davide Tittarelli, il primo documentario realizzato dalla Cooperativa Sophia per un progetto in collaborazione con l’Università Tor Vergata di Roma e la Fondazione Migrantes

foto coop. Sophia
30 Ott 2023

di Patrizia Caiffa

Un progetto nelle scuole di Dakar, in Senegal, per permettere a migliaia di giovani studenti di essere consapevoli dei rischi legati all’emigrazione e comprenderne le motivazioni. È l’esperienza raccontata nel documentario “Scegliere di emigrare”, con la regia di Davide Tittarelli, il primo documentario realizzato dalla Cooperativa Sophia, presentato la scorsa settimana al Teatro Garbatella di Roma. Il progetto, in collaborazione con l’Università Tor Vergata di Roma e la Fondazione Migrantes, è iniziato nel 2020 e si è svolto in diverse scuole di quartieri periferici della capitale senegalese. Ne hanno beneficiato oltre 6.000 studenti. Quest’anno si è concluso con un evento finale nel Collége Sacre-Coeur di Dakar, alla presenza di 200 studenti.  Attraverso lezioni in classe, testimonianze, indagini sociologiche e laboratori artistici, i ragazzi hanno avuto la possibilità di esprimersi e approfondire le ragioni che li spingono a sognare un futuro all’estero, specialmente in Europa. È emersa tanta inconsapevolezza sui documenti e le pratiche burocratiche necessarie, come pure sui pericoli che li aspetterebbero viaggiando in maniera irregolare. Tra i dati più significativi registrati dalla ricerca “Information campaigns and migration perceptions” che la Cooperativa Sophia ha realizzato su un campione di 4.000 studenti, uno per tutti parla da sé: all’inizio del progetto il 90% dei giovani esprimeva il desiderio di partire. Alla fine delle attività il 46% si è detto consapevole dei rischi. Ma tutti vorrebbero ancora emigrare, vista la mancanza di lavoro e opportunità in Senegal.

Una domanda fa da sfondo al documentario: “È meglio partire o restare?”. Rispondono i ragazzi, ma anche gli insegnanti, i presidi delle scuole, gli educatori della cooperativa Sophia che sono andati in Senegal e oggi raccontano la loro ricca esperienza. “Siamo arrivati senza sapere niente del contesto, pensando che sicuramente avremmo cambiato le cose – dice dal palco del Teatro Garbatella Erik Conte, responsabile del team impegnato nel progetto in Senegal -. Le cose non sono andate così, sono andate meglio. La fonte vera sono le relazioni. Lavorando lì ho ritrovato le possibilità e il dono di poter attingere alle relazioni, conoscersi e farsi conoscere, condividere difficoltà, limiti e risorse. Nonostante la distanza e il colore della pelle siamo molto più vicini di quanto pensavamo”. Il prossimo anno hanno intenzione di collaborare con Caritas Senegal, coinvolgendo anche i senegalesi rientrati dall’Europa.

da sinistra, Davide Tittarelli, Erik Conte, Mor Amar e Erminia Florio, della cooperativa Sophia – foto Sir

Accanto ad Erik, una delle voci narranti nel documentario, c’è Erminia Florio, giovane ricercatrice specializzata in Economia delle migrazioni, che ha svolto la ricerca a campione. “Dopo questo progetto ho dato un volto a dei numeri – spiega -. La ricerca è diventata una storia che mi ha permesso di mettermi in ascolto. Mi sono resa conto che molti ragazzi non concepiscono l’importanza dei passaporti, dei visti e di tutti gli altri documenti necessari per vivere in Europa. In Senegal il 97% del lavoro è informale, c’è tutta una economia sommersa e una altissima corruzione, necessaria per trovare una occupazione. Noi volevamo fornire informazioni complete agli studenti per dare libertà di scelta alle persone e decidere se partire o restare.

L’autore del documentario Davide Tittarelli si è reso conto di aver trovato in Senegal qualcosa di diverso dai suoi schemi e categorie mentali: “Ho visto le riprese di una studentessa che cantava all’evento finale, una canzone che parlava del desiderio di partire. Mi sono chiesto chi ero io per giudicare questa ragazza. L’aula magna era piena di ragazzi. Se fossi stato tra loro, anche io sarei voluto partire”. Il documentario ha proprio lo scopo di permettere agli spettatori di provare la stessa empatia nei confronti di chi emigra e superare generalizzazioni o idealizzazioni che banalizzano il fenomeno migratorio.

Arianna Cocchi e Marco Ruopoli, cooperativa Sophia – foto Sir

Marco Ruopoli, presidente della Cooperativa Sophia, descrive i processi di inclusione dei migranti e attività educative nelle scuole realizzati in questi 10 anni di attività. Oggi la cooperativa impiega 20 persone, in progetti diversi, con una attenzione speciale alle fragilità. “Abbiamo lavorato finora con 15.000 studenti in Italia e aiutato tanti migranti ad inserirsi in Italia. Molti non si aspettavano di incontrare condizioni di vita così difficili, perciò abbiamo deciso di avviare progetti di educazione in Africa”. Mor Amar, co-fondatore della cooperativa Sophia e rifugiato originario del Mali, è uno dei principali testimoni nelle scuole italiane. Racconta la sua esperienza di fuga dal suo Paese per motivi politici, prima attraverso il Senegal e poi in Italia. È qui da 12 anni. Ora ha una moglie e quattro figli ed è parte del team progettuale in Senegal. “Dopo otto anni di attività nelle scuole italiane ho sentito la necessità di spostare l’attenzione sui lunghi di partenza”. Nei prossimi tempi trascorrerà parte della sua vita in Senegal.

foto coop. Sophia

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Eventi formativi

Triennio di formazione di base per catechisti

30 Ott 2023

di Paolo Simonetti *

Da sempre sensibile alle istanze formative, anche per l’anno 2023-24 l’ufficio catechistico propone il “Triennio di formazione di base” come esperienza qualificata per quanti svolgono o svolgeranno il prezioso compito di catechista nella propria comunità parrocchiale.

Gli incontri, con cadenza settimanale, si svolgono il lunedì al seminario diocesano a partire da lunedì 30 ottobre dalle ore 17.30 alle 19.30.

Le principali aree di studio sono quelle pedagogico-didattica, teologico-biblica e catechetico-pastorale. Di anno in anno il percorso si sofferma sulle tappe battesimale, penitenziale, eucaristica, crismale e mistagogica, in base al Progetto diocesano di Iniziazione cristiana.

Una costante attenzione è riservata ai temi dell’inclusione delle persone diversamente abili, e a quelli del mondo giovanile e dell’accompagnamento degli adulti. Nel triennio trovano spazio anche laboratori dedicati all’arte, alla musica e ai nuovi linguaggi per diventare protagonisti della formazione.

 “L’evangelizzatore è un cristiano adulto, cittadino responsabile, capace di narrare e motivare la propria vicenda di fede e di raccontare la sua esperienza di Cristo, radicata nell’appartenenza ecclesiale. Egli è un annunciatore della Parola che dona la gioia, mediatore di un’esperienza ecclesiale ampia e positiva, accompagnatore leale e affidabile nei passaggi fondamentali della vita di quanti gli sono affidati. Non deve conoscere tutto, ma sa che il Vangelo è capace di illuminare ogni dimensione umana”. Diretta ed efficace la descrizione della figura del catechista che possiamo trovare negli Orientamenti dei vescovi italiani, dal titolo “Incontriamo Gesù”, al n. 66. Sembra un vero programma di vita; non si tratta soltanto di dedicare del tempo, ormai sempre più prezioso per tutti, ma di scegliere per una qualità del tempo che si dona e per un cammino di fede che apra ad interrogativi sempre più profondi e ci faccia riscoprire la compagnia della chiesa.

Più recentemente, papa Francesco ha voluto che quello del catechista fosse valorizzato come un vero e proprio ministero da svolgere nella chiesa con consapevolezza e serietà. Si legge infatti nel documento del 2021, al n. 5: “È necessario riconoscere la presenza di laici e laiche che in forza del proprio battesimo si sentono chiamati a collaborare nel servizio della catechesi. Questa presenza si rende ancora più urgente ai nostri giorni per la rinnovata consapevolezza dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, e per l’imporsi di una cultura globalizzata, che richiede un incontro autentico con le giovani generazioni, senza dimenticare l’esigenza di metodologie e strumenti creativi che rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la trasformazione missionaria che la Chiesa ha intrapreso. Fedeltà al passato e responsabilità per il presente sono le condizioni indispensabili perché la Chiesa possa svolgere la sua missione nel mondo”.

Gli interessati possono rivolgersi al proprio parroco e al coordinatore parrocchiale dei catechisti per compilare la scheda di iscrizione.

Per maggiori informazioni consultare la pagina dell’ufficio, all’indirizzo www.catechesi.diocesi.taranto.it

 

*componente équipe ufficio catechistico

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Eventi culturali in città

Il 30 ottobre al Museo diocesano lettura recitata di “Cosa sarei senza di me!?” di Trevisani

28 Ott 2023

Leggere? Un vero spasso!”: è il titolo di un singolare incontro organizzato dal coordinamento dei club service di Taranto che incrocia scrittura e lettura. Nell’occasione gli attori Lino Conte, noto caposcuola degli attori comici tarantini, Massimo Cardellicchio e Floriana Airò proporranno la lettura brani dal thriller satirico di Silvano Trevisani: Cosa sarei senza di me!?

L’appuntamento che, come si legge nella locandina, “è aperto a tutti coloro che sanno pensare e ridere insieme, ma soprattutto a tutti coloro che vogliono riscoprire il piacere della lettura”, è pensato dai club promotori come occasione di riflessione attiva sulle possibilità di partecipare la lettura, in questo caso attraverso un’azione corale.

Cosa sarei senza di me!? È un thriller satirico di Silvano Trevisani, edito da Radici Future, che narra le esilaranti avventure di un parlamentare italiano che si barcamena nella pratica politica, portandosi dietro la sua totale inadeguatezza e trovandosi immerso in questioni molto più grandi di lui.

Trevisani riprende in questo nuovo romanzo, il personaggio che aveva già raccontato, oltre vent’anni fa, in “Lo norevole” (edito da Manni), del quale aveva scritto un’entusiastica prefazione Vincenzo Mollica, attualizzandone l’ambientazione e il quadro politico, sempre improntati a una satira acidula. Del resto, come leggiamo sulla Treccani, “l’ironia… può avere lo scopo di deridere scherzosamente o anche in modo offensivo, di rimproverare bonariamente, di correggere, e può essere anche una constatazione dolorosa dei fatti…”. Spesso la satira è una sorta di resa della verità di fronte all’indifferenza.

Il racconto si apre in una veglia funebre nella quale il protagonista, l’onorevole Eupremio Spezzazappa, piange la scomparsa dell’amico Alberto, morto suicida. Piange per modo dire perché la veglia è una sorta di veglione esilarante in cui vengono a galla caratteri e segreti dei protagonisti. La figura del defunto Alberto, piena di contraddizioni, e le sue misteriose vicende fanno da sfondo a un’avventura politico/poliziesca che diventa sempre più intricata, piena di personaggi “simbolo”, tra i quali persino il nostro onorevole mostrerà di aver maturato una sua coscienza morale.

Le vicende qui narrate – si legge nelle avvertenze riportate sulla copertina – non sono propriamente vere, ma neppure del tutto false, insomma, se credete di aver individuato nel racconto persone a voi note è probabile che ci abbiate azzeccato, ma non siete autorizzati ad andarlo a dire in giro. L’autore si rende anche conto che i personaggi politici qui raccontati potranno risultare meno divertenti di quelli reali, ma a quelli inventati ha voluto riservare un po’ di credibilità. Comunque per l’individuazione di fatti e personaggi, fortemente auspicata, potete metterci del vostro”.

L’incontro si svolgerà lunedì 30 ottobre alle ore 18, nel salone del MuDi (Museo diocesano di Taranto), in vico I Seminario, Città vecchia, Taranto. Hanno condiviso l’organizzazione dell’evento i club service: Lions, Leo club, Fidapa, Soroptimist, Propeller, Panathlon e Panathlon Magna Grecia, la Società Dante Alighieri, l’Associazione Marco Motolese e il Club Unesco Taranto, oltre al Museo Diocesano.

Introduce Angela Matera. Interviene l’autore.

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Diocesi

“Festa del Ciao” dell’Acr, domenica 29 in seminario

27 Ott 2023

di Angelo Diofano

L’Azione Cattolica Ragazzi della diocesi terrà l’annuale “Festa del Ciao”, intitolata “Questa è casa tua”, domenica 29 ottobre al seminario di Poggio Galeso.

 Il programma prevede alle ore 15.30 gli arrivi e l’accoglienza, con il mandato missionario e lo svolgimento dei laboratori; alle ore 18.30, conclusione con i saluti. 

Sarà presente l’arcivescovo mons. Ciro Miniero.

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Inizio ministero parrocchiale

L’arcivescovo ai Sant Patroni per l’inizio del ministero di don Angelo Baldassarre, amministratore parrocchiale

27 Ott 2023

di Angelo Diofano

Martedì 31 ottobre San Giorgio Jonico la comunità parrocchiale dei Santi Patroni d’Italia-Francesco e Caterina accoglierà l’arcivescovo mons. Ciro Miniero il quale celebrerà alle ore 18 la santa messa in occasione del 12.mo anniversario della consacrazione della chiesa e dell’inizio del ministero dell’amministratore parrocchiale don Angelo Baldassarre. Quest’ultimo succede a don Mino Campanella, che ha guidato la parrocchia per ben trent’anni.

Don Angelo Baldassarre, 33 anni, ha iniziato il percorso di fede  da piccolo alla parrocchia dello Spirito Santo; è sacerdote da sei anni e prima dell’ordinazione presbiterale ha lavorato come chimico nello stabilimento siderurgico. Negli ultimi sette anni ha operato nella parrocchia Regina Pacis di Lama, da dove martedì prossimo giungerà una folta delegazione di fedeli per attestargli affetto e gratitudine per la sua opera instancabile in favore della comunità lamese.

La chiesa dei Santi Patroni (con progettazione e la direzione dei lavori affidate agli ingegneri Francesco Festa e Domenico Mancini e all’architetto Angelo Trani) è ubicata in via Giotto e si estende su un suolo di 7000 metri quadrati nella zona periferica in direzione Monteparano-Roccaforzata.

Il tempio, in pietra bianca, è stato realizzato in stile moderno con evidenti richiami gotici, soprattutto per quanto riguarda il caratteristico porticato e le belle arcate. Annessa all’aula liturgica, molto luminosa e accogliente, con trecento posti a sedere, è la cappella del Santissimo, adibita anche alle celebrazioni feriali. Oltre al caratteristico campanile a forma circolare, l’elemento distintivo dei “Santi Patroni d’Italia Francesco e Caterina” è, l’imponente croce stilizzata alta ben 36 metri, diventata ormai parte integrante e caratteristica del paesaggiodi San Giorgio Jonico. che sembra ergersi dal cuore dell’aula liturgica ed è visibile anche dai centri vicini.

Per la cronaca, si tratta della decima chiesa costruita durante il ministero dell’arcivescovo mons. Benigno Luigi Papa.

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Sinodo

Sinodo, Ruffini: “La relazione di sintesi sarà di 40 pagine, per incoraggiare il popolo di Dio”

foto Vatican media/Sir
27 Ott 2023

Questa mattina è stata presentata ai membri del Sinodo la bozza della relazione di sintesi, che concluderà la prima sessione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità. Lo ha riferito ai giornalisti Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per la comunicazione della Santa sede e presidente della Commissione dell’informazione, nel briefing in sala stampa vaticana. I 35 Circoli minori hanno presentato i “modi” sullo schema della relazione di sintesi, per integrazioni e modifiche del testo, che poi sono stati consegnati alla Segreteria generale. “La Commissione per la relazione del documento di sintesi ha condiviso alcuni criteri di base del documento”, ha riferito Ruffini: “Quello finale sarà sottoposto al Papa nell’ottobre 2024, quello di adesso è invece un documento transitorio, per aiutarci a capire dove siamo, fare memoria di cosa si è detto in queste quattro settimane di discernimento e riavviare un processo circolare che continuerà fino all’anno prossimo”.

La relazione di sintesi che sarà votata sabato pomeriggio “sarà un documento di circa 40 pagine – ha anticipato Ruffini – che certo non potrà contenere ogni dettaglio, ma indicherà i punti dove il discernimento è andato più avanti e quello dove deve andare più in profondità. Il linguaggio sarà discorsivo, per incoraggiare tutto il popolo di Dio, chi è già in cammino e chi vuole intraprendere o continuare questo cammino. Questa esperienza di sinodalità vuole farci comprendere e apprendere come camminare insieme, come cercare soluzioni insieme senza escludere nessuno e senza cedere alla tentazione del clericalismo”. Alla prossima sessione del Sinodo, tra un anno esatto, parteciperanno gli stessi membri.

“La sinodalità ha fatto vedere che esiste un metodo con cui si può progredire non solo nella vita della Chiesa, ma anche sulle questioni delle guerre e dei conflitti mondiali, su tutto quello che umanamente si può evitare in modo pacifico”: ne è convinto mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo metropolita di Poznan e presidente della Conferenza episcopale polacca, che si è detto “sorpreso della metodologia adottata, che di fatto ha potuto evitare le discordie”. “Parlando con gli esponenti delle altre denominazioni cristiane e con i non credenti – ha testimoniato – abbiamo capito che si poteva progredire non nel senso dell’aggressione, dell’esposizione dei propri sentimenti, ma su ciò che di buono può scaturire dal processo intrapreso. Anche quando c’erano differenze, i discorsi erano del tutto pacifici: non si cercavano i punti di attacco. Il metodo introdotto durante questo Sinodo ha pacificamente portato qualche esperienza che può essere utile anche per il mondo”. Il processo sinodale, infatti, per Gadecki “è tendenza verso l’unità, rispettando la diversità delle confessioni, degli spiriti, delle culture. Raramente negli incontri umani si evitano discordie tra posizioni differenti, invece ciò che mi ha meravigliato del metodo adoperato è che, non soltanto durante questa assemblea sinodale qui a Roma ma già all’inizio, abbiamo prima potuto esprimere le nostre idee, poi ascoltare le idee degli altri e alla fine, grazie anche ai momenti di preghiera e di silenzio, abbiamo scoperto che esiste un modo di parlare con l’aiuto dello Spirito Santo che può portare discussione pacifiche in questo mondo”.
“Il processo sinodale deve essere ecumenico, e il cammino ecumenico deve essere sinodale”, ha spiegato il card. Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: “c’è una reciprocità tra ecumenismo e sinodalità. Tutti i battezzati sono invitati a testimoniare l’amore per la fede cristiana. L’ecumenismo è nato come movimento missionario nel 1910, con la prima assemblea missionaria ad Edimburgo. Ecumenismo e missione vanno insieme”. Concetto, questo, rafforzato anche da Catherine Clifford, docente di teologia alla Saint Paul University di Ottawa e segretaria della Confederazione mondiale delle Chiese metodiste, che ha fatto notare come “tutto il movimento ecumenico è un movimento di riforma della Chiesa”: “Il nostro lavoro è esaminare noi stessi costantemente e capire cosa va rinnovato nella vita della Chiesa. Papa Francesco, nell’Evangelii gaudium, ci ha chiesto una conversione pastorale missionaria per capire cosa rinnovare nella Chiesa e come portare avanti la sua missione in modo più efficace. È questo che stiamo facendo in questo processo sinodale: guardiamo alle strutture e alle pratiche per capire cosa va rinnovato”. “Sono secoli che nella Chiesa ortodossa la sinodalità è un fatto”, ha ricordato Sua Eminenza Iosif, metropolita ortodosso romeno dell’Europa occidentale e meridionale, mettendo in evidenza “la fraternità che da un secolo si sta costruendo tra i cristiani del mondo intero: siamo passati dai rapporti tesi e dalla ricerca delle divisioni alle relazioni fraterne, dove cerchiamo quello che ci unisce. L’essere stati invitati a questo Sinodo è la dimostrazione che cerchiamo tutti insieme quello che ci unisce, ciò che abbiamo in comune”. L’esempio citato è quello dell’Italia, dove la Chiesa cattolica “accoglie molti ortodossi di Romania e presta più di 300 chiese per le parrocchie, con una vera collaborazione su tutti i piani. L’ecumenismo avviene alla base: ci sono molte famiglie miste che si sono formate in Europa e nel mondo dove protestanti, ortodossi e cattolici formano delle famiglie. Ci invitano ad avere maggiore dialogo e ad andare oltre le divisioni, sviluppando un dialogo che deve essere sempre più intenso tra tutti i cristiani”. Opoku Onyinah, già presidente della Chiesa pentecostale del Ghana, ha definito l’invito al Sinodo come “un atto di umiltà del Papa e della Chiesa cattolica. È stato un processo molto trasparente e aperto, che ha garantito pari opportunità di condividere la propria spiritualità e i propri punti di vista”.

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Sport

Superlega, trasferta per la Prisma: mai dire mai contro i campioni d’Italia dell’Itas

Il gruppo Prisma - foto G. Leva
27 Ott 2023

di Paolo Arrivo

La sfida è proibitiva. Almeno sulla carta: dopo la sconfitta inflitta da Verona nella prima giornata di campionato, la Gioiella Prisma Taranto cerca il pronto riscatto contro i campioni d’Italia in carica dell’Itas Trentino. Trasferta che potrebbe riservare, magari, qualche sorpresa. Perché all’inizio del campionato nessuna squadra può avere una ottimale condizione fisica. Tanto più che a Cisterna, in terra laziale, laddove hanno sempre fatto fatica, i trentini hanno vinto soltanto al tie break.

L’imperativo categorico: fare di più

Sulla sconfitta nella prima giornata di campionato è intervenuto in settimana Tonio Bongiovanni: “Condivido quello che ha detto Mastrangelo, e cioè che abbiamo lottato palla su palla. Anche se questo non basta, e deve essere ben chiaro”. “Un po’ di rammarico c’è – ha aggiunto il presidente della Gioiella Prisma Taranto – ma apprezziamo lo sforzo della squadra”. La conquista del terzo parziale non ha portato punti. Va letta, se mai, come un piccolo confortante segnale di speranza. Il presidente ritiene che “dobbiamo lavorare molto, molto di più e impegnarci per lottare sui cinque set”. Piena fiducia al successore di Vincenzo Di Pinto alla guida di Taranto. Il quale Mastrangelo viene definita persona intelligente e garbata. A lui il compito di azzeccare le mosse giuste per contenere la forza di una corazzata che, solo cinque mesi fa, si è laureata campione d’Italia per la quinta volta nella sua storia.

In casa Itas

Da Alessandro Michieletto a Riccardo Sbertoli e Daniele Lavia, vicecampioni d’Europa, dal serbo Marko Podrascanin allo sloveno Jan Kozamernik, i giocatori di cui può disporre il neo arrivato coach Soli sono di prim’ordine. Gli stessi vorranno lasciare la loro impronta nel match che si disputerà domani sera ventotto ottobre alla ilT quotidiano Arena di Trento (start alle ore 20.30, con diretta su Volleyball Tv). Per loro sarà la prima partita stagionale casalinga dopo il trionfo del 17 maggio scorso, quando riuscirono a chiudere i conti con Civitanova in gara 5. Il libero Domenico Pace ha dichiarato che conoscono perfettamente il valore di Taranto. E si aspettano, pertanto, una partita tirata, difficile.

Le immagini del primo match della Gioiella Prisma Taranto al PalaMazzola – Photogallery by Giuseppe Leva

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Eventi culturali in città

L’attualità di Giorgio La Pira nel libro di Cesare Paradiso

27 Ott 2023

di Angelo Diofano

Il vescovo di Trapani, mons. Pierino Fragnelli, crispianese e già nostro direttore, parteciperà alla serata di presentazione del libro su Giorgio La Pira, definito dai fiorentini “il sindaco santo”, intitolato “La povera gente aspetta ancora”, scritto da Cesare Paradiso per le edizioni Sanpino. 

L’appuntamento culturale si terrà domenica 29 ottobre alle ore 17 all’istituto Maria Immacolata (ingresso da via Mignogna 9).

L’autore focalizza la propria attenzione sull’attualità̀ di Giorgio La Pira (1904-1977) a partire dalle sue riflessioni in materia economica e sociale, da quei suoi scritti che provocarono le coscienze, seppero sorprendere i credenti, vollero spingere ogni uomo e tutti gli uomini ad impegnarsi per superare le ingiustizie e le disuguaglianze. Riscoprire oggi La Pira fa bene anche ai figli del nuovo millennio, aiuta a guardarsi allo specchio per chiedersi: «Qual è la nostra vocazione sociale? Quali sono le attese della povera gente oggi?»

Assieme a mons. Fragnelli (che ha curato la prefazione del libro)  interverranno il prof. Vittorio De Marco (docente all’Università del Salento) e il dott. Antonio Morelli (già presidente del Tribunale di Taranto). La serata, alla presenza dell’autore, sarà coordinata dall’avv. Maria Rita Ostillio mentre la lettura di alcuni stralci del libro sarà affidata a Gianfranco Guarino.

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Formazione cristiana

Sabato 28, un pellegrinaggio vocazionale diocesano

27 Ott 2023

“Chiamati per nome” è il titolo del pellegrinaggio vocazionale, aperto alle fasce giovanili delle nostre comunità, che si terrà nel pomeriggio di sabato 28 ottobre al quartiere Paolo VI con arrivo al seminario arcivescovile di Poggio Galeso.

L’iniziativa, che sarà presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero, si svolgerà a cura del centro diocesano per le vocazioni in collaborazione con l’ufficio diocesano per la catechesi e l’Acr diocesana.

Sono invitati a parteciparvi i cresimandi, i ragazzi del post-cresima, i giovanissimi e i ministranti (dai 12 ai 17 anni) delle comunità parrocchiali.

L’accoglienza avrà luogo alle ore 16 in via del Tratturello tarantino (al quartiere Paolo VI, nei pressi di Teleperformance) per partire alle ore 16.30; durante il cammino ci sarà l’ascolto di alcune testimonianze vocazionali.

L’arrivo in seminario è previsto alle ore 17.30 per un momento di preghiera vocazionale guidato dall’arcivescovo.

Gli organizzatori chiedono a ciascun gruppo di realizzare uno striscione sul tema del pellegrinaggio, “Chiamati per nome”, da innalzare durante il cammino.

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