Diocesi

Mons. Ciro Miniero: «Il Natale è il modo di Dio di provocarci con l’amore»

Il messaggio dell’arcivescovo di Taranto per il Natale del Signore 2023

foto © NuovoDialogo
22 Dic 2023

di † Ciro Miniero

Carissimi,

nel mentre sono piacevolmente colpito della bellezza del Natale tarantino, vorrei che i miei auguri giungessero alla comunità diocesana, a tutti coloro che risiedono in questo bellissimo angolo di Terra jonica.

Ogni anno la Chiesa prepara il memoriale della venuta del Figlio di Dio con il tempo di Avvento. È un’attesa gioiosa perché certa di un arrivo, di un compimento. Immergendosi nel mistero dell’Incarnazione del Verbo, noi ci riferiamo in prima battuta a qualcosa che è già avvenuto. Allora perché prepararci? Perché attendere? Ecco la semplicità della mia costatazione che non sminuisce però la necessità di celebrare il Natale. Il Signore è venuto, è venuta la Luce ma ci sono tante tenebre che non l’hanno accolta (cfr Gv 1,10). Al mistero di amore vi è una chiara opposizione. Il profeta direbbe: le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni (cfr Is 60, 2). Ed è così palese che descrivere qui guerre, emergenze, bisogni e catastrofi, paradossalmente, apparirebbe ridondante e addirittura retorico.  Il cristiano però ha il dovere di vivere e di annunciare il Natale, come evento salvifico che si rivolge innanzitutto alla propria coscienza.

Vivere il Natale è imparare a farsi carico dell’istanza natalizia.

Il popolo d’Israele che attende il Messia indica l’inizio dei tempi nuovi, annunciando che “ci è stato dato un figlio”(Is 9,5).Abbiamo ricevuto un figlio. Quando nasce un bambino è l’inizio di una vita nuova, la vita che continua e che ci riserba soprese d’amore. Un figlio è uno stravolgimento nella vita di una famiglia, tutto ruota intorno a lui e alle sue necessità, le nostre attenzioni sono rivolte a lui.

Desidero spronare la comunità credente a salvaguardare il Natale come segno supremo di contraddizione.

Il Natale è il modo di Dio di provocarci con l’amore. È vero, tutto il mondo si ferma a Natale e tutti cercano parole di pace, di bene, di comunità. Questo è sicuramente bello ma noi abbiamo il categorico dovere, che mentre il mondo si agita per troppe cose (cfr. Lc 10,41), dobbiamo saper indicare a tutti la parte migliore (cfr. Lc 10,42). La parte migliore è Cristo stesso! Mentre a livello planetario si celebra una sorta di empatia con i poveri, gli esclusi, i derelitti, e ovunque si moltiplicano benemerite iniziative di solidarietà, noi abbiamo un annuncio ben preciso e rivoluzionario seppur colmo di speranza.

Il Bambino che giace nella culla, nella paglia, accudito da due giovani sposi poveri e lontani da casa, non è solo simile gli altri bambini poveri ed in pericolo. Quei bambini sono proprio Lui!

La situazione del figlio di Maria e Giuseppe di Nazareth non è solo simile a tante situazioni di disagio che siamo abituati a vedere nei telegiornali e purtroppo anche nella nostra città. È proprio quella situazione.  Il Bimbo di Betlemme non è solo simile al bambino pieno di polvere che viene estratto dalle macerie di un bombardamento mentre i suoi genitori giacciono morti sotto la propria casa. È proprio Lui. Il bambino Gesù non è solo simile a quella bimba che piange disperata in braccio ad un militare nell’hotspot di Lampedusa perché non vede più sua mamma. È Lui quella bambina. Quindi mentre gli altri sentono il fascino del Natale, noi cristiani viviamo e proponiamo il mistero dell’Incarnazione di Dio come evento di unità indissolubile fra Dio e gli uomini. Il cristiano non annuncia un’irricevibile “magia del Natale” ma vive della forza concreta dell’Eterno che si fa piccolo per non essere estraneo alla debolezza carnale di nessuno.

Solo se vivremo la verità del Natale, il mistero dell’Incarnazione, potremo attuare vie di pace e di fratellanza. Gli uomini devono tornare a scuola di umanità da colui che è vero Dio e vero uomo.

Nel mentre quindi contempliamo il presepe siamo chiamati ad entrarci, ad abitarlo, così come il Verbo entra nella nostra umanità e ivi pone la sua tenda. Non spettatori di un carosello romantico ma protagonisti di una conversione che comincia su invito di un Dio che allunga la sua manina di Bimbo verso di noi.

È così che i nostri auguri arriveranno sinceri e credibili a tutti, soprattutto a coloro che soffrono. Penso agli ammalati, ai carcerati, ai poveri, alle persone toccate dal lutto. A tutti dico che il Natale è per voi, perché il Signore viene ad asciugare le vostre lacrime.

Desidero che arrivi l’augurio di bene ad ogni comunità parrocchiale, a tutti i cari presbiteri e agli operatori pastorali di ogni angolo dell’Arcidiocesi.

Auguri alla comunità civile, agli amministratori locali, a tutti coloro che ricoprono ruoli di responsabilità.

Auguri ai fratelli cristiani non cattolici. Così come auguro ai non credenti, a tutti coloro che appartengono ad altre confessioni religiose di trascorrere dei giorni sereni nelle proprie famiglie.

In ultimo vorrei proprio augurare buon Natale a Taranto. In questi mesi sto imparando a conoscerla e ad amarla. La Città come i grandi centri del Mezzogiorno paga lo scotto di tanti problemi, primo fra tutti quello ambientale e occupazionale. Noi non possiamo ignorare la complessità delle problematiche né tantomeno vivere il Natale mettendo tra parentesi tutto ciò che viviamo sulla nostra pelle.

Natale è più che mai il tempo propizio per ribadire la prossimità della Chiesa alle famiglie, vicinanza che si sperimenta nelle proprie comunità parrocchiali.

Sono ad augurare a tutti il vero Natale delle coscienze, nell’incontro con Cristo che nasce per donarsi a noi, così che il cambiamento del cuore di ciascuno renda ancor più bella questa nostra amata terra.

Buon Natale, con la mia paterna benedizione.

 

† Ciro Miniero

arcivescovo metropolita di Taranto

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