Emergenze ambientali

La cultura locale si mobilita per salvare il fiume Galeso

12 Feb 2024

di Silvano Trevisani

“Il Galeso: un bene negato? Un fiume da salvare”. Questo il tema di una tavola rotonda svoltasi nella sala convegni dell’ex Ospedale vecchio, per iniziativa di varie associazioni. Un vero proprio atto di denunzia delle condizioni di un luogo altamente simbolico della città. La storia, la bellezza dei luoghi, la manomissione ambientale ancora non conclusa, le prospettive future: questi gli argomenti che hanno richiamato un folto pubblico che ha seguito le relazioni del naturalista Vito Crisanti, della storica Mina Chirico e dell’architetto Augusto Ressa, con il coordinamento di Nella Abruzzese, presidente di Italia Nostra – Taranto. Il rischio di nuove manomissioni è rappresentato dal progetto che prevede l’installazione di un impianto fotovoltaico galleggiante nello specchio d’acqua vicino al fiume Galeso. Progetto contro il quale si è espresso, proprio in queste ore, anche il sindaco Melucci, che ha incontrato sull’argomento i rappresentanti dei mitilicoltori, molto preoccupati.

La vicenda del Galeso è paradigmatica dell’intesa storia della città di Taranto, sicuramente campione mondiale di manomissione, che da sempre ha subito gravi rimaneggiamenti, con profonde accelerazioni a partire dall’Unità d’Italia. Ma se vogliamo è anche simbolo della millanteria con cui siamo abituati a vantare le singolarità dei nostri beni che poi non sappiamo mai difendere. Il Galeso, di fatto, è la “sede” di un parco letterario che non è mai decollato, che è ancora segnato da occupazioni abusive che, nonostante il sequestro delle aree e dei manufatti abusivi da parte della Guardia Costiera, non è certo di pubblica fruizione. La Provincia, oltre dieci anni fa, dietro le sollecitazioni popolari, di cui il “Corriere del giorno” si fece interprete, varò un progetto per la realizzazione di un parco, ivi compreso un bioparco. Che però si fermò dopo i primi passi, anche per l’incapacità di risolvere il grave problema dell’occupazione abusiva della foce. Ora il parco letterario si inserisce nel più vasto Parco del Mar Piccolo, che non riguarda solo lo specchio d’acqua ma tutta la costa prospiciente.

L’intervento di Vito Crisanti

Nel suo intervento, Vito Crisanti, dottore forestale, progettista verde e per anni direttore della Palude La Vela, ha presentato una ricognizione della trasformazione delle aree verdi nel territorio, che negli anni hanno portato alla sparizione di molte zone boschive. Poi ha illustrato gli esperimenti di biodiversità che hanno interessato l’area e che dovrebbero essere ulteriormente incentivati nella logica della valorizzazione ambientale. A partire dalla conservazione di specie particolari, come, ad esempio, i cultivar del fico (oltre cento quelli presenti), e poi dell’olivo, della vite e dei frutti antichi, di cui il Tarantino vanta una ricchezza unica, e che è stata valorizzata con 30 specie diverse piantate in sette ettari di terreno.

L’intervento di Mina Chirico

Mina Chirico, già direttrice dell’Archivio di Stato di Taranto, ha illustrato la trasformazione storica dei corsi d’acqua del territorio tarantino, a partire dal Tara. Un fiume le cui acque sono sempre state considerate salutari, se non addirittura prodigiose, ma che è individuato come sede del più grande dissalatore d’Italia, che rappresenterebbe una sciagura. Ha poi parlato del Lepraro, del Cervaro, del Rasca, un fiume ormai sparito perché il suo corso fu deviato e convogliano nel canale d’Aiedda. Ha quindi proposto una interessante storia del Galeso, passato di mano in mano nel corso dei secoli, e della Chiesa di Santa Maria del Galeso, che dal XII al XIV secolo fu gestita dai cistercensi.

L’intervento di Augusto Ressa

Infine, Augusto Ressa ha sottolineato le manomissioni storiche cui la città è stata sottoposta nel corso dei secoli, ultima delle quali la costruzione dell’Ospedale San Cataldo in una zona archeologica e non servita,. Ha poi avanzato alcune proposte: la prima l’acquisto da parte del Comune delle grandi opere del Canonico Ceci (nell’immagine proposta un particolare), che rappresentano un documento storico singolare della Taranto che fu, e in particolare del Mar Piccolo. La seconda riguarda il rifacimento del muro di cinta della Nuova Base navale che, a differenza del muraglione (che ha avuto il merito di salvare la città dall’aggressione del cemento ed è un’opera storica), impedisce per lungo tratto, a in maniera tutto sommato inutile, la vista del verde e del mare nella vasta area gestita dalla Marina. Infine, ha proposto una mobilitazione generale, a partire dagli intellettuali, per sventare la realizzazione dell’enorme parco eolico nella zona prospiciente la foce del Galeso.

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