Settimana della Fede, l’incontro con il prof. Ignazio Punzi
Mercoledì 28 febbraio, per il terzo appuntamento della 52.ma Settimana della fede “Per una Chiesa sinodale”, il tema affrontato è stato ‘Comunione’: ne ha parlato il prof. Ignazio Punzi, psicologo di comunità, montemesolino di origine ma che attualmente opera al Nord.
Il nome del gruppo che egli coordina si chiama L’Aratro della Stella, sorta nel 2013 dal desiderio, di un gruppo di amici e professionisti, di condividere un percorso di ricerca da cui potessero scaturire proposte volte alla promozione dello sviluppo dell’umanità della persona in tutte le sue dimensioni ed in ogni forma della relazione. Il tutto ebbe origine da un’esperienza risalente al 1976 quando alcuni ragazzi (fra cui il relatore) si recarono a Spello, dove c’era una piccola comunità dei fratelli di Charles De Focauld. E lì, il biblista Giuseppe Florio citò un antico proverbio orientale: Se vuoi tracciare diritto il tuo solco attacca l’aratro alla stella. “Attaccare l’aratro ad una stella – ha spiegato – significa attaccare l’aratro ai propri desideri perché all’interno della parola desiderio ci sono le stelle. Ciascuno di noi è abitato da un frammento di infinito che possiamo chiamare desiderio che ci spinge a tirar fuori ciò che abbiamo dentro. Ecco dunque il Sinodo è proprio questo desiderio profondo!”.
Perché camminare insieme? Cosa significa comunione? Qual è il rapporto tra camminare e comunione? “Rispondendo a queste domande – ha continuato – capiamo bene che tutto nasce dall’aspirazione a diventare umani. Tutti noi siamo incompiuti e mancanti. Ma è proprio la consapevolezza della nostra fragilità è del nostro essere mancanti che ci umanizza. Solo nella fragilità scopriamo l’essere figli e la fraternità. Siamo tempo, identità in divenire, non siamo già ma stiamo diventando. Siamo in relazione. Non possiamo darci la vita da noi stessi”.
Il prof. Ignazio Punzi ha spiegato che il paradigma della vita umana è: appello-risposta. “Prima si pensava che la perfezione fosse l’inizio – ha detto – mentre oggi si tende verso la perfezione finale e questo è un cambio di paradigma, è un cambiamento enorme. Essere relazione significa domandarsi: dove sei? dov’è tuo fratello? La vita ogni giorno racchiude queste domande. Se non c’è il noi, le identità personale non sono ben definite. L’altro indica una possibilità nuova, rischiosa. Siamo parola perché la parola dell’altro ci feconda. L’altro, se lo accolgo, mi rivela un frammento di me. Che cosa abbiamo messo nelle nostre periferie esistenziali? Ecco la Bibbia ci indica che quella è l’apertura da cui entrare nel nostro cuore. Il nostro Dio è un Dio viandante che cammina con noi. La nostra è sempre parola seconda non è mai parola prima. È necessario diffondere intorno a noi il nuovo atteggiamento e chiamavamo carità-maternità una nuova forma di amore che costruisce fraternità per contrastare il male e costruire un nuovo modo di vivere la nostra vita insieme agli altri”.
Ecco dunque il motivo per cui é più volte papa Francesco invita a cambiare paradigma, a vivere di più la relazione, l’ospitalità. Quest’ultima ha un nome preciso e si chiama fraternità. “Noi dobbiamo fondare dei luoghi nuovi di fraternità, di accoglienza, di condivisione. Spetta a noi fare tutto questo e tutti si attendono da noi. Siamo testimonianza in questo. Forse nessuno ci crede ma io sì”-, questa è stata la conclusione del relatore, parafrasando un verso della canzone di Laura Pausini.
La serata è stata conclusa infine dall’arcivescovo che ci ha invitato ad esserci ed impegnarci sempre più profondamente all’interno delle nostre comunità per essere testimoni gioiosi di Cristo e da un canto del coro polifonico della parrocchia San Pasquale Baylon di Taranto, diretto da fra Gabriele Graniello.