Ilva, il governo ha deciso: divorzio da Mittal e avvio di una nuova azienda
Si volta pagina. Questo l’impegno che il governo ha garantito nell’incontro appena conclusosi a Palazzo Chigi con i sindacati. Non ci sono più le condizioni, lo si è chiarito dopo l’incontro di lunedì, per condividere il percorso con Mittal e quindi bisogna cambiare strada. Il governo ha comunicato ai sindacati che sta lavorando, con i tecnici delle due parti, su tre percorsi: il divorzio consensuale per il futuro di Taranto e del polo siderurgico italiano (che non è scontato ma importante perché eliminerebbe i pericoli di un contenzioso per il futuro); la continuità aziendale e produttiva nella forma che sarà stabilita, e dal punto di vista delle risorse il governo si è detto pronto anche senza Mittal e, infine, impiego le risorse che serviranno per il rilancio delle attività. Il governo ha assicurato che sarà una questione di pochi giorni: mercoledì sarà l’ultimo giorno utile per un accordo consensuale, quindi si assumeranno le decisioni conseguenti e giovedì prossimo le comunicherà ai sindacati.
I sindacati, da parte loro, hanno chiesto al governo che qualsiasi sia la forma di gestione che sarà decisa, si parta dal confronto sindacale perché bisogna chiarire il futuro dei lavoratori, degli investimenti, degli impianti e dell’indotto.
“Abbiamo chiesto che il governo garantisca la tutela del futuro degli impianti e dell’azienda evitando sia incidenti di percorso e che decisioni dell’attuale management possano creare danni. Sulla sicurezza del lavoro e gli ammortizzatori sociali è necessaria un’attenzione particolare. Un tavolo specifico sarà insediata al ministero del lavoro con il ministro Calderone. “Siamo di fronte a una situazione ancora difficile ha commentato il segretario generale della Fim Benaglia -, non c’è più il mondo che abbiamo conosciuto ma un mondo nuovo da costruire. Occorrono amministratori capaci e tutele occupazionale. La situazione resta complessa ma indietro non si torna. Il governo non ci ha dettagliato le soluzioni socitarie ma è positivo che non ci sia una fase di stallo. LAvoreremo perché le speranze di oggi diventino una realtà domani”.
Per il governo erano presenti il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, e i ministri delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, del lavoro Marina Calderone, degli affari europei Raffaele Fitto e, in collegamento video, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Per i sindacati erano presenti tra gli altri i leader di Fim, Fiom e Uilm, Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella.
Per il leader della Fiom Michele De Palma serve “la garanzia occupazionale di Taranto e degli altri stabilimenti e la tutela degli impianti, della produzione e la transizione”.
Secondo il segretario della Uilm Rocco Palombella c’è una sola certezza: “Arcelor Mittal, e tutti spero si siano convinti, non c’è più, ha buttato la maschera. Non ha più la fiducia”.
Nell’informativa al Senato, tenuta in mattinata, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso aveva ammesso che sull’ex Ilva “c’è l’urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni. Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al senso di responsabilità”.
“Nulla di quello che era stato programmato e concordato – h aggiunto – è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito all’occupazione e al rilancio industriale. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti. Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”.
La strada davanti all’esecutivo appare ben tracciata. “Intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio. Ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa2. L’impianto secondo Urso “è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni”.