Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 13: “No alle armi, sì alla pace”
“Continuo a seguire con grande preoccupazione la situazione in Israele e Palestina”: lo ha rivelato papa Francesco, al termine dell’udienza generale di mercoledì 13, in aula Paolo VI, nella quale ha concluso il ciclo di catechesi dedicata allo zelo apostolico. “Continuo a rinnovare il mio appello per un immediato cessate il fuoco umanitario”, ha proseguito Francesco durante i saluti ai fedeli di lingua italiana: “Si soffre tanto lì”. “Incoraggio tutte le parti a riprendere i negoziati – l’appello – e chiedo a tutti di assumersi l’urgente impegno di far arrivare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, che è allo stremo e ne ha veramente bisogno. Si liberino tutti gli ostaggi, che avevano visto la speranza di una tregua qualche giorno fa. Che questa grande sofferenza per gli israeliani e i palestinesi finisca! Per favore, no alle armi, sì alla pace”.“Non dimentichiamo di chiedere il dono della pace per le popolazioni che soffrono a causa della guerra, specialmente per la martoriata Ucraina e per Israele e Palestina”, ha concluso Francesco. “Il cristiano deve essere aperto alla Parola di Dio e al servizio degli altri: i cristiani chiusi finiscono male sempre, perché non sono cristiani, sono ideologi”.
È l’esordio dell’ultima catechesi sullo zelo apostolico, che “riguarda ogni cristiano”, ha sottolineato il papa. “Il cristiano deve essere aperto”, ha ripetuto soffermandosi sullo “slancio missionario”, che esorta i credenti ad “andare oltre”. Commentando il brano evangelico della guarigione del sordomuto, Francesco si è soffermato sul rito dell’Effatà, “parola decisiva” di Gesù che in aramaico significa “apriti”. “Gesù è capace di aprire le orecchie e la bocca”, ha commentato il papa, ricordando che “il fenomeno del mutismo e della sordità nella Bibbia è soprattutto metaforico e designa la chiusura ai richiami di Dio”. “C’è una sordità fisica, ma nella Bibbia quello che è sordo alla Parola di Dio è muto, e non parla la Parola di Dio”, l’altro commento. Effatà, ha spiegato Francesco sempre sulla scorta del brano evangelico. “È un invito rivolto non tanto al sordomuto, che non poteva sentirlo, ma proprio ai discepoli di allora e di ogni tempo”. “Anche noi, che abbiamo ricevuto l’effatà dello Spirito nel Battesimo, siamo chiamati ad aprirci”, l’invito del papa: “Sentiamoci tutti chiamati, in quanto battezzati, a testimoniare e annunciare Gesù. E chiediamo la grazia, come Chiesa, di saper attuare una conversione pastorale e missionaria”. “Anche noi interroghiamoci, ognuno di noi faccia questa domanda a se stesso”, l’invito finale: “Amo davvero il Signore, al punto da volerlo annunciare? Voglio diventare suo testimone o mi accontento di essere suo discepolo? Prendo a cuore le persone che incontro, le porto a Gesù nella preghiera? Desidero fare qualcosa perché la gioia del Vangelo, che ha trasformato la mia vita, renda più bella anche la loro? Pensiamo queste domande e andiamo avanti con la nostra testimonianza”.