Sbarchi e (veri) numeri: la realtà dell’immigrazione oltre la propaganda
Per parlare di sbarchi, richiedenti asilo e di ciò che si lasciano alle spalle, occorre partire da una premessa: gli sbarchi non sono l’immigrazione. Sono un fenomeno molto visibile, drammatico e drammatizzato, ma rappresentano solo una modesta percentuale del complesso della popolazione straniera residente in Italia. Tra l’altro, la maggior parte degli sbarcati se possono attraversano le Alpi e vanno a chiedere asilo in altri paesi. Le autorità tedesche non li rimandano neppure più in Italia, neanche quando riescono a capire che sono passati attraverso il nostro paese, perché ritengono inadeguato il nostro sistema di accoglienza.
Di fatto, rifugiati e richiedenti asilo ospitati in Italia erano 350.000 alla fine del 2022, di cui circa il 40% ucraini, quindi beneficiari di un trattamento ben diverso dagli altri. Oggi saranno 400.000 o poco più. Alla fine del 2023, nel sistema di accoglienza erano accolte 140.000 persone. Se si pensa che gli immigrati regolari sono circa 5,3 milioni, a cui si aggiunge un numero di soggiornati irregolari stimato tra i 400 e i 600.000, che sono in maggioranza donne, per quasi la metà europei, per circa tre quinti provenienti da paesi di tradizione culturale cristiana, la distanza tra la bolla comunicativa che identifica l’immigrazione con gli sbarchi e con le persone in cerca di asilo e la realtà del fenomeno migratorio dovrebbe risaltare chiaramente.
Ma veniamo alle persone che sbarcano dal mare. Numeri e provenienze variano parecchio da un anno all’altro.
Ora, nei primi due mesi del 2024 gli arrivi sono calati (4.506 al 29 febbraio) rispetto al corrispondente periodo del 2023, quando erano il triplo (14.428) e anche del 2022 (5.474). Non sappiamo però quali siano le ragioni: se il meteo avverso, se una maggiore attività di controllo da parte delle autorità tunisine e libiche foraggiate da Italia e Unione europea, oppure se abbiano inciso altri fattori che rimandano al funzionamento delle rotte migratorie interne all’Africa e al Medio Oriente.
Quanto alle provenienze, il dato più significativo del 2023 riguarda la crescita degli arrivi dall’Africa Occidentale e dalla regione del Sahel: troviamo infatti al primo posto la Guinea, con 18.204 persone sbarcate, al terzo posto la Costa d’Avorio, con 16.004, subito dopo la Tunisia (17.721). Instabilità e conflitti interni li hanno condotti dapprima in Tunisia, poi quando anche lì il clima è peggiorato hanno attraversato il Mediterraneo. Tra le prime dieci nazionalità compaiono poi Burkina Faso (8.412) e Mali (5.904), due paesi in cui lo Stato islamico ha seminato morte e distruzione, saldandosi con insorti locali e popolazioni emarginate. Colpi di stato militari e l’arrivo dei miliziani russi della Wagner hanno completato un quadro drammatico.
Non va poi dimenticato che continuano a sbarcare anche profughi siriani (9.516), mentre la guerra civile in corso ha incrementato gli arrivi dal Sudan (5.830). Ma anche i paesi poveri e inquieti dell’Asia Sud-Orientale alimentano il fenomeno: Bangladesh (12.169), al quarto posto, Pakistan (7.642) all’ottavo.
Difficile negare che gran parte delle persone che sbarcano dal mare e chiedono asilo abbiano alle spalle contesti molto fragili, profondamente sperequati, attraversati da conflitti di vario tipo e insanguinati da violenze e repressioni.Infatti, mentre la propaganda di parte insiste nel parlare di “immigrati illegali”, o peggio clandestini (ma come potrebbero arrivare altrimenti, se non affidandosi a chi è disposto a trasportarli?), i dati raccontano un’altra storia: nel 2022, il 48,4% delle domande di asilo presentate in Italia sono state accettate in prima istanza dalle commissioni governative, e oltre il 70% di coloro che, avendo ricevuto un diniego in prima istanza, hanno presentato un ricorso in tribunale, l’hanno visto accolto.
Quando vediamo quei volti, dovremmo pensare che più della metà hanno titolo per essere accolti su basi umanitarie, almeno fino a quando le restrizioni al diritto di asilo varate dal governo in carica non ne trasformeranno molti in sbandati, senza dimora, lavoratori in nero nel migliore dei casi.